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04/09/2011 Default Italia, 67 Giorni al Fallimento. Beppe Grillo ha Ragione (http://www.mentecritica.net)

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Beppe Grillo, con grande coerenza, nonostante l’atmosfera di feroce giustizialismo che anche MenteCritica sta scientemente contribuendo a creare, ribadisce la sua posizione esplicitamente contraria alla pubblicazione dei redditi dei contribuenti on line. Diversi i motivi (nel 2008, fra l’altro, la sicurezza personale), ma stessa l’opinione.

Grillo ha ragione. L’eventuale pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi, se sarà approvata, se i comuni se ne prenderanno carico, se ci saranno risorse sufficienti, se e quando sarà on line, tirerà fuori il peggio da tutti noi: la propensione alla delazione (rigorosamente anonima) e al ricatto.

 

Dato a Cesare quel che è di Cesare, veniamo invece a quello che spetta a noi. L’alternativa quale sarebbe? Le indagini dell’agenzia delle entrate? Gli scudi rigorosamente anonimi? Gli scontrini controllati dai finanzieri all’uscita dal bar? Tutto organizzato e sistemato in modo da tutelare la pace sociale, la mielosa ipocrisia che consente all’evasore di eleggersi a cittadino modello, pontificare, criticare stato, istituzioni e cittadini tutelato dallo scintillante scudo della privacy.

Io della privacy me ne fotto. Nel senso che se uno mi deruba e contribuisce a seppellire il futuro dei miei figli a vantaggio dei suoi, ne voglio conoscere faccia, età, nome, cognome, indirizzo. Basta con la tutela solo per i colpevoli. Chi non delinque non vuole medaglie, ma il diritto di disprezzare chi lo prende per il culo, quello almeno, bisogna lasciarglielo.

Siamo una repubblica e i titoli nobiliari non sono più riconosciuti. Poco male, ci basta essere considerati dei galantuomini. Ma se cani e porci sono galantuomini e questo titolo è garantito costituzionalmente a prescindere se si sia dei mariuoli o no, allora tenetevelo perché non vale un cazzo.

Fra l’ipocrisia, il mutuo sostegno a tutela dei reciproci interessi, il sottobraccio complice e la delazione, il ricatto, la guerra sociale, io scelgo le seconde. Se proprio si deve mangiare merda che sia almeno una merda purificatrice e di cambiamento che della merda che mangiamo oggi ne ho mangiata tanta da non riuscire più ad ingoiare.

Quindi Beppe, se c’è da scegliere tra le riforme civili e rispettose da mettere in campo a babbo morto e il medioevo con i forconi e i roghi, io scelgo il forcone. Tu, che te lo puoi permettere, aspetta pure la Parusia.

03/09/2011 Fenomenologia dell’Opera Lirica (http://www.mentecritica.net)

Pregherai fino all’alba; io sarò teco.

Ricordo, quando avevo su per giù 12 anni, il senso di noia e di lacerante inedia nel sentir messa. Già allora la “fede”, inculcatami forzosamente dalla cultura cattolica imperante di questo paese, era emigrata in qualche anima più fertile, lasciandomi il senso di soffocante asfissia ogni qualvolta mamma mi obbligava, tutte le maledette domeniche, ad assistere a quel rito bizzarro.

Crescendo, naturalmente, gli obblighi imposti dall’alto (la mamma, non l’altissimo) vennero meno ma le rare occasioni in cui mi sono scontrato con il sacro rituale le ho percepite in modo diverso; il senso di morte per noia dovuto a quel tempo sprecato e che non passava mai si è trasformato in una sorta di ascolto critico, giovando alla mia percezione del tempo e pure al mio sollazzo.

Al di là delle preghiere recitate con meccanico distacco dalla maggioranza, mi divertono le prediche dei preti, tanto che spesso involontarie risa ironiche imbarazzano i miei parenti, costretti alla mia compagnia nel matrimonio o cresima di turno. Per non parlare del senso di letizia nel sentire gli anziani che anticipano il versi delle preghiere.

 

Non sono mai stato un amante della lirica, e sì che sono cresciuto lì “nei dintorni” con il “dolce dolce Ludovico Van prima di abbracciare la musica del diavolo , ma la lirica..che pacco.

Tre anni fa fui trascinato a vedere il Nabucco in Arena, un’esperienza straziante, dopo anni fui investito dallo stesso senso di lacerante noia e soffocamento che solo la messa e la mia giovane età priva di ascolto critico avevano sperimentato. Un inferno, il tempo che rallenta ad ogni strofa, come se mi guardassi cadere in buco nero in balia dell’orizzonte degli eventi (questa è troppo lunga e non ve la spiego, sappiate che è come vedersi cadere per un tempo tendente a infinito, se siete curiosi leggete qui), ogni atto che si trascina stanco un nuovo atto, il va pensiero che da quando è inno della lega non riesco più a sentire. Fu consolante vedere altre persone intorno a me essere investire dallo stesso senso di morte.

Mai più, dissi, ma l’universo non è deterministico, dio gioca a dadi e se la spassa pure, fatto sta che qualche giorno fa torno in Arena per l’Aida. Il senso di nausea era mitigato dal fatto che esperienza insegna e sapevo che qualcosa sarebbe cambiato, il mio genio avrebbe reagito nello stesso modo delle messe, creando un’analisi critica atta ad invertire il rallentamento dovuto alla noia, ripristinando il normale scorrere del tempo.

Nel corso dell’opera (4 atti, 3 ore nette più gli intervalli) la mia fantasia percorre le più svariate metafisiche e fenomenologie:

Mi guardo attorno, e come spesso accade in mille altre occasioni mi pongo delle domande.

Nella mia ignoranza lirica mi chiedo quante altre persone che si atteggiano a saccenti cultori in  realtà l’apprezzino più o meno quanto me. Un po’ come i cattolici della domenica, o quelli di Natale e Pasqua.

Sono sempre rimasto affascinato dal borghesismo del pubblico lirico, c’è pure scritto sul biglietto “in platea è richiesto l’abito scuro”. Immancabile la signorotta vestita di sbarluccicoso vestito arancione catarifrangente. Ma con questo ragionamento, penso, siamo quasi alla lotta di classe, e “io cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna [..] io, tirato su a castagne ed ad erba spagna ( Francesco Guccini – Addio )”  sono qui con la mia anonima camicetta bianca da ingegnere, ma comoda e fresca, e penso al possibile deserto economico che si può sviluppare nell’economia del post-apocalisse  “al cui fascino inquietante non riesco a sfuggire”. Il solito catastrofista, penso poi, con un sorriso ebete stampato in faccia.

Un tizio mi chiede di parlare sottovoce, 40 minuti dopo sta dormendo sulla spalla della sua signora.

E come tre anni fa già a metà del secondo atto vedo gente assopirsi, sonnecchiare, sbuffare, stiracchiarsi, scaccolarsi, fino al punto X, perché ogni opera  ha il suo hit  quella per cui viene ricordata, come fosse il singolo del disco o la canzone dell’estate.

Si, amico, ho uno zainetto. Dentro ho dell’acqua, fresca. In borsa termica. Perché mi guardi come se fosse un’anomalia? Dici che il simbolo dei pirati sul mio zainetto stona con la mia camicia da impiegato? Però mi guardi invidioso quando paghi 5 euro per una bibita in lattina mezza calda.

E fai due occhi così quando dal mio zainetto estraggo un contenitore con del fresco melone succoso meticolosamente tagliato a cubetti. Si, questa è una forchetta.

Perché vedi, sotto sotto io me ne fotto, se stono.

Quarto atto. Luci soffuse, mi ritrovo come spesso accade a guardare lassù, il cielo notturno e limpido da questo scorcio di Arena sembra una cupola dipinta da quei pittori di un tempo dimenticato. E mentre Aida e Radames recitano il loro destino io canticchio l’Aida di Rino, ben altri temi, e penso “Che genio, Cristo santo, che genio, cantare così l’amore per lei”.

Pace t’imploro ~ martire santo..eterno il pianto ~ sarà per me (( Chiusura del quarto atto ))Sipario.

Applausi, Viva Verdi, i cuscini non volano più come una volta e non ci sono più le mezze stagioni.

Comunque dai l’Aida non è male, andatevela a vedere. E ve lo dice uno che passa dagli Emperor ad Alice.

PS: questo è un post goliardico e ironico, i gusti sono gusti e non ci piove quindi non cacatemi il cazzo se a voi la lirica piace e se anticipate i versi delle preghiere.

03/09/2011 Default italia: la Nostra Colpa,la Nostra Svolta,il Nostro Essere (http://www.mentecritica.net)

Appare sempre più evidente quanto la condizione politica, economica e sociale nel nostro paese abbia ormai raggiunto un “default” che va ben oltre il fallimento inteso come brusca fine del nostro Status quo. E vero, abbiamo perso molto negli ultimi 15 anni, per colpa di politici che ci hanno portato letteralmente via la libertà di parola, la sicurezza economica dei nostri figli, la possibilità di vivere in modo dignitoso grazie a un buon lavoro e poter pagare le tasse con la consapevolezza che quando saremo vecchi e malandati il nostro paese si prenderà cura di noi esattamente con lo stesso amore con cui noi ci siamo presi cura di lui per tutta la vita.

 

Tutte cose che avevamo conquistato grazie al sangue dei nostri avi che avevano dato la vita per fare in modo che noi oggi avessimo la possibilità di avere ciò che loro non hanno avuto, ma di cui oggi rimane solo il ricordo di alcuni e poche celebrazioni annuali come il 25 aprile, che vogliono oltretutto toglierci per ricordarci quanto quei bei tempi in cui si lottava per un ideale, siano ormai finiti, ma come molti hanno già detto siamo noi che glielo abbiamo permesso, per colpa della nostra tolleranza, vigliaccheria e indifferenza, come dire, ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole… non c’è che da guardarsi allo specchio. (cit)

Dell’Italia all’estero si diceva che eravamo un paese solidale e religioso, e come dargli torto, d’altronde siamo impegnati in operazioni di peacekeeping da oltre 10 anni in guerre non volute da noi, per motivi credo giusti, almeno per come la vedo io, ma pagandone tuttavia il prezzo periodicamente con le nostre finanze carenti e il nostro sangue, e questo è purtroppo un dato di fatto, ma neanche questo è importante, poiché siamo talmente religiosi che speriamo ancora che un chissà quale messia arrivi e risolva di punto in bianco tutti i nostri problemi, inutile dire che non sarà mai così, anzi nel nostro caso morto un diavolo ne spunterà fuori un altro.

Sinceramente non avrei mai pensato quando 2 anni fa mi arruolai nelle Forze Armate, che il più grande nemico del mio amato paese sarei stato io,  sarebbe stata l’indifferenza degli italiani, convinto che chi ci avrebbe attaccato sarebbe stato qualcosa di estraneo a noi, che nonostante sapessi che la nostra classe dirigente, le nostre banche, le nostre imprese, fossero malate/a, speravo si sarebbero fermate in tempo per evitare a tutti noi lo spettro del baratro, nonostante avessi giurato di “essere fedele alla Repubblica Italiana al solo scopo del bene della Patria e di difenderla dai nemici sia esterni che interni” e in questo io personalmente ho fallito, più di altri soprattutto perché ne avevo la responsabilità in quanto difensore della patria, e mi appare sempre più evidente ora che siamo nell’ultima fase prima del fallimento economico della nostra società, e come dovremo fare tutti, mi prenderò la responsabilità di questo.

E’ incredibile come lottare in ciò in cui si crede possa voler dire contemporaneamente andare contro di esso, lo si intuisce semplicemente dal fatto che le persone hanno inevitabilmente perso di vista quale sia la realtà, o peggio si sono adagiati sulla bugia, quasi convincendosi delle menzogne che si dicono o ci vengono dette, e la conseguenza di questo è inevitabilmente quello che sentiamo al telegiornale, o almeno buona parte. è tardi per salvarci da questo baratro fatto di precariato, povertà e violenze sociali, non si può certo in qualche mese rimediare agli ultimi 20 anni, poco importa se sarà l’11 novembre 2011 oppure no, sempre questione di tempo si tratta. Abbiamo tuttavia ancora la possibilità di cambiare per garantire a tutti noi un nuovo futuro negli anni a venire e dare ad ognuno ciò che merita, e io personalmente come Uomo non intendo tollerare che il nostro paese, il paese in cui vivo e sono cresciuto e amo, venga messo in ginocchio e portato alla rovina, è questo che per me significa essere un Soldato e un cittadino Italiano.

Scusate i molti link sulla stessa immagine, non sapevo quale era corretto. e la prima volta che scrivo, ma ci tenevo, per cui grazie a prescindere.

03/09/2011 Bastardi senza Nobel (http://www.mentecritica.net)

Oggi ascoltavo quel Brunetta cresciuto del ministro del Welfare. Ne ascoltavo la protervia di chi è appena sceso dall’auto blu perché lui è lui e lo guardavo gesticolare come un attore di telenovela colombiana contro i “bastardi anni 70″. Quelli che hanno permesso, tra l’altro, a quei socialisti d’Italia come lui di imperversare nei successivi anni Ottanta, con la banda dei magliari di Craxi e dei suoi compagni di tangente. Anni non bastardi ma bastardissimi che hanno incubato e nutrito a spezia e pappa reale quell’autentico flagello della democrazia che è il berlusconismo, che poi si è sdebitato arruolando nel governo del fare (schifo) tutti i cascami della vecchia politica sopravvissuta a Tangentopoli.

 

L’ho sentito infine rivendicare, tra i fischi di una platea cattolica, mica di punkabbestia, che non ne apprezzava il tono inutilmente scalmanato,  un orgoglioso anticomunismo, forse l’ultima cedola rimastagli nel carnet di buoni salvaculo da spendere per tentare di salire sulla scialuppa di salvataggio ora che l’iceberg si sta avvicinando.
Alla fine, dopo tanto sbracciarsi, il Ministro del Welfare ha rimediato solo il nocchino sul capo nientemeno che dal Cardinal Bertone, che gli ha raccomandato di non fare strame delle cooperative. Un avvertimento oneroso in porpora magna.

Perché Sacconi è quello che voleva cancellare il riscatto di università e naja ma in realtà si è sbagliato sui calcoli; pensava che i laureati interessati fossero solo 4000 ma erano invece 600.000, e ha fatto fare la figura d’Italia al nano capo.
Sarebbe infine, giusto per non infierire, pure quello che ha rifilato alle finanze sanitarie regionali un conto di 184.000.000 di euro per quel vaccino contro l’influenza maiala H1N1 che ora sta andando a male sugli scaffali. Ancora un paio di punzonature sulla scheda raccoglipunti e una bella interdizione perpetua dai pubblici uffici gli starebbe a pennello.

Prima ho citato Brunetta, altro rivolo di percolato socialista che inquina da troppi anni il terreno della politica. Ricordate quando, tutto sudato ed in preda ad un accesso di autoerotismo millantatorio, raccontava a Mentana di essere  un Nobel mancato per l’economia?
Per combinazione, l’altro giorno, leggevo su “Inchiesta sul Potere”, la raccolta di articoli ed inchieste di Giuseppe D’Avanzo appena pubblicata da Repubblica, una vecchia intervista del giornalista scomparso con Francesco De Lorenzo, il mai dimenticato Ministro della Sanità (liberale) dei begli anni di Tangentopoli.

Anche lui a millantare di essere un quasiNobel e a sbatterci in faccia un ego ipertrofico. L’intervista era del 1992 e non ho potuto fare a meno di notare come nulla sia cambiato,  di come abbiamo a che fare sempre con i soliti personaggi tronfi e pieni di sé,  che se li tocchi saltano su come vipere a dare dei cretini a tutti. Nullità assolute, nani di fuori e nani di dentro, incapaci alla resa dei conti di fronte ai problemi concreti ma con una grandiosa coscienza di sé ed un potere immenso in mano e per questo pericolosi come black mamba in libertà.
Arroganti so-tutto-io buoni solo ad arraffare e a cadere vittime – sia benedetta la nemesi – di chi è ancora peggio di loro e riesce ad estorcer loro il jackpot di una vita. Che l’Italia sia un paese dove tutte le valvole etiche sono saltate lo dimostra il fatto che ormai i ladri rubano in casa ai colleghi e sono convinta che chi paga non sa nemmeno più perché lo fa.
“Mi dia 500.000 euro, se no parlo”. “Eccoli, qualcosa avrò fatto senz’altro”.

Visto che sono bravissimi a fottersi le scialuppe di salvataggio, se la nave affonderà c’è il rischio concreto di ritrovarci questi bastardi senza Nobel tra qualche mese riciclati per l’ennesima volta. Non più socialisti né berlusconiani, democristiani,  forzitalioti o pidiellini ma riformaqualcosa sicuramente. Cerchiamo di ricordarci le loro facce almeno, non dimentichiamole mai, appendiamoci il loro ritratto in bagno e tagliamoci la mano con una roncola piuttosto che votarli di nuovo.

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