E' arrivato a 53mila il dato ufficiale sui bambini
cinesi intossicati dal latte in polvere contaminato dalla melamina,
una sostanza nociva che si usa generalmente per la produzione di plastiche e
vernici. L'80% dei bambini che hanno accusato malori e hanno avuto bisogno
di cure ha meno di 2 anni. Fin'ora sono quattro i decessi legati a questo
scandalo.
La Commissione europea ha attivato l'Agenzia europea per la
sicurezza alimentare (Efsa) che, in questa settimana, renderà noto
il risultato del suo parere scientifico. La Cia-Confederazione italiana
agricoltura ha espresso soddisfazione verso la rete di controlli attivata a
livello europeo ed ha invitato a non abbassare la guardia in tema di
sicurezza alimentare. Ricordando che in Italia non sussiste alcun pericolo,
in quanto non importiamo latte e suoi derivati dalla Cina, la Cia ha chiesto
rigidità alle frontiere europee, intensificando, anche in Italia, "i
controlli per contrastare qualsiasi importazione clandestina di prodotti
nocivi".
E' importante, secondo la Cia, l'indicazione d'origine in
etichetta, in modo da tutelare consumatori e produttori. "In più
occasioni - ricorda l'organizzazione - la Cia aveva sollecitato l'Ue a
stringere i controlli per evitare che sulle nostre tavole arrivino prodotti
alimentari pericolosi. La posizione dell'Ue risponde all'esigenza
sollevata".
Intanto domani alle ore 12,30 presso la sede del Ministero della
Salute a Roma, il Sottosegretario alla salute On. Francesca Martini
ha convocato un vertice con il Dott. Silvio Borrello, Direttore generale
della sicurezza degli alimenti e nutrizione del Ministero, e il Comandante
del Nas Gen. Saverio Cotticelli, per definire una strategia comune volta a
potenziare i controlli transfrontalieri. Il Ministero vigilerà sui rischi di
introduzione nel nostro Paese di prodotti vietati e si impegna a ridurre a
zero le possibilità di problemi per la salute pubblica.
23/09/2008 Latte alla melamina, l’azienda sapeva dal 2007 (http://www.lanuovaecologia.it)<
La Sanlu, protagonista dello scandalo del latte in polvere
contaminato, ha ricevuto i primi reclami nel dicembre 2007. Solo il 2
agosto è arrivata la comunicazione alla autorità locali. La catena della
mancata informazione
Giappone e Indonesia chiudono le frontiere
La principale azienda casearia coinvolta in Cina nello scandalo del latte in
polvere contaminato alla melamina, la Sanlu, ha nascosto la verità per mesi.
Lo ha riferito l'agenzia Nuova Cina, citando gli inquirenti. Il gigante Sanlu,
dal quale è partito lo scandalo, aveva cominciato a ricevere reclami sugli
effetti del suo latte in polvere per neonati nel dicembre del 2007.
Tuttavia, l'azienda non ha fatto alcun test fino al giugno 2008, data alla
quale ha saputo che la melamina era stata aggiunta al latte, e non ha
informato le autorità locali che il 2 agosto. L'incuria del gruppo di
Shijiazhuang, nella regione dell'Hebei, è stata favorita da quella
dell'amministrazione locale. I responsabili locali, informati ad agosto, non
hanno trasmesso immediatamente l'informazione alle autorità centrali
superiori, aspettando più di un mese, fino al 9 settembre.
Lo scandalo è scoppiato pubblicamente l'11 settembre. Il latte contaminato
ha provocato la morte di quattro neonati per insufficienza renale e ha fatto
ammalare 53.000 bimbi. Di questi, 13.000 sono ricoverati, 104 in condizioni
gravi. Il presidente della Sanlu, Tian Wenhua, è stato licenziato la
settimana scorsa e arrestato, così come un certo numero di responsabili
politici locali, come il segretario cittadino di Shijiazhuang del Partito
comunista, Wu Xianguo. Ieri si è dimesso il direttore dell'Amministrazione
cinese per il controllo di qualità, Li Changjiang.
25/09/2008 La vergogna del latte "made in china" (Saverio Monno, http://altrenotizie.org)
Latte
alla melammina. L’allarme risale allo scorso 2
agosto, quando sul tavolo del primo cittadino di
Shijiazhuang, capoluogo della provincia dell’Hebei,
nel nord-est della Cina, compare un rapporto “poco
rassicurante” su presunte alterazioni riscontrate in
diversi prodotti destinati ai più piccoli. Gli esami
tossicologici accertano, nei diversi campioni di
latte analizzati, la presenza di melamina, sostanza
altamente nociva, comunemente utilizzata per la
produzione di plastiche, adesivi e vernici. A sei
giorni dalla partenza delle olimpiadi di Pechino
però, le autorità locali non se la sentono di
guastare il crescente clima di festa che circonda la
manifestazione. La macchina organizzativa deve
andare avanti, la vetrina olimpica è
sufficientemente compromessa. Il terremoto nel
Sichuan, le proteste in Tibet e gli attentati nello
Xinjiang sono delle belle gatte da pelare. Le
massime autorità dello stato premono perché tutto lo
“straordinario” sia rimandato all’indomani del
grande evento sportivo. L’obiettivo è rilanciare
l’immagine della Cina nel mondo, qualche strappo
alle regole è d’obbligo.
Non una parola, dunque, non saranno certo queste
“piccole complicazioni” a rovinare la sceneggiatura
della potenza asiatica. Bisogna attendere che i
riflettori olimpici siano un ricordo prima che
scoppi il caso. Così è stato. L’amministratore di
Shijiazhuang, Ji Chuntang, tace e la vicenda resta
sigillata in un cassetto per almeno un mese. È solo
a telecamere spente che la Cina può svelare i
dettagli di un dramma che è costato la vita a
quattro bambini e costretto al ricovero ospedaliero
altri 54 mila innocenti. Il caso, che sembrava
destinato a dover restare sulla bocca dei bambini,
fa il giro del mondo. Si deve a Jian Guangzhou, un
reporter di Shanghai, la prima accusa ufficiale nei
confronti della Sanlu, impresa controllata al 43%
dai neozelandesi di Fonterra. Se questi ultimi hanno
subito preso le distanze, gridando al sabotaggio,
peggior sorte è toccata all’azienda dell’Hebei,
pienamente travolta dallo scandalo. Sono sequestrate
circa 10 tonnellate di latte contaminato. Inutili le
scuse a “capo chino” del vicepresidente del gruppo,
Zhang Zhenlin, finiscono in carcere almeno in venti,
tra manager ed amministratori di ogni tipo.
Ma da Shangai alla Mongolia interna, passando per il
Guangdong, nell’occhio del ciclone, oltre a Sanlu,
finiscono altre 21 case produttrici. Tra le tante,
figurano persino alcuni sponsor olimpici (Yili,
Mengniu e Shanghai Bright Diary), che avrebbero
dovuto - ma misteriosamente non lo han fatto -
fornire il latte al villaggio degli atleti. Nel
frattempo la faccenda si estende a macchia d’olio.
Agli arresti nel mondo delle imprese seguono
capitolazioni illustri anche in politica. Cade Ji
Chuntang. Il “fedele” funzionario dell’Hebei, non
resiste agli attacchi del Dongguan Times e finisce
in manette. L’accusa? “Sapeva e aveva taciuto”. A
Pechino si vorrebbe chiuderla qui, il signor Ji è un
ottimo capro espiatorio. Il bersaglio ideale in un
gioco a scaricabarile. Ma il sacrificio del
dirigente locale non toglie le castagne dal fuoco ed
il terremoto finisce per coinvolgere anche i pesci
grossi della capitale. La prima vera “vittima”
illustre é Li Changjiang, capo dell’Authority che
vigila sulla qualità del cibo e sulla regolarità
delle ispezioni.
La rimozione del “mandarino” - a riprova del fatto
che il muro d’omertà, che avvolgeva l’intera
faccenda, andava ben oltre quella piccola cittadina
dell’Hebei, a 300 chilometri dalla capitale - ha
messo nuovamente in moto il presidente Wen Jiabao,
ormai avvezzo a tappare, almeno mediaticamente, le
falle di un paese da tempo aperto ai vizi del
peggior sistema capitalistico occidentale. In visita
presso alcuni ospedali, il leader della Repubblica
cd. “Popolare”, in continuità con dichiarazioni già
rilasciate all’indomani di altre sciagure, avrebbe
tuonato: “mai più simili scandali”.
Ma le dichiarazioni del presidente sono tardive,
almeno quanto la rappresaglia del suo governo verso
i fantocci locali. La minaccia del latte alla
melammina si è subito estesa ai numerosi paesi
importatori del prodotto cinese. In Giappone come a
Taiwan, ed in diversi paesi africani, le misure di
prevenzione disposte dalle autorità locali sono già
operative e, nonostante lo stop alle importazioni
risalga a diversi giorni fa, aziende leader del
settore, come la Marudai Foods di Osaka, produttrice
del rinomato snack “Cream Panda”, hanno annunciato,
a scopo precauzionale, il ritiro immediato dal
mercato di diversi prodotti.
La bufera asiatica non risparmia neanche Nestlè.
“Minacciata” dalle cautele dell’ex colonia
britannica di Hong Kong, la potente multinazionale
svizzera, che giura sull’assoluta genuinità dei suoi
articoli, non ha potuto – almeno per il momento –
opporsi al ritiro di alcuni prodotti “a rischio”. A
seguito di alcune analisi su di un particolare latte
usato nel catering infatti, il centro per la
sicurezza alimentare di Hong Kong ha ritenuto
opportuno allertare i consumatori. “Dato il basso
livello di tossicità di questi prodotti -ha riferito
un portavoce del centro- il normale consumo non
dovrebbe costituire pericolo per la salute, tuttavia
è sconsigliabile somministrare questo prodotto a
bambini piccoli”.
Sul versante occidentale, l’Italia è al sicuro. È
dal 2002 che l’UE ha vietato le importazioni di
latte e derivati dalla Cina, ciononostante si
profilano tempi molto duri per i prodotti asiatici.
“Abbiamo deciso di allargare le misure dei controlli
ad altri prodotti importati”. Così Francesca
Martini, sottosegretario alla Salute, al termine di
un vertice avuto al ministero con il direttore
generale della sicurezza degli alimenti e nutrizione
dello stesso dicastero, Silvio Borrello, ed il
comandante del Nas Saverio Cotticelli. Tra i
prodotti citati dal sottosegretario “integratori
alimentari, bevande di cereali, amminoacidi vari,
salse, biscotti dolci, caramelle, latte di cocco e
preparati per minestre. Da oggi -ha proseguito la
Martini - nel nostro paese si introduce una nuova
certificazione per cui gli importatori dovranno
garantire che questi prodotti siano privi di latte e
derivati del latte cinesi”. Di qui i primi sequestri
- prevalentemente yogurt e biscotti - a Milano,
Firenze ed Ancona.
Ma se in occidente il pericolo melammina è molto
ridotto, tanto che la cosa non desta particolare
preoccupazione, in Asia l’allarme è tutt’altro che
cessato, e non solo perché dei 54 mila casi stimati
risultano ancora 13 mila i bambini tutt’ora
ricoverati in ospedale. L’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms) sostiene infatti, che “la crisi
del latte contaminato potrebbe non aver raggiunto
l’apice”. In Cina come in altri paesi asiatici
“potremmo assistere alla scoperta di nuovi casi -ha
aggiunto la portavoce Oms, Fadela Chaib - ora che i
genitori, soprattutto nelle zone rurali, sono
informati del problema e porteranno i loro bambini
negli ospedali per controlli”.
Al montare del caso, un’osservazione è d’obbligo. Ce
ne fornisce lo spunto Paolo Aureli, dirigente di
ricerca sulla sicurezza alimentare all’Istituto
Superiore di Sanità, in un’intervista a La
Repubblica: “Di fronte a ordinativi massicci di
prodotti che devono avere certe caratteristiche
nutritive, è difficile sostenere che l’emergenza
cinese sia stata provocata dalla migliore delle
ipotesi, e cioè che la melamina, usata per plastiche
e colle, sia rimasta "attaccata" ai contenitori”. Il
latte, in definitiva, sarebbe stato dunque, diluito
con acqua e quantità variabili di melammina, al solo
scopo di raggiungere un livello proteico
“accettabile”. Non esiste altra ragione che
giustifichi la presenza di queste sostanze in questo
genere di prodotti; nessuna, a parte il profitto.
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