Dal particolato alluvioni o siccità. La diversa concentrazione nelle nubi del particolato può dar luogo a piogge intense o a fenomeni di siccità.
Una ricerca pubblicata sulla rivista Science spiega come le polveri sottili diano vita agli "eccessi" meteorologici
Diluvi, alluvioni, cicloni, oppure una siccità: due eccessi opposti ma che interessano ormai da tempo il pianeta. In entrambi i casi c'è lo zampino dell'inquinamento e si nascondono tra le nuvole i meccanismi alla base delle precipitazioni impazzite. Secondo un lavoro pubblicato sulla rivista Science le particelle inquinanti, il cosiddetto particolato, una volta immesse nell'atmosfera da processi industriali, auto e altre attività umane servono a formare le nubi che, a seconda della concentrazione del particolato al suo interno, sarà 'da pioggia' oppure no.
Condotto in vari istituti di ricerca tra cui le Università di Gerusalemme, Helsinki, Galway e Città del Messico, il lavoro vede tra gli autori anche l'italiano Sandro Fuzzi dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Isac-Cnr) e si basa su un ampio set di misure sperimentali in situ e da satellite. "Le particelle disperse in atmosfera – spiega Fuzzi – sono necessarie per la formazione delle nubi in quanto servono come “nuclei di condensazione” delle goccioline che costituiscono le nubi stesse. In un ipotetico mondo privo di queste particelle, le nubi non esisterebbero e sono le loro caratteristiche a influenzare la struttura delle nubi e la loro capacita di dare luogo a precipitazioni. Infatti – aggiunge – solo una piccola frazione delle nubi presenti in atmosfera dà luogo a precipitazioni, le altre semplicemente evaporano”.
Secondo l'esperto oggi esistono aree del pianeta come la pianura del Gange in India dove le piogge scarseggiano sempre di più, con gravi danni alle coltivazioni, altre in cui le piogge sono così violente da sortire effetti devastanti. La differenza sta appunto nella concentrazione del particolato presente quando si formano le nubi. Il particolato, infatti, influenza il destino delle nuvole. "Entro una certa soglia di concentrazione – precisa Fuzzi – il particolato che permette la formazione della nube fa anche sì che essa dia luogo a precipitazioni", per un fenomeno detto “effetto microfisico”.
Oltre quella soglia invece le particelle inquinanti che hanno permesso la formazione della nube ne causano anche la successiva evaporazione, cosicché la nube non dà luogo a pioggia, per un fenomeno noto come 'effetto radiativo'. In teoria, aggiunge l'esperto, quando ci sono concentrazioni di particolato altissime le nuvole non si formano affatto. "Diciamo che approssimativamente – precisa Fuzzi – la soglia di particolato atmosferico decisiva affinché una nube evapori senza dare pioggia è pari a 50-60 microgrammi di particolato per metro cubo di aria.
Ma questo non significa che misurando il particolato presente in un'area urbana possiamo fare previsioni di precipitazioni. Simili previsioni hanno un senso solo se fatte su vasta scala". Questa scoperta è comunque importante, non solo in quanto fa luce sul duplice fenomeno dell'eccesso di precipitazioni e della siccità, conclude Fuzzi, ma anche perché “permetterà di migliorare i modelli climatici finora molto approssimativi per difetto di conoscenze” e di stabilire come si distribuiranno le precipitazioni in futuro sul pianeta.
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