Con il termine federalismo si intende un gruppo o un corpo di membri
che sono raggruppati (dal
latino: foedus, alleanza) da un capo rappresentativo di governo,
che può essere identificato in un monarca o in Dio (come nella
teologia),
o in un'assemblea generale o parlamentare (come in
politica).
- L'accezione più diffusa del federalismo è quella
politica:
si tratta della dottrina che sostiene un sistema di
governo
in cui il
potere è costituzionalmente diviso tra un'autorità governativa centrale
e delle unità politiche di sottogoverno (province, regioni, ecc.), il cui
insieme è spesso chiamato
federazione. I due livelli di governo sono indipendenti ed hanno
sovranità nelle loro competenze. I sostenitori di tali posizioni sono
generalmente chiamati federalisti.
- In
teologia, il federalismo è sinonimo della Teologia dell'Alleanza.
È un termine comunemente usato in trattati teologici sin dal
XVII
secolo (prima ancora dell'utilizzo politico), a partire dai pensatori
riformati. Il Federalismo descrive la relazione tra
Adamo e gli
uomini nati della carne (ovvero tutto il
genere umano ), allo stesso modo tra Cristo e coloro che sono in
aggiunta nati in Spirito (i.e. all'Umanità rigenerata; vedi
Giovanni
3:1-8 e Romani
8:1-17), quale è molto chiaramente descritto in "Romani 5:12-21. In
Teologia, le due parti (cioè la testa rappresentante e i membri
rappresentati) non condividono la
sovranità.
Il federalismo come teoria politica
Gli scritti di due autori britannici,
Albert Dicey e
James
Bryce, hanno influenzato le prime teorie sul federalismo. Dicey identificò
due condizioni per la formazione di uno stato federale: il primo era
l'esistenza di un gruppo di
nazioni
"così vicine per luogo, storia, razza e capaci di portare, negli occhi dei
loro abitanti, uno spirito di nazionalità comune."; la seconda condizione è il
"desiderio di unità nazionale e la determinazione di mantenere l'indipendenza
di ogni uomo, come di ogni stato separato".
La
suddivisione dei poteri è una caratteristica fondamentale nel federalismo.
In un classico della materia, il professore
K.C. Wheare diede la sua definizione di
governo federale: " Un sistema di governo che incorpora prevalentemente
una divisione dei poteri tra autorità generale (federale) e regionali (o
statali), ognuna delle quali, nella sua propria sfera, è coordinata con le
altre e indipendente da esse". Il risultato della distribuzione dei poteri è
che nessuna autorità può esercitare lo stesso livello di potere che avrebbe in
uno stato unitario.
In un sistema federale la
costituzione è la
norma suprema da cui deriva il
potere dello
stato. Un
potere giudiziario indipendente è necessario per evitare e correggere ogni
atto legislativo che sia incongruente con la costituzione. Perciò, il
federalismo è delimitato dal legalismo. La costituzione deve necessariamente
essere rigida e snella. Le sue prescrizioni devono essere o legalmente
immutabili o capaci di essere cambiate soltanto da qualche autorità che stia
al di sopra e oltre gli ordinari corpi legislativi.
Federalismo e democrazia
La causa del federalismo è portata avanti dalla teoria federalista, la
quale asserisce che il federalismo implichi un sistema costituzionale robusto
che àncori la
democrazia pluralista e che incentiva la partecipazione democratica
tramite una cittadinanza duale in una repubblica composta.
La classica dichiarazione di questa posizione può essere trovata in "The
Federalist", il quale sostiene che il federalismo aiuti a concretizzare il
principio del governo della legge, limitando l'azione arbitraria da parte
dello Stato. Primo, il federalismo può limitare il potere del governo di
violare i diritti, poiché esso crea la possibiltà che se il potere legislativo
desidera ridurre la libertà, non ne avrà il potere costituzionale, mentre il
livello di governo che possiede tale potere non ne avrà il desiderio. Secondo,
i procedimenti di formazione delle decisioni di tipo legalistico che
caratterizzano i sistemi federali limitano la velocità con la quale il governo
può reagire
L'argomento che il federalismo aiuta ad assicurare la democrazia e i
diritti umani è stato influenzato dalla teoria contemporanea della scelta
pubblica; è stato asserito che nelle più piccole unità politiche, gli
individui possono partecipare più direttamente che in un governo monolitico
unitario. Inoltre, gli individui insodisfatti per le condizioni in uno Stato
possono scegliere di andare in un altro. Certamente, questo argomento assume
che una libertà di movimento tra stati sia necessariamente assicurata da uno
stato federale.
La capacità di un sistema federale di proteggere le libertà civili é stata
messa in discussione. Spesso c'è confusione tra i diritti degli individui e
quelli degli stati. In Australia, per esempio, alcuni dei più notevoli
conflitti intergovernativi degli ultimi decenni sono stati il diretto
risultato dell'intervento federale che aveva il fine di assicurare i diritti
delle minoranze e hanno reso necessarie delle limitazioni dei poteri dei
governi degli stati. È anche essenziale evitare confusioni tra i limiti posti
dalla revisione giudiziale, cioè dal potere costituzionale delle corti di
annullare le azioni del parlamento e del governo, e lo stesso federalismo.
Se, da un lato, alcuni stati degli USA hanno deplorevoli retroterra di
negazioni di libertà civili a gruppi razziali, donne e altri ancora, d'altra
parte le leggi e le costituzioni di altri stati americani hanno protetto
queste minoranze per mezzo di diritti legali e protezioni che vanno oltre
quelle presenti nella costituzione statunitense e nella Carta dei Diritti
degli Stati Uniti d'America.
Il federalismo e la Costituzione degli Stati
Uniti
Prima della stesura della Costituzione statunitense, ciascuno stato
americano era essenzialmente uno stato sovrano. La Costituzione Americana creò
un governo nazionale con poteri sufficienti ad unire gli Stati, che però non
sostituì i singoli governi statali. Questa sistemazione federale, per mezzo
della quale il governo centrale nazionale esercita i propri poteri in
determinati campi, mentre altri campi sono appannaggio dei governi statali, è
una delle caratteristiche basilari della Costituzione americana, che gestisce
e coordina i poteri dei due tipi di governo. Un'altra caratteristica è la
separazione delle competenze tra i tre poteri del governo - il legislativo,
l'esecutivo e il giudiziario - e le libertà civili. Gli autori dei "Federalist
Papers" hanno spiegato nei saggi numero 45 e 46 come essi si aspettassero che
i governi degli stati esercitassero funzioni di controllo e bilanciamento sul
governo nazionale al fine di mantenere nel tempo il cosiddetto limited
government, ossia un governo le cui funzioni siano prescritte, definite e
limitate dalle leggi, generalmente per mezzo di una costituzione scritta.
Dal momento che gli stati erano entità politiche preesistenti,
la Costituzione degli Stati Uniti d'America non aveva bisogno di definire
o spiegare il federalismo in alcuna sua parte. Ciò nonostante, essa menziona
numerose volte i diritti e le responsabilità dei governi dei singoli stati e
delle autorità statali in confronto con quelli del governo federale. Il
governo
federale ha dei poteri definiti ed espressi nella Costituzione (detti
anche poteri "enumerati"), che includono il diritto di imporre le tasse,
dichiarare la guerra e regolare commerci interni ed esteri. Inoltre, esso ha
il potere di approvare qualsiasi legge "necessaria ed adeguata" per
l'esecuzione dei propri poteri. I poteri che la Costituzione non concede al
governo federale o che vieta agli stati - i poteri riservati - sono riservati
al popolo o agli stati. I poteri del governo federale sono stati
significativamente espansi dagli emendamenti aggiunti alla Costituzione in
seguito alla Guerra Civile e da altri emendamenti aggiunti in seguito. La
Convenzione di Philadelphia, realizzando la prima costituzione federale della
storia, costruì il modello del meccanismo politico dal quale
Emmanuel Kant si attendeva la pace fra gli stati e la instaurazione
universale del diritto.
Alexander Hamilton, scrivendo con
John Jay e
James Madison, durante la lotta per la ratifica della costituzione
federale, i saggi del Federalist allo scopo di illustrare i suoi vantaggi
rispetto alla formula confederale, sviluppò, senza esserselo proposto, i primi
rudimenti della teoria di questo meccanismo politico, cioè dello stato
federale. Per inquadrare teoricamente il suo pensiero bisogna perciò tener
presente che i saggi del Federalist sono formalmente soltanto degli scritti di
propaganda politica, sia pure elevatissima, e bisogna inoltre, e soprattutto,
risalire al fatto storico dal quale questa propaganda prese le mosse: I'elaborazione
di un testo costituzionale da parte di un'assemblea. È noto che la
costituzione degli Stati Uniti d'America rappresenta il frutto di un
compromesso, e di un compromesso nel senso più stretto della parola, tant'e'
che i punti più importanti della costituzione furono concepiti esclusivamente
come pure e semplici transazioni tra le opinioni divergenti delle parti in
contrasto, e per nulla affatto come le singole parti di un edificio coerente.
Nonostante la loro natura queste transazioni identificarono di fatto gli
ingranaggi fondamentali del meccanismo federale, e fondarono un solido
edificio. E un risultato singolare, ma perfettamente spiegabile. Alla fine
della guerra di indipendenza, dal punto di vista istituzionale, la classe
politica americana era divisa in due correnti, una piuttosto unitaria e
l'altra piuttosto pluralistica. Entrambe avevano un fondamento che non si
poteva eliminare a breve scadenza: I'Unione e gli stati. Il loro contrasto
aveva perciò una via d'uscita solo nel compromesso, e il compromesso si poteva
fare in un modo solo: salvando l'Unione con un governo panamericano veramente
indipendente, ossia attivo sui cittadini e non sugli stati, e salvaguardando
nel contempo, con l'indipendenza degli stati stessi, il pluralismo. La
difficoltà stava nel trovare la formula di un governo centrale che, pur agendo
direttamente sui cittadini degli stati associati, non distruggesse la loro
indipendenza. In conclusione, si giunse ad una federazione perché non si
poteva che giungere ad una federazione.
Col tempo, il governo federale é aumentato in dimensioni ed in influenza,
sia sulla vita di tutti i giorni sia sul governo degli stati. Ci sono diverse
ragioni per questo, compreso il bisogno di regolare affari e industrie che
esorbitano dai confini dei singoli stati, il tentativo di assicurare i diritti
civili e di provvedere ai servizi sociali. Molti ritengono che il governo
federale si sia sviluppato oltre i limiti consentiti dai poteri espliciti. La
Corte Suprema degli Stati Uniti ha talvolta invalidato decisioni federali, per
esempio "La legge sulle zone scolastiche libere dalle armi" (Gun-Free School
Zones Act) nel caso Stati Uniti contro Lopez. Tuttavia, la maggior parte delle
azioni dal governo federale possono trovare un certo supporto legale fra i
suoi poteri specifici, come la clausola di commercio ("Commerce clause").
La dottrina del federalismo dualistico sostiene che il governo federale e i
governi degli stati si trovano sostanzialmente sullo stesso piano politico, ed
entrambi sono sovrani. In base a questa teoria, alcune parti della
costituzione sono interpretate in modo molto restrittivo; tra esse vi sono il
decimo emendamento, la "Supremacy Clause", la "Necessary and Proper Clause" e
la "Commerce Clause". Secondo questa interpretazione il governo federale ha
giurisdizione solo sulle materie in cui la costituzione gliela assegna
esplicitamente. Esisterebbe quindi un ampio ambito di poteri spettanti ai
singoli stati, e il governo federale potrebbe esercitare soltanto i poteri
esplicitamente elencati nella costituzione.
[1]
Federalismo europeo
La nascita del federalismo europeo
Nel 1941 quando il conflitto sembra ancora destinato ad essere vinto dalle
forze dell’Asse, tre illuminate menti del panorama intellettuale italiano
stendono quello che verrà ricordato come il
Manifesto di Ventotene. La gestazione di quest’opera, da parte di
Altiero Spinelli ed
Ernesto Rossi, esiliati sull’isola di Ventotene appunto, durò all’incirca
sei mesi. Furono ispirati da un libro scritto da Junius (pseudonimo usato da
Luigi Einaudi) pubblicato circa vent’anni prima. Il Manifesto di Ventotene,
steso nel 1941 da Spinelli, e Rossi insieme con
Eugenio Colorni e
Ursula Hirschmann, è un fondamentale documento che traccia le linee guida
di quella che sarà la carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea. I tre intellettuali previdero la caduta dei poteri totalitari e
auspicarono che, dopo le esperienze traumatiche della prima metà del
Novecento, i popoli sarebbero riusciti a sfuggire alle subdole manovre delle
élites conservatrici. Secondo loro, lo scopo di queste sarebbe stato quello di
ristabilire l’ordine prebellico. Per contrastare queste forze si sarebbe
dovuta fondare una forza sovranazionale europea, in cui le ricchezze avrebbero
dovuto essere redistribuite e il governo si sarebbe deciso sulla base di
elezioni a suffragio universale. L’ordinamento di questa forza avrebbe dovuto
basarsi su una “terza via” economico-politica, che avrebbe evitato gli errori
di
capitalismo e
comunismo,
e che avrebbe permesso all’ordinamento democratico e all’autodeterminazione
dei popoli di assumere un valore concreto.
I principi ispiratori dell'Unione Europea
Si è affermato l'eguale diritto per tutte le
nazioni di organizzarsi in
stati indipendenti. Ogni popolo, individuato nelle sue caratteristiche
etniche geografiche linguistiche e storiche, doveva trovare nell'organismo
statale, creato per proprio conto secondo la sua particolare concezione della
vita politica,
lo strumento per soddisfare nel modo migliore ai suoi bisogni,
indipendentemente da ogni intervento estraneo. L'ideologia
dell'indipendenza nazionale è stata un potente strumento di progresso ha
eliminato molti degli impedimenti che ostacolavano la circolazione degli
uomini e delle merci; Si è affermato l'uguale diritto per i cittadini alla
formazione della volontà dello Stato. La
libertà di
stampa e di
associazione e la progressiva estensione del
suffragio
ha fatto estendere, dentro il territorio di ciascun nuovo stato, alle
popolazioni più arretrate, le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni
più civili. Essa portava però in sé i germi del
nazionalismo imperialista, che la nostra
generazione ha visto ingigantire fino alla formazione degli Stati
totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali.
Concretizzazione del concetto di federalismo
Dall'idea precisa della pace discende dunque l'idea federalistica della
distribuzione del potere politico, e per ciò stesso l'esigenza di identificare
le condizioni storico-sociali che consentono d'instaurarla e di mantenerla
nell'ambito di una parte del genere umano o di tutto il genere umano. Ormai
non è più vero che la creazione degli
Stati Uniti d'Europa (dell'Europa occidentale-atlantica: solo di questo
realisticamente si parla) significhi creazione di
diritto sovranazionale così come precedentemente inteso; né costituisce in
alcun modo, di per sé, un passo in quella direzione. Gli stati nazionali
europei sono già stati superati in realtà dalla loro riduzione a stati
regionali, con tutti i limiti di impotenza. L'europeismo
prevalente ha oggi un valore eminentemente "difensivo": significa la conquista
per il popolo europeo di un suo stato di dimensione adeguata per sostenere il
confronto internazionale atto a tutelare i propri interessi, ad essere perciò
una potenza
nel mondo
attuale. Europeismo cioè che vuole essere momento di scontro politico fra la
concezione democratica-parlamentare e quella totalitaria, fra chi privilegia i
diritti della persona e chi li sottopone gerarchicamente agli interessi dello
stato, fra chi rivendica la necessità che il
diritto non
sia limitato dalle frontiere e chi difende la barbarie in nome della sovranità
nazionale e del principio di non ingerenza. Il progressivo sfaldamento dei
principi liberali della
democrazia parlamentare e della divisione dei poteri a cui si assiste,
seppur in misura diversa, in tutti i paesi europei in nome delle urgenze
determinate di volta in volta dalla crisi economica, dal deficit delle finanze
pubbliche o dal
terrorismo russo, irlandese o basco, rappresentano i sintomi più evidenti
della incapacità delle istituzioni statali nazionali di far fronte alla nuova
dimensione dei problemi. La riduzione progressiva dei poteri parlamentari che
viene registrata in Italia come in
Francia o
nel Belgio,
il trasferimento sempre più massiccio dei poteri legislativi all'esecutivo
attraverso l'abuso del potere di decretazione o dei "pouvoirs spèciaux", sia
quando si realizza attraverso modifiche costituzionali o regolamentari, sia
quando viene imposto forzando la legge, testimoniano almeno in parte
l'impotenza delle istituzioni statali nazionali a far fronte alla dimensione
sovranazionale dei problemi emergenti, da quelli economici a quelli
determinati dalla
criminalità o dal
terrorismo, e alle influenze dello sviluppo tecnologico sui processi
decisionali. Le istituzioni comunitarie sono del resto paralizzate
dall'incapacità di concepire un unico "governo"
europeo perlomeno nelle materie di competenza comunitaria. Gli "egoismi
nazionali" e gli interessi dei grossi centri di potere economico e politico lo
impediscono sistematicamente. Del resto questa ipotetica
autorità
sovranazionale non potrà mai essere legittimata democraticamente finché
non potrà ricevere la fiducia da un
Parlamento Europeo, quale unica espressione della sovranità popolare
europea, dotato degli effettivi poteri d'indirizzo, controllo e legislativi.D'altronde
il
Parlamento europeo non potrà mai conquistare la capacità d'imporre il
processo d'integrazione
politica europea finché sarà composto da partiti privi di una vocazione
europeista e soprattutto incapaci di rappresentare gli interessi dei gruppi
sociali ed economici che si vanno riconoscendo o si possono riconoscere
nell'Europa politica. La crisi delle istituzioni comunitarie è quindi
innanzitutto crisi e insufficienza di quel
diritto comunitario rimasto incompiuto nei Trattati nonostante i tentativi
evolutivi sanciti dalle sentenze della
Corte di Lussemburgo. A questo "deficit democratico" tentò di porre
rimedio il Parlamento europeo con il progetto di Trattato dell'Unione portato
a termine nella precedente legislatura sotto la guida di
Altiero Spinelli.
Partiti politici e movimenti di matrice
federalista
Dopo la seconda guerra mondiale nacquero vari movimenti, come l'Unione
dei Federalisti Europei o il
Movimento Federalista Europeo[2],
fondato nel 1943, che sostenevano la creazione di una
federazione europea. Queste organizzazioni ebbero una certa influenza,
anche se non decisiva, sul processo di unificazione europea. L'Europa
di oggi è ancora lontana dall'essere una federazione, nonostante l'Unione
Europea possieda alcune caratteristiche federali. I federalisti europei hanno
sostenuto l'elezione diretta di un
Parlamento Europeo e furono tra i primi a porre all'ordine del giorno la
stesura di una
costituzione europea. I loro oppositori sono coloro che sostengono un
ruolo più modesto per l'Unione e coloro che vorrebbero che l'Unione fosse
diretta dai governi nazionali piuttosto che da un governo europeo elettivo.
Anche se il federalismo era citato nelle bozze del
trattato di Maastricht e del
trattato istitutivo della costituzione europea, non fu mai accettato dai
rappresentanti degli stati membri. I paesi che favoriscono un'Unione più
federale sono di solito
Germania,
Belgio e
Italia.
Quelli che tradizionalmente si oppongono a questa idea sono
Gran Bretagna e
Francia. Il
tentativo di creare una
Comunità Europea di Difesa fu in pratica l'ultimo tentativo di creare un'Europa
federale.
Federalismo italiano
In seguito al mancato completamento del disegno politico risorgimentale che
ideava un'Italia federale (dal motto unità nella diversità), l'Italia
cominciò a evolvere in senso centralistico, il cui apice si ebbe durante il
regime fascista, durante il quale furono soppresse le autonomie locali (comuni
e province ebbero vertici di nomina governativa). Dopo la Liberazione la nuova
Costituzione repubblicana ridiede dignità alle autonomie locali e istituì le
Regioni quali enti autonomi con poteri legislativi (anche se videro la luce
solamente nel 1970). Successivamente tornarono a farsi strada, nel mondo
politico e accademico, proposte di riarticolazione in senso federale della
Repubblica (dal comunista
Bruno Trentin, dal costituzionalista
Gianfranco Miglio) portate avanti dal partito politico della
Lega Nord.
Federalismo fiscale
Federalismo teologico
Voci correlate
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