23/12/2005 Imatinib, Farmaco innovativo per la Leucemia Mieloide Cronica (www.aduc.it)

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  • Buone notizie per i malati di leucemia mieloide cronica: le promesse di un farmaco innovativo, l'imatinib, peraltro disponibile in Italia dal 2002, sono diventate realta'. Uno studio multicentrico iniziato alla fine del 1999 all'Ospedale San Gerardo di Monza/Universita' Milano Bicocca e in altri 20 centri nel mondo ha dimostrato in via definitiva l'efficacia del farmaco: l'80% dei pazienti trattati col farmaco e' vivo a 5 anni dalla diagnosi, lasso di tempo in cui negli anni precedenti la maggior parte dei pazienti moriva.
    I risultati di questo studio, che ha arruolato circa 500 pazienti, sono stati presentati al Congresso dell'Associazione Americana di Ematologia (ASH), ad Atlanta (USA), da Carlo Gambacorti professore associato presso l'Universita' di Milano Bicocca, che opera presso l'Unita' Operativa di Ematologia del San Gerardo diretta dal prof. Enrico Pogliani.
    La leucemia mieloide cronica (LMC) e' causata dal cromosoma Philadelphia, un'anomalia genetica che produce una proteina cancerogena chiamata BCR-ABL. Nella ricerca in questione, nota come 'protocollo 110', pazienti affetti da LMC gia' da alcuni anni (in media 3) sono stati trattati con imatinib, farmaco che agisce legandosi a BCR-ABL, bloccando completamente la sua attivita' e arrestando in tal modo la crescita del tumore. Gia' dopo 3-6 mesi si sono cominciati a vedere i primi risultati favorevoli: nel midollo osseo dei pazienti ricrescevano cellule staminali normali con effetti collaterali minimi o completamente assenti. Questo dato richiedeva pero' la conferma nel tempo. E questa e' arrivata.
    "In questa popolazione di pazienti ci aspettavamo al momento dell'inizio della terapia con imatinib una sopravvivenza di non oltre 2 anni -afferma il prof. Gambacorti-. Ad oltre 5 anni di distanza 80% dei pazienti e' invece vivo. Inoltre, nel 83% dei pazienti in cui e' avvenuta la ricrescita di un midollo normale, cioe' in quelli che hanno raggiunto la cosiddetta 'remissione citogenetica completa', questa remissione permane immutata dopo 5 anni. Possiamo anche calcolare che in questi pazienti il rischio annuo di un risveglio della malattia e' estremamente basso, tra lo 0.5 e il 1.5%. Considerando l'eta' media di insorgenza della malattia (45-50 anni), cio' significa che oggi, per la gran parte dei pazienti, una diagnosi di LMC significa solamente la necessita' di prendere una pastiglia di imatinib al giorno. E' significativo che negli ultimi due anni di studio, la maggior parte dei pazienti deceduti, sono morti non per progressione della LMC, ma per altre cause non legate alla leucemia". In altre parole, questi pazienti sono rientrati nella curva di sopravvivenza della popolazione normale.
    Se il problema LMC sembra risolto per circa l'80% dei pazienti, cosa dire per il rimanente 20%? Anche qui il futuro sembra promettente, afferma Gambacorti; tre nuovi inibitori della proteina Bcr/Abl sono in sperimentazione clinica per pazienti non responsivi a imatinib o che sviluppano resistenze. Tutte e tre queste molecole, al momento note solo con sigle (BMS-354825, AMN107, SKI-606), sono disponibili al San Gerardo.
    E' importante ricordare che se oggi raccogliamo questi risultati, e se un'istituzione italiana e' stata tra le prime a intraprendere questa strada, dobbiamo tutto cio' alla ricerca di base, che ha dapprima identificato la causa della LMC (una traslocazione cromosomica, il famoso cromosoma Filadelfia, che produce la proteina Bcr/Abl), e successivamente identificato e caratterizzato il farmaco giusto, l'imatinib. "Dal 1995 ho iniziato a lavorare in laboratorio con imatinib", afferma Gambacorti, che grazie alle ricerche svolte col finanziamento dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) ha potuto per primo identificare alcune caratteristiche importanti di questa molecola.

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