Il lodo Maccanico (o lodo Schifani) è una
proposta di legge avanzata nel contesto dell'ordinamento italiano. La
legge (n° 140/03) riguardava la non procedibilità e la sospensione dei
processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato.
L'art. 1 prevedeva che "Non possono essere sottoposti a processi penali,
per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della
carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente
della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei
Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte
Costituzionale".
[1]
Proposta dal senatore della Margherita
Antonio Maccanico, venne da questi sconfessata quando la proposta di legge
venne modificata da un maxi-emendamento a firma
Schifani. La proposta di legge fu così ribattezzata "lodo Schifani" e
successivamente "lodo Berlusconi". Approvata il 20 giugno 2003, sospese di
fatto il
processo SME per il presidente del Consiglio
Berlusconi finché egli avesse mantenuto l’alta carica.
All'approvazione della legge seguirono intense polemiche politiche in
quanto fu considerata una
legge ad personam con l'unico scopo di sollevare
Silvio Berlusconi (all'epoca Presidente del Consiglio) dalle proprie
pendenze penali.
La legge venne poi dichiarata incostituzionale dalla
Corte Costituzionale il 13 gennaio 2004. I giudici ritennero non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del "Lodo
Schifani" in quanto in contrasto con gli articoli 3 e 24 della
Costituzione. In particolare i giudici misero in evidenza che la legge è
in contrasto con il principio di uguaglianza e viola l’obbligatorietà
dell’azione penale.[2]
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, il referendum
abrogativo della legge 140/2003, per il quale erano state raccolte e
convalidate le firme necessarie, non ebbe luogo.
Terminologia
La scelta del termine "lodo", da parte di Antonio Maccanico, dipese
dall'impostazione che in origine egli volle dare alla sua proposta, presentata
come un tentativo "bipartisan" di evitare che nel semestre di presidenza
italiana del Consiglio europeo potesse essere lesa l'immagine internazionale
dell'Italia con la condanna del suo premier in un processo. Ecco perché
componente essenziale del "lodo" era la negoziazione tra destra e sinistra e
l'apposizione di un termine semestrale alla durata della previsione
legislativa.
Poiché però la proposta fu fatta propria della maggioranza di governo del
2003 senza questo elemento dirimente (il termine), la parola "lodo" (scelta
per evocare le procedure di conciliazione arbitrale, condotte da onesti
sensali come si presentava il Maccanico) perse il suo significato profondo.
Eppure essa rimase nella vulgata giornalistica, anche quando la proposta fu
duramente contestata dalle opposizioni nel Parlamento e nel Paese: lo stesso
carattere che essa assunse col "lodo Schifani" - approvarla senza termine e
confidare che, se la Corte l'avesse caducata come poi fece, ciò avvenisse dopo
il semestre europeo - la qualificò come una scelta di corto respiro.
Il lodo Alfano
Nel giugno 2008 il
Governo Berlusconi IV ha espresso la volontà di riproporre un nuovo
disegno di legge sulle immunità alle alte cariche (stavolta solo quattro, cioè
senza il Presidente della Corte costituzionale): è stato denominato lodo
Alfano dal nome del proponente, il
ministro della Giustizia).
Il testo reca talune modifiche rispetto al testo precedente caduto, come
detto, al vaglio della
Corte Costituzionale, prime fra tutte il termine di legislatura per la
sospensione dei processi e poi la possibilità di proseguire con le azioni
civili di risarcimento. Eppure le proteste sono ricominciate, anche se,
rispetto alla situazione del 2003 (con processi importanti e delicati, tutti
'medio tempore' conclusisi con pronunce non sfavorevoli all'imputato), la
posizione processuale del premier era assai più leggera (pendendo nei suoi
confronti solo un processo a Milano sulla corruzione in atti giudiziari
dell'avvocato inglese
Mills ed un'indagine a Napoli su possibili tentativi illeciti di
convincere senatori della XV legislatura a cambiare bandiera).
L'opposizione del PD
ha fatto risaltare soprattutto, nella sua critica al testo, l'alterazione
dell'equilibrio tra principio di sovranità popolare (articolo 1 Cost., che fa
presumere che l'eletto dal popolo abbia il diritto di governare senza essere
distratto da iniziative attuate da altri poteri come la magistratura, quando
queste siano però obiettivamente pretestuose) e principio di eguaglianza
dinanzi alla legge (articolo 3 Cost., che pretende che nel rendere conto alla
giustizia tutti i cittadini versino nelle medesime condizioni difensive, senza
vantaggi aggiuntivi derivanti dal prestigio della carica rivestita
dall'imputato)[3].
Differente l'opposizione dell'Idv
che ha battuto soprattutto sul privilegio creato per il premier sotto
inchiesta ed ha innalzato i toni. Sottolinea l'Idv che ad un ipotetico arresto
in flagranza di un premier colto sul fatto in crimini - fossero anche di
sangue - non potrebbe, mercè il lodo, fare seguito alcun procedimento penale
per cinque anni[4].
Il provvedimento è stato approvato dalle Camere in virtù della votazione
confome del Senato tenutasi in seconda lettura martedi 22 luglio con 171 sì,
128 no e 6 astenuti, diventando legge con la promulgazione del Capo dello
Stato.
Note
- ^
Legge 20 giugno 2003, n. 140 - Disposizioni per l'attuazione
dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei
confronti delle alte cariche dello Stato su www.camera.it.
- ^
La motivazione della sentenza della corte costituzionale che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del "Lodo Schifani" su
www.legge-e-giustizia.it.
- ^ Intervento del
senatore Ceccanti al Senato, resoconto stenografico dell'Assemblea del 21
luglio 2008.
- ^ Intervento del
deputato Di Pietro alla Camera, resoconto stenografico dell'Assemblea del 17
luglio 2008.
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