Potranno essere torturati. Non avranno diritto
all’assistenza legale. Le prove a loro carico rimarranno
segrete, né dopo una eventuale sentenza dei Tribunali,
potranno ricorrere in appello. La firma del Presidente
Gorge W. Bush sulla legge che autorizza la tortura come
metodo d’interrogatorio, denominata “Legge sulle
Commissioni Militari”, cancella, oltre ogni ragionevole
convincimento, la storia giuridica degli Stati Uniti
dall’inizio del ‘900 ad oggi. Con la trasformazione in
legge della pratica della tortura, infatti, gli Stati
Uniti escono dalla loro stessa storia e si avviano, con
piglio e foga degni di nota, nell’alveo dei paesi che
piegano i principi giurisprudenziali e le regole della
convivenza civile a elementi subordinati alle scelte
politiche dell’Amministrazione che li governa. Non ci si
trova più di fronte ad un governo che rispetta le leggi ed
il dettato Costituzionale sul quale ha giurato, ma ad una
Costituzione che viene manipolata e stravolta in funzione
delle esigenze politiche di chi governa. La nuova legge
rende carta straccia tutte le convenzioni internazionali e
buona parte dello stesso diritto statunitense.
"Nulla potrebbe essere più lontano dai valori americani"
ha detto Anthony Romero, Direttore dell'Unione americana
per le libertà civili". "E' una delle leggi peggiori mai
approvate nella storia americana - ha proseguito Romero -
e la gravità sta nel fatto che che adesso il Presidente,
con l'approvazione del Congresso, può detenere a tempo
illimitato persone verso le quali non é stata formulata
nessuna accusa". "Può consentire gli abusi più terribili -
ha aggiunto Romero - consentire processi sulla base di
dicerie, autorizzare i giudici ad emettere condanne a
morte sulla base d'informazioni raccolte da detenuti
picchiati e respingere petizioni formulate in base all'habeas
corpus".
Questa Amministrazione si è caratterizzata, fin
dall’inizio, come la vera risposta dispotica al diritto.
Mentendo palesemente di fronte al mondo per occupare le
riserve energetiche di cui non disponeva, ha cominciato un
cammino di revisione totale dei principi e delle norme su
cui si reggono la giurisprudenza internazionale ed
interna, a tutto vantaggio del nuovo disegno imperiale
neocon. Si è rifiutata di sottoscrivere l’accordo sul
Tribunale penale internazionale. Ha dato continuità alla
vigenza della legge Helms-Burton. Ha diramato il
Patrioct act che, in primo luogo, abolisce l’habeas
corpus (la legge pilastro del diritto penale
anglosassone promulgata nel 1679 per evitare abusi contro
i cittadini in arresto, permettendogli di conoscerne i
motivi e di ottenere il rilascio su cauzione ndr).
Ha reso legittime le intercettazioni illegali di milioni
di cittadini statunitensi (condannate da sentenze di
tribunale). Ha sostenuto e sostiene la legalità delle
torture dei detenuti praticate ad Abu Ghraib e Guantanamo.
Ha offerto copertura giuridica al sequestro dei presunti
sospetti e alla loro deportazione in paesi terzi fino
all’occupazione illegittima di paesi “nemici” disegnando
un substrato di regime poliziesco che trova oggi la sua
consacrazione legislativa.
Abusi, maltrattamenti, intercettazioni, sequestri e
torture non sono quindi, da ora, deviazioni non
autorizzate, comunque deprecabili, in un sistema di
garanzie giuridiche corrette, ma diventano pratiche
legalmente ammesse dalla legislazione nazionale.
Inutile aggrapparsi con le unghie sui vetri, continuando a
vedere negli Stati Uniti un punto di riferimento per gli
assetti democratici, dal momento che Washington esplicita
con vigore la concezione giuridica e politica del Nuovo
Ordine Mondiale in aperta rottura con quanto fino ad ora
determinato dalle leggi internazionali. Potrà piacere o
no, scatenare indignazione o compiacimento, ma la realtà é
che la legge che istituisce la legittimità della tortura e
delle deportazioni, firmata dal Presidente Bush e
approvata dal Senato due settimane orsono, ratifica sul
piano giuridico - e quindi formale - l’ingresso degli
Stati Uniti nella classifica degli stati autoritari. Solo
gli Stati Uniti infatti, unici, dispongono di un sistema
legislativo che rifiuta in fatto e ora anche in diritto la
Convenzione di Ginevra e la Convenzione Onu sulla tortura
del 1984, (ratificata dagli stessi Usa) e, da ora,
permettono la tortura, l’umiliazione ed i trattamenti
disumani e degradanti contro i prigionieri. Washington
cessa di essere, per chi voleva vederla così, il
principale avversario del terrorismo internazionale
all'interno dello schieramento democratico e diventa, per
chi non vuole chiudere gli occhi davanti alla realtà, il
più importante dei paesi antidemocratici; una potenza
economica e militare enorme nelle mani di un manipolo di
personaggi che hanno deturpato definitivamente la civiltà
del loro paese in ragione dei loro affari privati.
Altro che l’american dream, altro che guida
dell’Occidente e dei suoi valori democratici.
L’Amministrazione Bush e la sua maggioranza parlamentare
al Congresso e al Senato consegnano alla storia una
strategia di dominio imperiale che affida all’esclusivo
uso della forza il terreno di confronto con il resto del
pianeta. Sanciscono la validità della forza come
metodologia di governance globale. Assegnano ad
una giurisprudenza ferita al cuore nei suoi principi
originari sanciti dai padri costituenti, il valore di pura
accademia e propongono la connotazione definitiva di una
legislazione che si voleva emergenziale e che viola nel
profondo il diritto internazionale e quello interno degli
Stati Uniti.
L’Amministrazione Bush, la peggiore degli oltre 200 anni
di storia a stelle e strisce, riduce ad avversari paesi e
norme che non aderiscono alla loro dionisiaca volontà di
potenza e ignora i principi di convivenza internazionale
sanciti dai diversi codici, ivi compresa la Carta delle
Nazioni Unite. Ci troviamo di fronte una Amministrazione
che crede di poter affrontare la sua crisi di leadership
dichiarando nei fatti nulla la sua Costituzione e
identificando come “scorie” i Trattati internazionali
firmati dagli stessi Usa. Non bastasse, nelle stesse ore
in cui firmava la legge con la quale si autorizza la
tortura, il Presidente degli Stati Uniti ha anche firmato
la “Politica nazionale dello spazio”, documento che
rappresenta la prima revisione delle strategie in materia
degli ultimi dieci anni, nel quale si afferma che ''la
libertà di azione nello spazio é importante per gli Stati
Uniti come la potenza aerea e marittima''.
Secondo quanto rivela il Washington Post, la
nuova dottrina afferma il diritto a negare l'accesso allo
spazio a chiunque sia ''ostile agli interessi americani''
e respinge futuri accordi sul controllo delle armi che
possano limitare la flessibilità degli Stati Uniti nello
spazio. C’è un ulteriore salto, persino nei confronti
della “guerra stellare” di Reagan; se infatti la prima si
diceva, almeno a parole, destinata a creare un “ombrello
protettivo” per gli Stati Uniti, garantendone attraverso
un sistema di difesa satellitare la sua inviolabilità
territoriale dai missili balistici, il documento firmato
da Bush stabilisce la proprietà statunitense dello spazio,
il suo uso a scopi militari e la proibizione ad altri di
penetrarvi. Sancisce, insomma, l’estensione del territorio
statunitense all’universo.
Una Amministrazione che ritiene che sequestrare, torturare
ed uccidere i prigionieri, intercettare illegalmente e
violare i diritti civili dei suoi stessi cittadini sia
possibile, che ritiene che persino le stelle ed i pianeti
siano loro proprietà, è una Amministrazione di disperati.
Che vede nella guerra contro tutto e tutti la sola
possibilità di sopravvivenza dell’impero e, nella guerra
alla civiltà, la soluzione ultima del cosiddetto scontro
di civiltà; che ritiene di poter progettare – per tentare
di risolvere la sua crisi di rappresentanza e di
leadership - la fine della comunità internazionale, intesa
questa come sistema di governo mondiale che si regge su
reciproci compiti, responsabilità e vincoli. Il presidente
petroliere, prodotto intermedio di una famiglia che ha
riempito di sangue e disonore la storia statunitense,
somiglia sempre più a Nerone e la sua Amministrazione
sembra vivere gli ultimi giorni di Pompei.
Non c’entra lo scontro di civiltà, copertina ideologica di
quello sulle risorse; nello scontro tra democrazia e
dispotismo, tra convivenza e terrorismo, nell'affermazione
di un modeloo di democrazia globale che armonizzi
differenze e riduca i conflitti, la linea politica di
Washington non è più la possibile soluzione: è il
problema
19/10/2006 Bush firma il Military Commission Act
La nuova legge lascia al
presidente decidere, secondo una definizione vaga ed ambigua, chi è un
"combattente nemico illegale". Questa definizione comprende non solo chi si
è impegnato in atti ostili contro gli Stati Uniti o i suoi co-belligeranti,
ma anche chi intenzionalmente e materialmente sostiene tali ostilità. Le
prove al riguardo non devono essere rese pubbliche
Per noi cittadini statunitensi, il giorno 17 ottobre 2006 verrà ricordato
come un giorno nero nella storia del nostro paese, il giorno in cui il
presidente George W. Bush ha firmato il Military Commissions Act of 2006.
Questa nuova legge, autorizzata dal Congresso (altro giorno nero ...),
conferisce poteri senza precedenti al presidente per imprigionare chiunque
egli dovesse ritenere un "combattente nemico illegale" e processarlo
attraverso commissioni militari.
In conseguenza di questa legge, ci si chiede se il Ministero degli Esteri
italiano ha in programma di diramare un avviso per i cittadini italiani che
intendono recarsi negli Stati Uniti. Tale avviso dovrebbe spiegare che la
nuova legge lascia al presidente decidere, secondo una definizione vaga ed
ambigua, chi è un "combattente nemico illegale". Questa definizione
comprende non solo chi si è impegnato in atti ostili contro gli Stati Uniti
o i suoi co-belligeranti, ma anche chi intenzionalmente e materialmente
sostiene tali ostilità. Le prove al riguardo non devono essere rese
pubbliche.
L'avviso dovrebbe sottolineare che i cittadini non statunitensi definiti
come "combattenti nemici illegali" potrebbero essere arrestati, anche senza
capi d'accusa, e imprigionati a tempo indeterminato. La nuova legge,
infatti, elimina il diritto all'habeas corpus, ossia il diritto di
contestare i motivi della propria detenzione davanti a un tribunale civile.
Secondo i termini di questa legge, se e quando il detenuto viene processato
ciò sarà attraverso una commissione militare istituita dal Ministro della
Difesa o da altro ufficiale militare e sarà composta di giudici e avvocati
militari. Il detenuto non godrà delle protezioni legali riconosciute come
fondamentali nei paesi civili. Può non essere informato delle prove contro
di sé e sono ammissibili anche le prove ottenute con metodi ritenuti
equivalenti alla tortura. Le "tecniche di interrogatorio" applicabili
verranno decise da Bush e non saranno rese pubbliche. Inoltre, la
possibilità di ricorrere in appello è stata quasi del tutto eliminata, e gli
appelli che si basano sulle Convenzioni di Ginevra veranno respinti.
Infine, l'avviso dovrebbe ricordare ai viaggiatori che nel gennaio del 2006
la Kellogg, Brown & Root, filiale del gruppo Halliburton, ha vinto un
contratto per 385 milioni di dollari per costruire negli Stati Uniti centri
di detenzione, le cui località non sono state rivelate, da utlizzare, come
si legge in un comunicato stampa della KBR, per "lo sviluppo rapido di nuovi
programmi".
Stephanie Westbrook
Statunitensi per la pace e la giustizia – Roma
Fonte:
http://www.aprileonline.info/
Link:
http://www.aprileonline.info/294/bush-firma-il-military-commission-act
17.10.06
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