L’andamento del gettito è sempre difficile da prevedere, perché molteplici
sono i fattori da cui dipende. Tuttavia, quest’anno la successione di previsioni
al rialzo è continua. Se è una buona notizia per i conti pubblici, non
altrettanto sembra esserlo dal punto di vista della trasparenza e affidabilità
con cui vengono redatte le previsioni di bilancio. Poche le spiegazioni finora
offerte sulle cause delle revisioni, cosicché i motivi per cui gli incassi
stanno andando molto meglio del previsto restano ancora largamente sconosciuti.
Le previsioni per il gettito 2006 fino all’ultimo Dpef …
Chiunque mettesse a confronto i due ultimi documenti di programmazione
economica e finanziaria resterebbe certamente sorpreso nel notare che le entrate
previste per il 2006 nel Dpef del luglio 2006 sono superiori di ben 34 miliardi
rispetto a quelle stimate per lo stesso anno nel Dpef del luglio 2005. Va però
ricordato che nel frattempo, l’Istat ha operato una revisione dei dati di
contabilità nazionale (secondo criteri armonizzati in ambito comunitario), che
ha avuto impatti di rilievo sui conti nazionali e sui conti pubblici. Se si
osservano i dati della Relazioni di Cassa del marzo 2006(link), che incorporano
la revisione statistica, si può stimare che circa 17 dei 34 miliardi sono
imputabili alle diverse convenzioni contabili utilizzate. La differenza di
previsione fra i due Dpef si dimezza a 17 miliardi. I fattori, discrezionali e
automatici, che concorrono a spiegarla sono molteplici. L’apporto di ciascuno di
essi è oggettivamente difficile da ricostruire, anche per le carenze delle
informazioni di cui si può disporre.
Fattori discrezionali
Le previsioni contenute nei Dpef tengono conto degli effetti delle norme
approvate fino al momento della loro elaborazione (sono, come si dice, "a
legislazione vigente").
La variazione delle previsioni di entrata che si registra fra l’uno e l’altro
documento riflette quindi gli effetti esercitati sulle entrate dai provvedimenti
adottati nel periodo di tempo intercorso fra il luglio 2005 e il luglio 2006.
Quelli introdotti con la manovra finanziaria per il 2006 dovevano comportare,
secondo le valutazioni contenute nel Programma di stabilità(link) di dicembre
2005, maggiori entrate nette per 7 miliardi (come saldo fra maggiori entrate per
10,7 miliardi e minori entrate per 3,7). A essi vanno aggiunte le entrate attese
dal decreto Bersani-Visco del luglio 2006 (decreto 223): nel 2006, circa 3,8
miliardi, secondo le stime presentate nella Relazione tecnica di
accompagnamento.
Nel complesso, gli interventi "discrezionali" potrebbero spiegare circa 11
dei 17 miliardi di differenza residua
Fattori automatici
Una crescita del reddito nazionale, ampliando la base imponibile di molti
tributi, determina automaticamente un aumento del gettito fiscale. Questo
effetto dovrebbe essere inglobato nelle previsioni.
Il Dpef 2005 ipotizzava un aumento del Pil nominale per il 2006 del 3,9 per
cento, ma solo dell’1,1 per cento delle entrate. Il Dpef 2006, invece, corregge
al ribasso, al 3,5 per cento, la crescita prevista del Pil, ma allinea a questo
tasso di crescita l’andamento delle entrate (+3,4 per cento), al netto degli
effetti discrezionali. La diversa ipotesi circa la sensibilità delle entrate
tributarie alla crescita del Pil nominale sembra in grado di spiegare gli ultimi
6 miliardi di differenza fra le previsioni dei due documenti di programmazione
economica e finanziaria.
La sottostima delle entrate contenuta nel Dpef 2005 potrebbe essere
giustificata dalle difficoltà a incorporare nei modelli previsivi le frequenti
modifiche introdotte nella struttura di alcune importanti imposte. Oppure
potrebbe essere finalizzata a indurre un contenimento delle spese. O a fare
apparire una pressione fiscale tendenzialmente in calo: il Dpef su base annua.
Il governo, presumibilmente utilizzando per quest’analisi i dati
sull’autotassazione di luglio (non ancora resi noti), ha valutato che ciò
corrisponde a una variazione strutturale delle entrate pari a 5 miliardi, non
compresa nelle previsioni del Dpef 2006 su cui si basava l’entità della manovra
di aggiustamento prospettata per il 2007.
Sarebbe interessante, e importante, in un’ottica di trasparenza, conoscere
con più precisione su quali elementi il governo ha fondato la sua valutazione.
Il prossimo assestamento di bilancio potrebbe essere l’occasione per farlo.
Cosa può essere successo?
La valutazione effettuata dal governo potrebbe essere più o meno "solida" a
seconda del peso che è stato assegnato ai fattori che concorrono a spiegare la
dinamica registrata negli accertamenti.
Una prima possibile spiegazione è che gli effetti delle norme discrezionali
di aumento delle entrate nette siano stati sottostimati. Si può allora parlare
di incremento strutturale delle entrate se gli elementi a disposizione
permettono di ritenere che vi sia stata una sottostima non già di entrate una
tantum o che comportano una mera redistribuzione temporale del prelievo (come la
revisione dei regimi di ammortamento o la rivalutazione dei beni di impresa),
quanto dell’impatto di interventi normativi da cui ci si attendono effetti
permanenti.
Può avere inoltre contribuito il cosiddetto effetto "Visco": la presa di
posizione esplicita del viceministro, e dell’intero governo, di condanna delle
politiche dei condoni e a favore dell’avvio di una decisa azione di contrasto
all’evasione possono aver aumentato la propensione dei contribuenti a un
assolvimento spontaneo dei loro obblighi tributari. La quantificazione di questo
effetto è per sua natura incerta e la sua iscrizione fra le entrate strutturali
opinabile.
Possono essere infine aumentate automaticamente le basi imponibili o perché
la crescita è più sostenuta di quanto previsto o perchè si è modificata la
composizione del Pil. Anche in questo caso, però, oltre a individuare con più
precisione gli effetti per le singole tipologie di imposta, è necessario, per
quanto non facile, distinguere quanto può essere ritenuto strutturale e quanto
legato all’andamento congiunturale.
Si può fare molto di più e molto meglio
Nonostante le difficoltà, è indubbio che si possa e si debba fare molto per
migliorare le informazioni e permettere quindi, prima di tutto al governo e poi,
in ragione di una necessaria trasparenza, anche all’opinione pubblica, di
valutare in corso d’opera l’andamento delle entrate pubbliche.
A tal fine, le previsioni relative alle singole imposte dovrebbero tenere
distinti gli effetti imputabili al ciclo (automatici) da quelli discrezionali,
ma anche distinguere all’interno di questi ultimi:
a) le variazioni con effetto una tantum, che comportano un amento di prelievo
solo in uno o pochi anni;
b) le variazioni che riflettono un anticipo nel pagamento delle imposte: per
esempio, modifiche nei regimi di ammortamento, ma anche rivalutazioni che
comporteranno minor gettito al realizzo, solitamente non contabilizzato;
c) le variazioni strutturali, ossia variazioni permanenti del prelievo.
Un primo importante passo potrebbe essere quello di introdurre l’obbligo di
una relazione tecnica sui provvedimenti definitivamente approvati (1) e
impostare un attento monitoraggio dei risultati delle manovre effettuate. Come
mostra il caso di altri paesi (per esempio, il Regno Unito), la definizione
degli obiettivi di incasso e la verifica dei risultati raggiunti è possibile,
seppure con gli ovvi margini di errore impliciti nella previsioni, anche per le
misure di cui è più difficile quantificare gli effetti: quelle di contrasto
dell’evasione. 1) Oggi l’obbligo riguarda solo i provvedimenti presentati e non
si hanno quindi valutazioni degli effetti delle modifiche introdotte durante
l’iter parlamentare
Allegati
Dpef 2007-2011
Dpef 2006-2009
Trimestrale di cassa - marzo 2006
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