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Terapia del dr. Simoncini (Oncologo) V - Alcuni Casi (http://www.curenaturalicancro.org)

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Mi manda Rai 3 ha ancora parlato di Simoncini che ora opera in Olanda diffondendo il suo metodo basato sul bicarbonato di sodio.
Gli esperti hanno confermato che Simoncini è stato condannato e radiato dall' ordine dei medici. Egli appliccherebbe un metodo rischioso e senza base scientifica. Questo trattamento sarebbe talvolta invasivo e comunque dannoso. In genere poi il paziente abbandonerebbe altri metodi di cura e la malattia generalmente procederebbe più rapidamente, si soffrirebbe e si morirebbe prima


  • 26/05/2006 Aggiornamento sulla Teoria del Cancro e Fungo
    Il bicarbonato di sodio nella cura del cancro non avrebbe alcun effetto...


  • Vengono riportati qui di seguito alcuni casi (quelli più nitidi, sopravvissuti da più di 10 anni).

    Caso 1) Una paziente di 70 anni, con diagnosi di adenocarcinoma dello stomaco, supportata dai comuni tests oncologici (Tac, biopsia, ecc.), due giorni prima dell'operazione fissata, accettando il consiglio di tentare una strada meno cruenta, esce dall'ospedale.

     Per il periodo di un mese le viene somministrato bicarbonato di sodio (1 cucchiaino abbondante in un bicchiere d'acqua) da assumere mezz'ora prima della colazione, cioè a stomaco vuoto, con lo scopo di potenziarne al massimo l'attività.

     Dopo circa due mesi avviene la normalizzazione della funzionalità gastrica con attenuazione e poi perdita di tutta la sintomatologia connessa con la patologia neoplastica (inappetenza, pesantezza digestiva, spossatezza, accessi lipotimici, ecc.)

     Dopo un esame endoscopico eseguito a distanza di un anno dall'inizio della terapie, attestante la completa remissione della formazione neoplastica, la paziente rifiuta ulteriori ricerche.

     E' tuttora vivente a distanza di 15 anni dal trattamento.

    Caso 2) Paziente di 67 anni, con una storia di ulcera gastrica alle spalle, al quale essendo diagnosticato in ambiente ospedaliero nel tumore dello stomaco, viene consigliata una gastrectomia.

     Egli, convinto che la sua malattia sia solo un'esacerbazione dell'ulcera, spinto perciò a trovare alternative all'intervento chirurgico, si sottopone a terapia con bicarbonato, attuata come nel caso 1, la quale determina in pochi mesi la regressione della sintomatologia neoplastica.

     Dopo un periodo di circa 18 mesi, durante il quale non viene effettuato nessun controllo, in seguito ad una ripresa della sintomatologia viene riproposta l'assunzione di bicarbonato come in precedenza, con cui in breve tempo viene ristabilita la funzionalità gastrica, mantenuta peraltro per circa 8 anni, fino a quando cioè si perdono le tracce del paziente stesso.

    Caso 3) Paziente di 58 anni, affetto da carcinoma dello stomaco, diagnosticato tramite esame istologico eseguito su reperto endoscopico.

     Escluse per scelta personale le vie ufficiali, vengono accettate le indicazioni terapeutiche attuate nei due casi precedenti, da cui esita una normalizzazione del quadro sintomatologico per circa tre anni, vale a dire fino a quando vengono sospese ulteriori visite di controllo.

    Caso 4) Paziente di 71 anni, che si presenta, ad un controllo effettuato in ambiente ospedaliero nel settembre 1983, in un grave stato di emaciazione determinata dal notevole calo ponderale (dell'ordine di 15 Kg) sopraggiunto negli ultimi mesi.

     Essendo stata diagnosticata una neoplasia dello stomaco e approntato uno schema terapeutico oncologico combinato, ne viene data notizia ai parenti, i quali inoltre vengono messi al corrente delle difficoltà e dei rischi di un simile trattamento, da attuare in un malato estremamente defedato.

     A questo punto la moglie, rifiutando le strade ufficiali, decide di riportare il marito a casa e di tentare l'alternativa "innocua" del bicarbonato, la somministrazione del quale (ad una dose leggermente inferiore ai casi precedenti), restaura un appetito e una funzionalità digestiva soddisfacente.

     Per circa 8 mesi si assiste ad una certa fatica a riacquistare peso; dopo tale periodo la ripresa diviene man mano più evidente fino al recupero quasi totale dei chili perduti (entro 24 mesi), con un sensibile miglioramento delle condizioni generali.

    Caso 5) Paziente di 51 anni con diagnosi (fine 1983) di carcinoma bronchiale in sede lombare inferiore destra, al quale, espletati gli accertamenti oncologici di routine (con Tac nettamente positiva, ma con aspirato bronchiale negativo), viene proposto intervento chirurgico.

     Dopo una consultazione avvenuta tra i familiari, essendosi deciso di rimandare di qualche tempo quanto stabilito dai sanitari, viene tentato il trattamento con bicarbonato.

     Esami radiologici effettuati a distanza di circa 18 mesi, durante i quali non si verificano gli episodi emoftoici di inizio malattia, evidenziano ancora la presenza di una massa nodulare nel lobo inferiore destro, le sue dimensioni però appaiono più piccole e i suoi contorni più regolari.

    Caso 6) Paziente di 48 anni, con tumore al lobo medio del polmone, attestato da tutte le ricerche oncologiche, messo in lista d'attesa (inizio 1983) per intervento chirurgico, la cui modalità d'esecuzione risulta peraltro non essere completamente definita a motivo di un dubbio sconfinamento della massa neoplastica.

     Uscito dall'ospedale contro il volere dei sanitari (da sottolineare che per mesi è stato ricercato dagli addetti ospedalieri), si sottopone a terapia a base di bicarbonato, che in breve tempo ristabilisce condizioni ottimali di salute

     In un esame Rx eseguito dopo circa 9 mesi, è possibile osservare, al posto della massa neoplastica, una tenue linea trasversale alla base del lobo medio, da interpretare verosimilmente come residuo cicatriziale.

     E' tuttora vivente.

    Caso 7) Paziente di 55 anni affetto da neoplasia del retto, evidenziatasi sintomatologicamente (1981) con disturbi all'evacuazione e emissione franca di sangue, e a livello strumentale mediante esame endoscopico.

     Consigliato dai sanitari di sottoporsi a resezione rettale con conseguente instaurazione di ano preternaturale, egli, nel tentativo di evitare una penosa mutilazione, si sottopone a terapia locale di bicarbonato, eseguita mediante clisteri contenenti una soluzione molto concentrata (8 cucchiaini in un litro).

     A distanza di 3 anni era ancora vivente.



    Considerazioni critiche:



    Dal sistema di pensiero e dai casi brevemente illustrati, sembra opportuno analizzare gli spunti nuovi e nel contempo concreti che possano emergere, in chiave sia critica che autocritica, nella patologia neoplastica.

     A ben guardare il metodo terapeutico proposto, difatti, ci si accorge che esso possiede già in sé, indipendentemente dalla reale efficacia, un suo valore teorico innovativo, primo perché mette in discussione i metodi attuali e i suoi presupposti concettuali, secondo perché rappresenta una proposta alternativa concreta a tutta la congerie di posizioni magniloquenti ma troppo generiche, e quindi inefficaci, oggi esistenti.

     Identificare invece una sola causa tumorale, pur se con tutti i possibili impliciti condizionamenti d'ordine generale, rappresenta un passo avanti indispensabile per uscire da quella forma di passività determinata dalla mancanza di risultati, responsabile di comportamenti troppo fideistici e quindi sfiduciati.

     Il dato di fatto dunque che un approccio medico non convenzionale possa apportare in alcuni pazienti benefici sotto ogni profilo superiori ai trattamenti ufficiali, dimostrando anche un valore risolutivo, dovrebbe indurre a ricercarne le ragioni di fondo, cercando di evitare atteggiamenti di sufficienza limitativi e improduttivi.

    Si può discutere perciò se è il bicarbonato il fautore delle guarigioni o invece l'insieme delle condizioni instaurate, oppure l'intervento di fattori neuropsichici inidentificati, o altro ancora; quello che rimane indiscusso però è il fatto che un certo numero di persone, deviando dai metodi convenzionali, è potuto ritornare alla normalità di vita senza sofferenze e senza mutilazioni.

     Il messaggio che ne deriva perciò è un appello a ricercare quelle soluzioni che si accordino con il semplice presupposto Ippocratico del "benessere" dell'uomo, vale a dire è uno stimolo a valutare criticamente le terapie oncologiche odierne, in grado di garantire indubitabilmente solo sofferenze.

     Una cosa è certa, oggi non è più lecito, in preda al panico e alla "sindrome del tumore", tollerare delle carneficine effettuate su scala mondiale, ammantate per di più dal "misericordioso" obbligo di dover aiutare e di essere aiutati, senza il supporto di fondamenti eziologici certi.

     Mettendosi difatti per un attimo in una diversa prospettiva, tentando di vedere il pianeta tumore con occhi più naturali, ipotizzando cioè una genesi più semplice della proliferazione neoplastica, al limite quella fungina, si rimane sbalorditi e nello stesso tempo atterriti dalla profana mano della medicina ufficiale, armata di un cinismo e di una superficialità abissali.

    I casi negativi, si potrebbe argomentare però, rappresentano l'inevitabile prezzo da pagare per salvare qualcuno.

     Se le sofferenze e i decessi autorizzati stanno in un rapporto enormemente negativo nei confronti di eventuali guarigioni (queste sì riconducibili al caso o a fattori estranei alle terapie), allora non è più ammissibile voler operare a tutti i costi, in quanto così facendo si delinea solo la possibilità di fare del male.

     Ma le guarigioni avvenute in seguito ai protocolli oncologici attuali, si ribatterebbe, non sono poi in numero così esiguo, anzi in certe specie di tumore sono riscontrabili in alta percentuale.

     Simili risultanze però, è facile rilevare, non sono altro che l'esito di atteggiamenti propagandistici sostenuti da argomentazioni surrettizie volte a distribuire indistintamente luce impropria a tutto il panorama delle entità nosologiche tumorali.

    Raggruppare allora nello stesso cespite tumori maligni occasionalmente o mai guariti (come quello del polmone o dello stomaco), insieme a quelli al limite della benignità (come la maggior parte dei tiroidei o dei prostatici ecc.), oppure insieme a quelli che hanno un'evoluzione positiva autonoma malgrado la chemioterapia (ad esempio le leucemie dell'infanzia), appare un'operazione subdola e mistificatoria che ha l'unico scopo di coagulare quei consensi impossibili da ottenere con un comportamento intellettualmente corretto.

     Se ad esempio su un certo numero di specie di tumore, solamente uno risulta suscettibile di regredibilità, non è lecito costruire un diagramma nosologico che informi sulla incidenza globale della terapeutica applicata indistintamente sulla totalità delle neoplasie; sarebbe più corretto al contrario denunciarne l'inutilità, anzi la dannosità, lasciando, per quanto riguarda l'eteroplasia che denota un andamento positivo, un dominio aperto di ipotesi alternative.

     Ritornando allora, ad esempio, alle leucemie dell'infanzia, la loro frequente fausta evoluzione, potrebbe essere messa in correlazione con elementi estranei alle terapie somministrate, come ad esempio con quelle terapie di sostegno comunemente apportate, da considerare particolarmente efficaci in organismi giovani, oppure con la proprietà del tessuto connettivo di acquisire, in una determinata epoca di sviluppo, quella maturazione necessaria al potenziamento di un'attività immunologica dimostratasi, in un determinato momento della vita, intrinsecamente insufficiente.

    Accade spesso difatti, in medicina, che alcune malattie scompaiano da sole senza motivi apparenti, ma solo in correlazione con determinati passaggi di maturazione organica.

     Tanto per rimanere in tema oncologico - micologico, è noto come alcune micosi dell'infanzia croniche e recidivanti refrattarie a qualsiasi trattamento, improvvisamente ad un certo stadio dello sviluppo scompaiano senza lasciare residui.

    Dalle brevi notazioni critiche esposte, moltiplicabili inutilmente all'infinito, il panorama della malattia tumorale risulta dunque estremamente vario e complesso, talché assumere posizioni esclusive o preclusive sia in senso convenzionale che anticonvenzionale può risultare indice di ristrettezza mentale, specialmente in ragione del fatto che il terreno su cui ci si muove è in gran parte sconosciuto e quindi non inquadrabile in maniera univoca o standardizzata.

    Laddove infatti ci si addentra nello spazio occupato da elementi non visibili e ultramicroscopici, dovendosi inevitabilmente la strutturazione della conoscenza appoggiare sulla costruzione di una molteplicità di entità teoriche, il rischio di uno slittamento da un inquadramento reale in uno funzionale può trasformarsi in un dato di fatto pernicioso.

     Il fatto poi che in pratica la medicina odierna, non solo non fornisca dei criteri interpretativi sufficienti, ma adotti metodiche pericolose, dannose e insensate, anche se in buona fede, deve spingere chiunque alla ricerca di alternative logiche ed umane e, in via subordinata, a guardare con attenzione e con occhi disponibili qualsiasi teoria e posizione che osi alzare la testa, sempre con logicità, contro quel giogo così mostruoso ed inumano che è il tumore.

    In una prospettiva alternativa, allora, bisognerebbe programmare ex-novo la sperimentazione in campo oncologico, predisponendo le ricerche (epidemiologiche, eziologiche, patogenetiche, cliniche e terapeutiche), in linea con i concetti di una microbiologia e di una micologia rinnovata, che porterebbero con molta probabilità alle conclusioni già esposte, e cioè che il tumore è un fungo, la Candida Albicans.

    L’eventuale riscontro poi, che non solo i tumori, ma che la maggior parte delle malattie cronico-degenerative possa ricondursi a una causalità micotica, dove eventualmente possa rientrare uno spettro più ampio dei parassiti fungini (ad esempio le malattie del connettivo, la sclerosi multipla, la psoriasi, il diabete II, ecc.), rappresenterebbe quel salto di qualità che, aprendo la via ad una rivoluzione del pensiero medico, potrebbe migliorare enormemente l’aspettativa di vita, sia in senso qualitativo che quantitativo.

    Per concludere, se fino ad oggi il mondo dei funghi, cioè dei micro organismi più complessi e più aggressivi che si conoscono, è potuto passare inosservato, la speranza del presente lavoro è che si possa prendere rapidamente coscienza della loro pericolosità, in modo da veicolare le risorse della ricerca medica non in vicoli ciechi, ma contro i veri nemici dell’organismo umano, gli agenti infettivi esterni.

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