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09/01/2007 Pascià 2007: Lo spreco II (Rita Pennarola, www.lavocedellacampania.it visto su http://www.canisciolti.info)

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«Credo che oggi esistano le condizioni che non ci sono state in altre circostanze», sprona Mastella. Ma intanto, solo a ripercorrere la storia di questa commissione, vengono i brividi per il denaro speso e le energie in buona parte sprecate. Andiamo a ritroso. Nella passata legislatura, sotto il ministro leghista Roberto Castelli, era stata insediata ed aveva lavorato per ben cinque anni la commissione capitanata dal magistrato Carlo Nordio, figura di alto profilo, notoriamente simpatizzante della destra. «Il presidente - ricordano a Napoli nell’entourage di Pietro Lignola, al vertice della Corte d’Assise Appello e membro della commissione Nordio - si spostava nella capitale un paio di volte al mese, restandovi alcuni giorni per partecipare ai lavori della commissione, cui ha dedicato molte energie ed impegno professionale. Le conclusioni cui erano pervenuti, per quanto ancora non definitive, riguardavano aspetti rilevanti, come ad esempio il livello di discrezionalità del giudice nella valutazione delle attenuanti o delle aggravanti al momento di decidere sulle esigenze di custodia cautelare». In pratica, le ragioni per le quali saltiamo sulla sedia ogni volta che un camorrista pluriassassino viene clamorosamente rimesso in libertà.

«E’ assurdo - commenta il costituzionalista e senatore Ds Massimo Villone, che con il recente volume Il costo della democrazia ha acceso i riflettori sullo sperpero evitabile della cosa pubblica - impiegare energie e risorse in commissioni che poi vengono sistematicamente sostituite col cambio delle maggioranze. Meglio sarebbe far lavorare team di professionisti bipartisan, il cui prezioso apporto scientifico sia ben al di sopra dei partiti e delle compagini governative». Il codice penale insomma, sia chiaro, non dovrebbe essere nè di destra nè di sinistra. Invece, tutti a casa. Istituita per decreto il 23 dicembre 2001 (scadenza prevista dopo i canonici 12 mesi), la Commissione Nordio era stata integrata e prorogata addirittura nove volte. 21 i membri che la componevano inizialmente. Nel 2003 diventano ben 44, molti dei quali provenienti da diverse parti della penisola. Fra gli altri, oltre allo stesso Lignola, i magistrati Antonio Sardiello di Brindisi, Sebastiano Sorbello di Asti, Mirko Stifano di Rovigo, Arturo Toppan di Treviso.

Chiediamo a un funzionario contabile del Parlamento quanto, grosso modo, ci è costata questa commissione. «Ad un calcolo semplice, considerando fra rimborsi, gettone e indennità di missione una spesa media pari a 250 euro al giorno per ciascun componente, pari a circa 1.000 euro al mese (nel caso di una seduta di un paio di giorni ogni due settimane, ndr), possiamo parlare di una spesa annua pari a circa 10.000 euro a testa. Il che significa che nei cinque anni di legislatura, per questa sola commissione da 44 membri, il costo potrebbe aver superato i 2 milioni di euro».

Fra i componenti di spicco del team guidato da Nordio c’era il penalista partenopeo Alfonso Stile, ordinario di Diritto penale alla Sapienza. «Ho lasciato presto la Commissione - spiega - perchè ci si chiedeva di lavorare in gran fretta e non condividevo questo metodo. Comunque, almeno nel mio caso, non è stato speso nemmeno un euro, dal momento che insegno a Roma, dove ha sede anche il mio studio professionale». Il problema vero è stato che «mentre la commissione lavorava alacremente per riformare il codice, il governo procedeva a colpi di decreto legge, come è accaduto ad esempio con la Cirielli, stravolgendo di fatto il senso stesso di quella corposa attività».

Prima delle commissioni Pisapia e Nordio, altri governi avevano destinato somme del bilancio dello Stato per insediare analoghi staff di professionisti con l’identico scopo. Non erano stati portati a termine, ad esempio, i lavori della commissione guidata dal celebre penalista piemontese Federico Grosso, voluta ai tempi del guardasigilli Giovanni Maria Flick nel primo governo Prodi. Analogo destino per la Commissione Pagliaro che, sotto il ministro Giuliano Vassalli, nei primi anni novanta era arrivata a buon punto prima di fare le valigie per tornare a casa. Lo spreco maggiore, secondo il professore Stile, sta soprattutto «in una organizzazione complessivamente sbagliata, che in molti casi vanifica il consistente dispendio di energie dei magistrati, degli avvocati e dei docenti universitari».

Ma non è ancora finita. Sempre a via Arenula un nuovo “doppione”, finora passato sotto silenzio, merita di essere portato alla luce. E’ quello che riguarda la commissione incaricata di riformare il codice di procedura penale. Presieduta da Giuseppe Riccio, docente alla Federico II e figlio del gavianeo Stefano Riccio, la nuova compagine è composta da 26 personalità e comprende, fra gli altri, i magistrati Tommaso Buonanno, procuratore aggiunto a Bergamo, il giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Raffaello Magi, il procuratore capo di Reggio Emilia Italo Materia, il pm partenopeo Giovanni Melillo, il giudice del tribunale di Napoli Maurizio Stanziola e, dalla Cassazione, Giuseppe Santalucia. Durante il governo Berlusconi l’identico compito era stato affidato alla Commissione presieduta dal penalista salernitano Antonio Dalia, affiancato dai magistrati partenopei Luciano D'Angelo ed Angelo Di Salvo, nonchè dai consiglieri di Cassazione Nicola Milo e Giovanni Silvestri. In tutto, 21 componenti iniziali, balzati poi a 31 unità nel gennaio 2005. Anche lì, tanto lavoro, centinaia di migliaia di euro volati via, e poi tutti a casa.

IN NOME DELLA TOGA

I primi, insomma, ad aggirare elementari principi di rigore in fatto di spesa del denaro pubblico sono stati i guadasigilli succedutisi nel corso delle legislatura: proprio loro che dovrebbero essere i massimi tutori della legalità. In ogni caso, che siano dirottate in commissioni di riforma dei codici oppure distaccate nei rivoli degli altri mille incarichi che annualmente vengono conferiti ai magistrati (al punto che da quest’anno il Csm è corso ai ripari, ponendo un tetto massimo al fenomeno), le toghe italiane rappresentano una fra le categorie del pubblico impiego meglio retribuite.

E per le quali, finora, difficilmente può scattare la sindrome della quarta (e ormai anche terza) settimana, che attanaglia buona parte delle famiglie a reddito fisso. Diamo una rapida occhiata alle retribuzioni lorde, precisando che si tratta di quelle riferite al 2004 e che quindi avranno subito nel frattempo quanto meno gli adeguamenti Istat.

Un magistrato di tribunale dopo appena tre anni di nomina percepisce uno stipendio di 5.800 e passa euro, cui se ne aggiungono mensilmente altri 3.000 circa fra indennità integrativa speciale ed indennità giudiziaria. In Corte d’Appello lo stipendio base passa ad oltre 8.500 euro, più le predette integrazioni. Eccoci in Cassazione: la retribuzione qui sfiora ogni mese i 15 mila euro, che arrivano a circa 27 mila nel caso di presidenti e procuratori generali. Il 23 gennaio 2006 un decreto legislativo finalizzato a modificare l’organico dei magistrati addetti alla Corte di Cassazione è stato finanziato con 629.000 euro per l'anno 2005 e con oltre 1 milione e 250 mila euro per il 2006.

Con quale produttività? Gli ultimi dati disponibili sul totale dei procedimenti pendenti nel nostro Paese risalgono al novembre di due anni fa. Cominciamo dall’area Civile. Quasi 4 milioni e settecentomila giudizi risultavano ancora in attesa di definizione (fra primo grado e Appello) a tutto il primo semestre 2005, contro i 4.571.514 dell’anno precedente. In Cassazione, 93.726 pendenti rispetto ai 91.963 di un anno prima.

Passiamo al penale, dove - sempre secondo rilevazioni 2005 del ministero - restavano “in attesa” oltre 5 milioni di giudizi, di cui oltre 30 mila in Cassazione. Ancor più aggiornati i dati sul tempo di giacenza media dei procedimenti nei tribunali italiani, relativi però alle sole Corti d’Appello: si va dai 1.234 giorni di Ancona ai 1.139 di Brescia, con altre punte oltre i mille a Campobasso, L’Aquila e Venezia (che arriva a quota 1.200 giorni). Non a caso il malessere serpeggia all’interno degli stessi ranghi della magistratura, dove le personalità maggiormente impegnate e spesso in prima linea contro la criminalità organizzata puntano l’indice su quella consistente parte della categoria che «vede con preoccupazione le innovazioni finalizzate a snellire il carico di lavoro» o che, per dirla con Brecht, «è assolutamente incorruttibile: non esiste alcun prezzo per costringerli a fare bene il proprio lavoro».

Indice

  • 09/01/2007 Pascià 2007: Lo spreco I
  • 09/01/2007 Pascià 2007: Lo spreco II
  • 09/01/2007 Pascià 2007: Lo spreco II

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