È un momento caldo per l’acqua minerale. Mentre proseguono le inchieste della
magistratura che coinvolgono alcune note marche, il ministero della Salute si
appresta a sospendere le autorizzazioni di 86 aziende imbottigliatrici, perché
le analisi non sono conformi con quanto previsto da un decreto del 2001.
È una lunga storia quella delle acque minerali italiane raccontata nel libro di
Giuseppe Altamore Qualcuno vuol darcela a bere: un'inchiesta che racconta come
una potentissima lobby ha potuto condizionare le scelte politiche di vari
governi fino ad ottenere una legislazione molto attenta alle esigenze
commerciali dei produttori di acque minerali ma poco rispettosa della salute dei
consumatori. Con un paradosso incredibile: esaminando attentamente il testo
della legge si scopre che l’acqua di rubinetto può essere più sicura della
minerale. Esistono infatti controlli e limiti più severi relativi alla presenza
di sostanze tossiche nell’acqua potabile. L’arsenico, per esempio, non può
superare la concentrazione di 10 microgrammi per litro, mentre chi beve acqua
minerale può ritrovarsi nel bicchiere una dose fino a 5 volte superiore. Un
limite addirittura più generoso di quello previsto per le acque reflue, che non
possono superare i 20 microgrammi per litro.
ll libro spiega quali interessi hanno spinto l’industria dell’acqua minerale a
usare ogni mezzo per condizionare le scelte del Parlamento, fino a bloccare
almeno due tentativi di riforma della normativa che regola il settore. Si
racconta come un perito chimico italiano sia riuscito a far avviare una
procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea nei confronti dell’Italia
per il mancato rispetto delle direttive europee in materia di tutela della
salute dei consumatori e come ancora una volta l’abbiano spuntata le
multinazionali dell’acqua, che sono riuscite ad aggirare le raccomandazioni
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e perfino le severe norme del Codex
alimentarius che regolano il commercio internazionale. Ma che cosa hanno da
nascondere i produttori di acqua minerale? Che cosa rischiano i consumatori,
ignari di ciò che si nasconde dentro la bottiglia? Intanto, ben due procure
della Repubblica (Torino e Bari) stanno indagando sull’affaire della minerale:
sono già stati operati alcuni sequestri e il ministero della Salute il 20 giugno
scorso ha sospeso con un decreto l’autorizzazione per la Fiuggi di imbottigliare
l'acqua della Fonte Bonifacio VIII. Il libro dedica un ampio capitolo ai rischi
per la salute dei consumatori, legati soprattutto al cloro utilizzato per
disinfettare l’acqua potabile.
L’autore devolve il ricavato di questo libro alle suore missionarie saveriane
impegnate nel “progetto pozzi” nella zona del Camerun-Ciad. In quest'area la
mancanza d’acqua e le gravi carenze igieniche rendono vitale la costruzione e la
protezione dei pozzi. Spesso, infatti, per l’assenza di risorse idriche pulite,
la gente attinge direttamente dagli acquitrini che si formano nella stagione
delle piogge e che sono una fonte di malattie. La realizzazione del pozzo è
preceduta da diversi incontri di animazione presso il villaggio, dove la gente
viene coinvolta nel progetto anche con un apporto economico in base al numero
degli abitanti e dei capi di bestiame. Il contributo dovrebbe essere di 100
euro, ma difficilmente si arriva a raccogliere tale soma. E quando i villaggi
sono lontani dal fiume, la costruzione di pozzi più profondi richiede risorse
economiche più sostenute.
L'autore: Giuseppe Altamore (1956), laureato in sociologia, giornalista, vive e
lavora a Milano. Come vicecaporedattore di “Famiglia Cristiana” si occupa
prevalentemente di economia, di consumi e di sicurezza alimentare con diverse
inchieste dedicate all’affaire delle acque minerali. È autore di tre libri:
Europa, istruzioni per l’uso (Oscar Mondadori, 1992); Tutte le parole
dell’economia (Oscar Mondadori, 1994); Personal budget (Sole24 Ore, 2001).
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