Rapporto di Human rights: in nome della lotta al terrorismo ancora calpestati i diritti umani di prigionieri o semplici sospetti
Il
Rapporto Mondiale sui Diritti
Umani è stato presentato il 18 gennaio scorso a Washington. Nel
documento si legge che "la tortura e i maltrattamenti sono ormai
parte integrante della strategia antiterrorista
dell'amministrazione Bush".
Kenneth Roth,
il Direttore esecutivo dello Human Rights Watch, l'organizzazione
statunitense che monitora ogni anno il comportamento di oltre 60 paesi,
spiega che "la lotta contro il terrorismo non può non tenere conto della
difesa dei diritti umani". Scorrendo le 532 pagine del rapporto
si scopre che questi comportamenti non sono imputabili alla violenza di
qualche soldato di grado inferiore, ma che si tratta di una strategia
politica ben precisa, elaborata e deliberata dagli alti funzionari del
governo americano.
"L'amministrazione Bush
- dice Roth - deve nominare una commissione speciale per
indagare su questi abusi, mentre il Congresso deve nominare un organo
indipendente e superpartes per monitorare l'andamento delle
indagini". "I maltrattamenti - sottolinea Roth - non fanno altro che
incoraggiare i terroristi ad assumere atteggiamenti
ancora più violenti".
Non sono, comunque,
solamente gli Stati Uniti ad essere sul banco degli imputati per la
violazione dei diritti umani. Anche Gran Bretagna e Canada hanno
tentato, sostiene il documento, di eludere le regole alla base della
difesa dei diritti dell'uomo. E sempre nei confronti di persone solo
sospettate di appartenere a organizzazioni terroristiche. Numerosi paesi,
tra cui l'Uzbékistan, la Russia e la Cina, hanno utilizzato
l'argomento della "guerra al terrorismo" per sbarazzarsi degli avversari
politici, considerandoli "terroristi islamici".
Nel maggio scorso, il
governo uzbéko ha massacrato centinaia di manifestanti ad Andijan.
Il governo sudanese prosegue nella tragica pulizia etnica in Darfur,
delle atrocità sono state commesse nella Repubblica Democratica del
Congo, così come in Cecenia. In Birmania si è verificata una
violenta repressione nei confronti della gente che manifestava, come in
Corea del Nord, in Turkménistan, nel Tibet e nella regione di
Xinjiang in Cina.
Siria e Vietnam
hanno continuato a restringere le libertà della società civile e lo
Zimbabwe ha effettuato delle espulsioni forzate sulla base di
motivazioni politiche.
Nel rapporto vengono
anche messi in evidenza dei comportamenti virtuosi. I
paesi "occidentali", ad esempio, hanno sostenuto la difesa dei diritti
umani in Birmania e nella Corea del Nord. Dal canto loro, pure i paesi in
via di sviluppo hanno giocato un ruolo positivo: l'India ha sospeso gli
aiuti militari al Nepal dopo il colpo di stato del Re, mentre
l'Associazione delle Nazioni dell'Asia del Sud-Est (ANASE) ha obbligato il
presidente della Birmania a lasciare il suo ruolo nel 2006 in ragione
degli atteggiamenti deplorevoli in materia di difesa dei diritti umani.
E gli europei come si
comportano in merito alla tutela dei diritti umani? Il rapporto
giudica negativamente l’ambivalenza dell'Unione europea nei
confronti della Russia in relazione al comportamento delle forze
militari in Cecenia, più volte condannato da Bruxelles, anche se in
seguito, a causa della questione energetica e di altri interessi
politico-economici numerosi leader di stati europei non hanno esitato
a proclamare la propria vicinanza e amicizia col presidente Putin.
Stesso atteggiamento
ambiguo è stato adottato nei confronti della Cina. Per
timore di perdere i legami economici col colosso cinese, i governi europei
hanno più volte chiuso gli occhi di fronte a palesi violazioni dei diritti
umani. Il documento presenta, comunque, anche delle note positive
sull'Europa. In primis, la pressione esercitata nei confronti della
Turchia in cambio della possibilità di entrare a far parte dell'Unione.
Esempi di atteggiamenti
positivi, si legge nel documento, da parte di stati europei giungono da
Italia, Germania e Svezia in relazione al caso che ha visto la Cia
accusata di aver prelevato illegalmente dai territori di queste
nazioni presunti terroristi per portarli in Egitto o Afganistan e
sottoporli agli "interrogatori speciali
Archivio Diritti Umani
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