Grillo ha ragione. L’eventuale pubblicazione delle dichiarazioni dei
redditi, se sarà approvata, se i comuni se ne prenderanno carico, se ci
saranno risorse sufficienti, se e quando sarà on line, tirerà fuori il
peggio da tutti noi: la propensione alla delazione (rigorosamente anonima)
e al ricatto.
Dato a Cesare quel che è di Cesare, veniamo invece a quello che spetta
a noi. L’alternativa quale sarebbe? Le indagini dell’agenzia delle
entrate? Gli scudi rigorosamente anonimi? Gli scontrini controllati dai
finanzieri all’uscita dal bar? Tutto organizzato e sistemato in modo da
tutelare la pace sociale, la mielosa ipocrisia che consente all’evasore
di eleggersi a cittadino modello, pontificare, criticare stato,
istituzioni e cittadini tutelato dallo scintillante scudo della
privacy.
Io della privacy me ne fotto. Nel senso che se uno mi deruba e
contribuisce a seppellire il futuro dei miei figli a
vantaggio dei suoi, ne voglio conoscere faccia, età, nome, cognome,
indirizzo. Basta con la tutela solo per i colpevoli. Chi non delinque non
vuole medaglie, ma il diritto di disprezzare chi lo prende per il culo,
quello almeno, bisogna lasciarglielo.
Siamo una repubblica e i titoli nobiliari non sono più riconosciuti.
Poco male, ci basta essere considerati dei galantuomini. Ma se cani e
porci sono galantuomini e questo titolo è garantito costituzionalmente a
prescindere se si sia dei mariuoli o no, allora tenetevelo perché non vale
un cazzo.
Fra l’ipocrisia, il mutuo sostegno a tutela dei reciproci interessi, il
sottobraccio complice e la delazione, il ricatto, la guerra sociale, io
scelgo le seconde. Se proprio si deve mangiare merda che sia almeno una
merda purificatrice e di cambiamento che della merda che mangiamo oggi ne
ho mangiata tanta da non riuscire più ad ingoiare.
Quindi Beppe, se c’è da scegliere tra le riforme civili e rispettose da
mettere in campo a babbo morto e il medioevo con i forconi e i roghi, io
scelgo il forcone. Tu, che te lo puoi permettere, aspetta pure la Parusia.
Ricordo, quando avevo su per giù 12 anni, il senso di noia e di
lacerante inedia nel sentir messa. Già allora la “fede”, inculcatami
forzosamente dalla cultura cattolica imperante di questo paese, era
emigrata in qualche anima più fertile, lasciandomi il senso di soffocante
asfissia ogni qualvolta mamma mi obbligava, tutte le maledette domeniche,
ad assistere a quel rito bizzarro.
Crescendo, naturalmente, gli obblighi imposti dall’alto (la mamma, non
l’altissimo) vennero meno ma le rare occasioni in cui mi sono scontrato
con il sacro rituale le ho percepite in modo diverso; il senso di morte
per noia dovuto a quel tempo sprecato e che non passava mai si è
trasformato in una sorta di ascolto critico, giovando alla mia percezione
del tempo e pure al mio sollazzo.
Al di là delle preghiere recitate con meccanico distacco dalla
maggioranza, mi divertono le prediche dei preti, tanto che spesso
involontarie risa ironiche imbarazzano i miei parenti, costretti alla mia
compagnia nel matrimonio o cresima di turno. Per non parlare del senso di
letizia nel sentire gli anziani che anticipano il versi delle preghiere.
Non sono mai stato un amante della lirica, e sì che sono cresciuto lì
“nei dintorni” con il “dolce
dolce Ludovico Van” prima di abbracciare
la musica del diavolo , ma la lirica..che pacco.
Tre anni fa fui trascinato a vedere il Nabucco in Arena, un’esperienza
straziante, dopo anni fui investito dallo stesso senso di lacerante noia e
soffocamento che solo la messa e la mia giovane età priva di ascolto
critico avevano sperimentato. Un inferno, il tempo che rallenta ad ogni
strofa, come se mi guardassi cadere in buco nero in balia dell’orizzonte
degli eventi (questa è troppo lunga e non ve la spiego, sappiate che è
come vedersi cadere per un tempo tendente a infinito, se siete curiosi
leggete qui), ogni atto che si trascina stanco un nuovo
atto, il va pensiero che da quando è inno della lega non riesco più a
sentire. Fu consolante vedere altre persone intorno a me essere investire
dallo stesso senso di morte.
Mai più, dissi, ma l’universo non è deterministico, dio gioca
a dadi e se la spassa pure, fatto sta che qualche giorno fa torno in Arena
per l’Aida. Il senso di nausea era mitigato dal fatto che esperienza
insegna e sapevo che qualcosa sarebbe cambiato, il mio genio avrebbe
reagito nello stesso modo delle messe, creando un’analisi critica atta ad
invertire il rallentamento dovuto alla noia, ripristinando il normale
scorrere del tempo.
Nel corso dell’opera (4 atti, 3 ore nette più gli intervalli) la mia
fantasia percorre le più svariate metafisiche e fenomenologie:
Mi guardo attorno, e come spesso accade in mille altre occasioni mi
pongo delle domande.
Nella mia ignoranza lirica mi chiedo quante altre persone che si
atteggiano a saccenti cultori in realtà l’apprezzino più o meno quanto
me. Un po’ come i cattolici della domenica, o quelli di Natale e Pasqua.
Sono sempre rimasto affascinato dal borghesismo del pubblico lirico,
c’è pure scritto sul biglietto “in platea è richiesto l’abito scuro”.
Immancabile la signorotta vestita di sbarluccicoso vestito arancione
catarifrangente. Ma con questo ragionamento, penso, siamo quasi alla lotta
di classe, e “io cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna [..] io,
tirato su a castagne ed ad erba spagna (
Francesco Guccini – Addio)” sono qui con la mia
anonima camicetta bianca da ingegnere, ma comoda e fresca, e penso
al possibile deserto economico che si può sviluppare
nell’economia del post-apocalisse “al cui fascino inquietante non
riesco a sfuggire”. Il solito catastrofista, penso poi, con un
sorriso ebete stampato in faccia.
Un tizio mi chiede di parlare sottovoce, 40 minuti dopo sta dormendo
sulla spalla della sua signora.
E come tre anni fa già a metà del secondo atto vedo gente assopirsi,
sonnecchiare, sbuffare, stiracchiarsi, scaccolarsi, fino al punto X,
perché ogni opera ha
il suo hit quella per cui viene ricordata, come fosse il
singolo del disco o la canzone dell’estate.
Si, amico, ho uno zainetto. Dentro ho dell’acqua, fresca. In borsa
termica. Perché mi guardi come se fosse un’anomalia? Dici che il simbolo
dei pirati sul mio zainetto stona con la mia camicia da impiegato? Però mi
guardi invidioso quando paghi 5 euro per una bibita in lattina mezza
calda.
E fai due occhi così quando dal mio zainetto estraggo un contenitore
con del fresco melone succoso meticolosamente tagliato a cubetti. Si,
questa è una forchetta.
Perché vedi, sotto sotto io me ne fotto, se stono.
Quarto atto. Luci soffuse, mi ritrovo come spesso accade a guardare
lassù, il cielo notturno e limpido da questo scorcio di Arena sembra una
cupola dipinta da quei pittori di un tempo dimenticato. E mentre Aida e
Radames recitano il loro destino io canticchio
l’Aida di Rino, ben altri temi, e penso “Che genio, Cristo
santo, che genio, cantare così l’amore per lei”.
Pace t’imploro ~ martire santo..eterno il pianto ~ sarà per me
(( Chiusura del quarto atto ))…Sipario.
Applausi, Viva Verdi, i cuscini non volano più come una volta e non ci
sono più le mezze stagioni.
Comunque dai l’Aida non è male, andatevela a vedere. E ve lo dice uno
che passa
dagli Emperor ad
Alice.
PS: questo è un post goliardico e ironico, i gusti sono gusti e non ci
piove quindi non cacatemi il cazzo se a voi la lirica piace e se
anticipate i versi delle preghiere.
03/09/2011 Default italia: la Nostra Colpa,la Nostra Svolta,il Nostro Essere
(http://www.mentecritica.net)
Appare sempre più evidente quanto la condizione politica, economica e
sociale nel nostro paese abbia ormai raggiunto un “default” che va ben
oltre il fallimento inteso come brusca fine
del nostro Status quo. E vero, abbiamo perso molto negli ultimi 15
anni, per colpa di politici che ci hanno portato letteralmente via la
libertà di parola, la sicurezza economica dei nostri figli, la possibilità
di vivere in modo dignitoso grazie a un buon lavoro e poter pagare le
tasse con la consapevolezza che quando saremo vecchi e malandati il nostro
paese si prenderà cura di noi esattamente con lo stesso amore con cui noi
ci siamo presi cura di lui per tutta la vita.
Tutte cose che avevamo conquistato grazie al sangue dei nostri avi che
avevano dato la vita per fare in modo che noi oggi avessimo la possibilità
di avere ciò che loro non hanno avuto, ma di cui oggi rimane solo il
ricordo di alcuni e poche celebrazioni annuali come il 25 aprile, che
vogliono oltretutto toglierci per ricordarci quanto quei bei tempi in cui
si lottava per un ideale, siano ormai finiti, ma come molti hanno già
detto siamo noi che glielo abbiamo permesso, per colpa della nostra
tolleranza, vigliaccheria e indifferenza, come dire, ancora una volta, a
dire la verità, se cercate il colpevole… non c’è che da guardarsi allo
specchio. (cit)
Dell’Italia all’estero si diceva che eravamo un paese solidale e
religioso, e come dargli torto, d’altronde siamo impegnati in operazioni
di peacekeeping da oltre 10 anni in guerre non volute da noi, per motivi
credo giusti, almeno per come la vedo io, ma pagandone tuttavia il prezzo
periodicamente
con le nostre finanze carenti e il nostro sangue, e questo è purtroppo
un dato di fatto, ma neanche questo è importante, poiché siamo talmente
religiosi che speriamo ancora che un chissà quale messia arrivi e risolva
di punto in bianco tutti i nostri problemi, inutile dire che non sarà mai
così, anzi nel nostro caso morto un diavolo ne spunterà fuori un altro.
Sinceramente non avrei mai pensato quando 2 anni fa mi arruolai nelle
Forze Armate, che il più grande nemico del mio amato paese sarei stato
io, sarebbe stata l’indifferenza degli italiani, convinto che chi ci
avrebbe attaccato sarebbe stato qualcosa di estraneo a noi, che nonostante
sapessi che la nostra classe dirigente, le nostre banche, le nostre
imprese, fossero malate/a, speravo si sarebbero fermate in tempo per
evitare a tutti noi lo spettro del baratro, nonostante avessi giurato di
“essere fedele alla Repubblica Italiana al solo scopo del bene della
Patria e di difenderla dai nemici sia esterni che interni” e in questo io
personalmente ho fallito, più di altri soprattutto perché ne avevo la
responsabilità in quanto difensore della patria, e mi appare sempre più
evidente ora che siamo nell’ultima fase prima del fallimento economico
della nostra società, e come dovremo fare tutti, mi prenderò la
responsabilità di questo.
E’ incredibile come lottare in ciò in cui si crede possa voler dire
contemporaneamente andare contro di esso, lo si intuisce semplicemente dal
fatto che le persone hanno inevitabilmente perso di vista quale sia la
realtà, o peggio si sono adagiati sulla bugia, quasi convincendosi delle
menzogne che si dicono o ci vengono dette, e la conseguenza di questo è
inevitabilmente quello che sentiamo al telegiornale, o almeno buona parte.
è tardi per salvarci da questo baratro fatto di precariato, povertà e
violenze sociali, non si può certo in qualche mese rimediare agli ultimi
20 anni, poco importa
se sarà l’11 novembre 2011 oppure no, sempre questione di tempo si
tratta. Abbiamo tuttavia ancora la possibilità di cambiare per garantire a
tutti noi un nuovo futuro negli anni a venire e dare ad ognuno ciò che
merita, e io personalmente come Uomo non intendo tollerare che il nostro
paese, il paese in cui vivo e sono cresciuto e amo, venga messo in
ginocchio e portato alla rovina, è questo che per me significa essere un
Soldato e un cittadino Italiano.
Scusate i molti link sulla stessa immagine, non sapevo quale era
corretto. e la prima volta che scrivo, ma ci tenevo, per cui grazie a
prescindere.
03/09/2011 Bastardi senza Nobel
(http://www.mentecritica.net)
Oggi ascoltavo quel Brunetta cresciuto del ministro del Welfare. Ne
ascoltavo la protervia di chi è appena sceso dall’auto blu perché lui è
lui e lo guardavo
gesticolare come un attore di telenovela colombiana
contro i “bastardi anni 70″. Quelli che hanno permesso,
tra l’altro, a quei socialisti
d’Italia come lui di imperversare nei successivi anni
Ottanta, con
la banda dei magliari di Craxi e dei suoi compagni
di tangente. Anni non bastardi ma bastardissimi che hanno incubato e
nutrito a spezia e pappa reale quell’autentico flagello della democrazia
che è il berlusconismo, che poi si è sdebitato arruolando nel governo del
fare (schifo) tutti i cascami della vecchia politica sopravvissuta a
Tangentopoli.
L’ho sentito infine rivendicare, tra i fischi di una platea cattolica,
mica di punkabbestia, che non ne apprezzava il tono inutilmente
scalmanato, un orgoglioso anticomunismo, forse l’ultima cedola rimastagli
nel carnet di buoni salvaculo da spendere per tentare di salire sulla
scialuppa di salvataggio ora che l’iceberg si sta avvicinando.
Alla fine, dopo tanto sbracciarsi, il Ministro del Welfare ha rimediato
solo il nocchino sul capo nientemeno che dal Cardinal Bertone, che gli ha
raccomandato di non fare strame delle cooperative. Un avvertimento oneroso
in porpora magna.
Perché Sacconi è quello che voleva cancellare
il riscatto di università e naja ma in realtà si
è sbagliato sui calcoli; pensava che i laureati
interessati fossero solo 4000 ma erano invece 600.000, e ha fatto fare la
figura
d’Italia al nano capo.
Sarebbe infine, giusto per non infierire, pure quello che ha rifilato alle
finanze sanitarie regionali un conto di
184.000.000 di euro per quel vaccino contro l’influenza
maiala H1N1 che ora sta andando a male sugli scaffali. Ancora un paio
di punzonature sulla scheda raccoglipunti e una bella interdizione
perpetua dai pubblici uffici gli starebbe a pennello.
Prima ho citato Brunetta, altro rivolo di percolato socialista che
inquina da troppi anni il terreno della politica. Ricordate quando, tutto
sudato ed in preda ad un accesso di autoerotismo millantatorio, raccontava
a Mentana di essere un
Nobel mancato per l’economia?
Per combinazione, l’altro giorno, leggevo su
“Inchiesta sul Potere”, la raccolta di articoli ed
inchieste di Giuseppe D’Avanzo appena pubblicata da
Repubblica, una vecchia intervista del giornalista scomparso con
Francesco De Lorenzo, il mai dimenticato Ministro
della Sanità (liberale) dei begli anni di Tangentopoli.
Anche lui a millantare di essere un quasiNobel e a sbatterci in faccia
un ego ipertrofico. L’intervista era del 1992 e non ho potuto fare a meno
di notare come nulla sia cambiato, di come abbiamo a che fare sempre con
i soliti personaggi tronfi e pieni di sé, che se li tocchi saltano su
come vipere a dare dei cretini a tutti. Nullità assolute, nani di fuori e
nani di dentro, incapaci alla resa dei conti di fronte ai problemi
concreti ma con una grandiosa coscienza di sé ed un potere immenso in mano
e per questo pericolosi come black mamba in libertà.
Arroganti so-tutto-io buoni solo ad arraffare e a cadere vittime – sia
benedetta la nemesi – di chi è ancora peggio di loro e riesce ad estorcer
loro il jackpot di una vita. Che l’Italia sia un paese dove tutte le
valvole etiche sono saltate lo dimostra il fatto che ormai i ladri rubano
in casa ai colleghi e sono convinta che chi paga non sa nemmeno più perché
lo fa.
“Mi dia 500.000 euro, se no parlo”. “Eccoli, qualcosa avrò fatto
senz’altro”.
Visto che sono bravissimi a fottersi le scialuppe di salvataggio,
se la nave affonderà c’è il rischio concreto di ritrovarci questi
bastardi senza Nobel tra qualche mese riciclati per l’ennesima volta. Non
più socialisti né berlusconiani, democristiani, forzitalioti o pidiellini
ma riformaqualcosa sicuramente. Cerchiamo di ricordarci
le loro facce almeno, non dimentichiamole mai, appendiamoci il loro
ritratto in bagno e tagliamoci la mano con una roncola piuttosto che
votarli di nuovo.