14/09/2006 Le Entrate a Sorpresa (Silvia Giannini,Maria Cecilia Guerra, www.lavoce.info)

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  • L’andamento del gettito è sempre difficile da prevedere, perché molteplici sono i fattori da cui dipende. Tuttavia, quest’anno la successione di previsioni al rialzo è continua. Se è una buona notizia per i conti pubblici, non altrettanto sembra esserlo dal punto di vista della trasparenza e affidabilità con cui vengono redatte le previsioni di bilancio. Poche le spiegazioni finora offerte sulle cause delle revisioni, cosicché i motivi per cui gli incassi stanno andando molto meglio del previsto restano ancora largamente sconosciuti.

    Le previsioni per il gettito 2006 fino all’ultimo Dpef …

    Chiunque mettesse a confronto i due ultimi documenti di programmazione economica e finanziaria resterebbe certamente sorpreso nel notare che le entrate previste per il 2006 nel Dpef del luglio 2006 sono superiori di ben 34 miliardi rispetto a quelle stimate per lo stesso anno nel Dpef del luglio 2005. Va però ricordato che nel frattempo, l’Istat ha operato una revisione dei dati di contabilità nazionale (secondo criteri armonizzati in ambito comunitario), che ha avuto impatti di rilievo sui conti nazionali e sui conti pubblici. Se si osservano i dati della Relazioni di Cassa del marzo 2006(link), che incorporano la revisione statistica, si può stimare che circa 17 dei 34 miliardi sono imputabili alle diverse convenzioni contabili utilizzate. La differenza di previsione fra i due Dpef si dimezza a 17 miliardi. I fattori, discrezionali e automatici, che concorrono a spiegarla sono molteplici. L’apporto di ciascuno di essi è oggettivamente difficile da ricostruire, anche per le carenze delle informazioni di cui si può disporre.

    Fattori discrezionali

    Le previsioni contenute nei Dpef tengono conto degli effetti delle norme approvate fino al momento della loro elaborazione (sono, come si dice, "a legislazione vigente").

    La variazione delle previsioni di entrata che si registra fra l’uno e l’altro documento riflette quindi gli effetti esercitati sulle entrate dai provvedimenti adottati nel periodo di tempo intercorso fra il luglio 2005 e il luglio 2006.

    Quelli introdotti con la manovra finanziaria per il 2006 dovevano comportare, secondo le valutazioni contenute nel Programma di stabilità(link) di dicembre 2005, maggiori entrate nette per 7 miliardi (come saldo fra maggiori entrate per 10,7 miliardi e minori entrate per 3,7). A essi vanno aggiunte le entrate attese dal decreto Bersani-Visco del luglio 2006 (decreto 223): nel 2006, circa 3,8 miliardi, secondo le stime presentate nella Relazione tecnica di accompagnamento.

    Nel complesso, gli interventi "discrezionali" potrebbero spiegare circa 11 dei 17 miliardi di differenza residua

    Fattori automatici

    Una crescita del reddito nazionale, ampliando la base imponibile di molti tributi, determina automaticamente un aumento del gettito fiscale. Questo effetto dovrebbe essere inglobato nelle previsioni.

    Il Dpef 2005 ipotizzava un aumento del Pil nominale per il 2006 del 3,9 per cento, ma solo dell’1,1 per cento delle entrate. Il Dpef 2006, invece, corregge al ribasso, al 3,5 per cento, la crescita prevista del Pil, ma allinea a questo tasso di crescita l’andamento delle entrate (+3,4 per cento), al netto degli effetti discrezionali. La diversa ipotesi circa la sensibilità delle entrate tributarie alla crescita del Pil nominale sembra in grado di spiegare gli ultimi 6 miliardi di differenza fra le previsioni dei due documenti di programmazione economica e finanziaria.

    La sottostima delle entrate contenuta nel Dpef 2005 potrebbe essere giustificata dalle difficoltà a incorporare nei modelli previsivi le frequenti modifiche introdotte nella struttura di alcune importanti imposte. Oppure potrebbe essere finalizzata a indurre un contenimento delle spese. O a fare apparire una pressione fiscale tendenzialmente in calo: il Dpef su base annua. Il governo, presumibilmente utilizzando per quest’analisi i dati sull’autotassazione di luglio (non ancora resi noti), ha valutato che ciò corrisponde a una variazione strutturale delle entrate pari a 5 miliardi, non compresa nelle previsioni del Dpef 2006 su cui si basava l’entità della manovra di aggiustamento prospettata per il 2007.

    Sarebbe interessante, e importante, in un’ottica di trasparenza, conoscere con più precisione su quali elementi il governo ha fondato la sua valutazione. Il prossimo assestamento di bilancio potrebbe essere l’occasione per farlo.

    Cosa può essere successo?

    La valutazione effettuata dal governo potrebbe essere più o meno "solida" a seconda del peso che è stato assegnato ai fattori che concorrono a spiegare la dinamica registrata negli accertamenti.

    Una prima possibile spiegazione è che gli effetti delle norme discrezionali di aumento delle entrate nette siano stati sottostimati. Si può allora parlare di incremento strutturale delle entrate se gli elementi a disposizione permettono di ritenere che vi sia stata una sottostima non già di entrate una tantum o che comportano una mera redistribuzione temporale del prelievo (come la revisione dei regimi di ammortamento o la rivalutazione dei beni di impresa), quanto dell’impatto di interventi normativi da cui ci si attendono effetti permanenti.

    Può avere inoltre contribuito il cosiddetto effetto "Visco": la presa di posizione esplicita del viceministro, e dell’intero governo, di condanna delle politiche dei condoni e a favore dell’avvio di una decisa azione di contrasto all’evasione possono aver aumentato la propensione dei contribuenti a un assolvimento spontaneo dei loro obblighi tributari. La quantificazione di questo effetto è per sua natura incerta e la sua iscrizione fra le entrate strutturali opinabile.

    Possono essere infine aumentate automaticamente le basi imponibili o perché la crescita è più sostenuta di quanto previsto o perchè si è modificata la composizione del Pil. Anche in questo caso, però, oltre a individuare con più precisione gli effetti per le singole tipologie di imposta, è necessario, per quanto non facile, distinguere quanto può essere ritenuto strutturale e quanto legato all’andamento congiunturale.

    Si può fare molto di più e molto meglio

    Nonostante le difficoltà, è indubbio che si possa e si debba fare molto per migliorare le informazioni e permettere quindi, prima di tutto al governo e poi, in ragione di una necessaria trasparenza, anche all’opinione pubblica, di valutare in corso d’opera l’andamento delle entrate pubbliche.

    A tal fine, le previsioni relative alle singole imposte dovrebbero tenere distinti gli effetti imputabili al ciclo (automatici) da quelli discrezionali, ma anche distinguere all’interno di questi ultimi: 

    a) le variazioni con effetto una tantum, che comportano un amento di prelievo solo in uno o pochi anni; 

    b) le variazioni che riflettono un anticipo nel pagamento delle imposte: per esempio, modifiche nei regimi di ammortamento, ma anche rivalutazioni che comporteranno minor gettito al realizzo, solitamente non contabilizzato;

    c) le variazioni strutturali, ossia variazioni permanenti del prelievo.

    Un primo importante passo potrebbe essere quello di introdurre l’obbligo di una relazione tecnica sui provvedimenti definitivamente approvati (1) e impostare un attento monitoraggio dei risultati delle manovre effettuate. Come mostra il caso di altri paesi (per esempio, il Regno Unito), la definizione degli obiettivi di incasso e la verifica dei risultati raggiunti è possibile, seppure con gli ovvi margini di errore impliciti nella previsioni, anche per le misure di cui è più difficile quantificare gli effetti: quelle di contrasto dell’evasione. 1) Oggi l’obbligo riguarda solo i provvedimenti presentati e non si hanno quindi valutazioni degli effetti delle modifiche introdotte durante l’iter parlamentare



    Allegati Dpef 2007-2011

    Dpef 2006-2009

    Trimestrale di cassa - marzo 2006


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