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Sviluppo sostenibile (da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

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Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo (che comprende lo sviluppo economico, delle città, delle comunità eccetera) che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali (che sono esauribili, mentre le risorse sono considerabili come inesauribili). L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale.

Prima definizione del concetto

La prima definizione in ordine temporale è stata quella contenuta nel rapporto Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harlem Brundtland) del 1987 e poi ripresa dalla Conferenza mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World Commission on Environment and Development, WCED)

  « lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni »
   

Schema dello sviluppo sostenibile, alla confluenza di tre preoccupazioni.

Sebbene questa dichiarazione sintetizzi, in maniera molto semplificata, alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo economico, equità sociale, rispetto dell'ambiente, non può essere operabile.
È la cosiddetta regola dell' equilibrio delle tre "E": ecologia, equità, economia.
Tale definizione parte da una visione antropocentrica, infatti al centro della questione non è tanto l'ecosistema, e quindi la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane. Ecco perché la sola definizione che può essere operazionabile è quella che dice cosi: un processo socio-ecologico caratterizzato per un comportamento alla ricerca di ideali.

 

Evoluzioni del concetto

Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, in cui è inclusa invece una visione più globale, è stata fornita, nel 1991, dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che lo identifica come

  « ...un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende »
   

Nello stesso anno Hermann Daly ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali concernenti l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo:

  • il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione;
  • l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la capacità di carico dell'ambiente stesso;
  • lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.

In tale definizione, viene introdotto anche un concetto di "equilibrio" auspicabile tra uomo ed ecosistema.

Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile: “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”. Ciò significa che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente correlate, ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. L'ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono.

Nel 2001, l'UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che "la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la natura (...) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E.

Il rapporto Brundtland ha ispirato alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali.

Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell'ambiente naturale.

In particolare, il nuovo concetto di sviluppo sostenibile proposto dall'UNESCO ha contribuito a generare approcci multidisciplinari sia nelle iniziative politiche che nella ricerca. Un esempio molto recente è la rete di eccellenza Sviluppo sostenibile in un mondo diverso SUS.DIV, finanziata dall'Unione Europea e coordinata dalla Fondazione Eni Enrico Mattei o pure quest'altro: Sistemi Sostenibili Internazionali [1].

 

Critiche

Il concetto di Sviluppo sostenibile è aspramente criticato da Serge Latouche, Maurizio Pallante e dai movimenti facenti capo alla teoria della Decrescita. Essi ritengono impossibile pensare uno sviluppo economico basato sui continui incrementi di produzione di merci che sia anche in sintonia con la preservazione dell'ambiente. In particolare, ammoniscono i comportamenti delle società occidentali che, seguendo l'ottica dello sviluppo sostenibile, si trovano ora di fronte al paradossale problema di dover consumare più del necessario pur di non scalfire la crescita dell'economia di mercato, con conseguenti numerosi problemi ambientali: sovrasfruttamento delle risorse naturali, aumento dei rifiuti, mercificazione dei beni. Il tutto, a loro modo di vedere, non è quindi compatibile con la sostenibilità ambientale: ritengono lo sviluppo sostenibile una teoria superata, in ogni caso non più applicabile alle moderne economie mondiali.

 

Il protocollo di Kyōto

È stato creato e ratificato nel 1997 un accordo internazionale noto come protocollo di Kyōto, con il quale 169 nazioni del mondo si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra per rimediare ai cambiamenti climatici in atto. Grandi assenti furono gli Stati Uniti, i primi produttori di gas serra nel mondo. Per raggiungere questi obiettivi ora si lavora su due vie:

 

ISO 26000: Responsabilità sociale e sviluppo sostenibile

E' ormai prossima (novembre 2009) la pubblicazione della norma ISO 26000 "Guida sulla responsabilità sociale" che intende fornire una guida mirata a responsabilizzare tutti i tipi di organizzazioni sull'impatto delle loro attività sulla società e sull'ambiente, affinché tali attività siano condotte in una modalità che, in accordo con le leggi applicabili, sia basata su un comportamento etico e sia consistente con gli interessi della società e di uno sviluppo sostenibile.

 

ISO 9004: Qualità verso la sostenibilità

L'evoluzione dei modelli organizzativi stanno recependo con forte attenzione il tema dello sviluppo sostenibile.

La nuova revisione della norma ISO 9004, da decenni di riferimento internazionale per i Sistemi di gestione per la qualità in ambito aziendale e non, da "Linea guida per il miglioramento delle prestazioni" (nella revisione 2000) sarà intitolata "Managing for sustainability" (nella revisione prevista per gennaio 2009) proprio con l'intenzione di fornire alle organizzazioni una linea guida per conseguire un successo sostenibile.

Nella stessa norma vien proposta la definizione di "sostenibile" come "capacità di un'organizzazione o di un'attività di mantenere e sviluppare le proprie prestazioni nel lungo periodo" attraverso un bilanciamento degli interessi economico-finanziari con quelli ambientali.

 

Manutenzione: una speranza per il futuro del mondo

La manutenzione può rappresentare una speranza per il futuro del mondo, stimolando i cittadini a conservare, a ridurre lo spreco, ad agire in sicurezza, a condurre un’esistenza sostenibile che renda vivibili le nostre città ed efficienti quanto virtuose le nostre fabbriche, nel rispetto dell’ambiente e della vita umana.

Nel rapporto di Donella Meadows per il Club di Roma ("I Limiti dello sviluppo"), circa quaranta anni fa, si osservò che “la cultura del mantenimento è l’unica alternativa allo sviluppo incontrollato delle attività produttive che porterà al disastro l’umanità”.

 

Lo sviluppo sostenibile secondo la legge italiana

Il Concetto di sviluppo sostenibile in Italia, alla luce del Dlgs n. 152 del 03/04/2006 con le modifiche apportate dal Dlgs n. 4 del 16/01/2008, è così definito:

Art. 3-quater (Principio dello sviluppo sostenibile)
  1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire all'uomo che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.
  2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.
  3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.
  4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.

 

Bibliografia

  • Godet Michel,Creating Futures Scenario Planning as a Strategic Management Tool, Economica, 2004
  • Daclon Corrado Maria, Mediterraneo, ambiente e sviluppo, Maggioli, Rimini, 1993
  • de Jouvenel Bertrand, The Art of Conjecture, New York, Basic Books, 1967
  • Lindgren, Mats and Bandhold, Hans, Scenario Planning-the link between future and strategy, Palgrave Macmillan, Hampshire and New York 2003
  • Lindgren, Mats et. al., The MeWe Generation, Bookhouse Publishing, Stockholm, 2005
  • Retzbach, Roman, Future-Dictionary - Encyclopedia of the future, New York, 2005
  • Saltini Antonio, Terra, acqua, energia in un rapporto sullo stato del Pianeta, in Genio rurale, XLIX n.4, aprile 1986
  • Saltini Antonio, Politica del territorio in Emilia Romagna. La chimera dello sviluppo “sostenibile”, in Spazio rurale, n. 8-9, ago-sett 2006
  • Saltini Antonio, Due rivali contendono il Pianeta: l'uomo e l'automobile. Gli esiti del match non sono prevedibili, in Spazio rurale, LII, n. 5, maggio 2007
  • Slaughter, Richard A., The Knowledge Base of Futures Studies Professional Edition CDROM, Foresight International, Indooroopilly 2005
  • Woodgate, Derek with Pethrick, Wayne R., Future Frequencies, Fringecore, Austin, Texas 2004
  • Piero Angela, La sfida del secolo, Mondadori, 2006
  • Wolfgang Sachs, "Dizionario dello Sviluppo" ( edizione italiana a cura di Alberto Tarozzi, traduzione di Marco Giovagnoli), Torino, Gruppo Abele 1998
  • Gilbert Rist "Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale" Bollati Boringhieri, Torino, 1997
  • DLgs n°152 del 03/04/2006
  • Dlgs n° 4 del 16/01/2008

 

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