E' pronta l'ipotesi di una campagna di pressione su Intesa Sanpaolo contro
le nuove autostrade lombarde, proposta dalla
Rete civica italiana , dal
Movimento Stop al Consumo di Territorio, dal Coordinamento Nord Sud del
Mondo.
Questa campagna nazionale intende aprire un confronto tra i cittadini
italiani e gli istituti di credito attivi nel finanziamento di nuove grandi
opere. In un periodo caratterizzato dall'evidente segnale di una crisi
economica e sociale di "sistema", che obbliga tutti noi allo sforzo di
identificare un nuovo modello di gestione del presente e del futuro, abbiamo
ritenuto che le azioni sviluppate a difesa dei paesaggi, dei territori e dei
beni comuni nei confronti delle sensibilità degli amministratori locali (che
qualche importante risultato inizia a far intravvedere), dovessero essere
affiancate da una specifica richiesta di "cambiamento" anche al mondo dei
finanziatori di nuove impattanti opere (particolarmente anacronistiche in
questo momento storico). Nasce così questo approfondito dossier e la
proposta ai cittadini di sollecitare la propria banca (finanziatrice di
grandi opere) ad abbandonare questo suo essenziale ruolo, pena lo
spostamento dei loro conti correnti verso istituti di credito più attenti ai
diritti e ai bisogni collettivi. Questa campagna non è contro il profitto,
ma per impedire che il profitto di pochi distrugga la base della vita di
tutti.
Perché ancora strade?
8.200 morti nelle 13 principali città italiane, di cui 7.000 solo nella
pianura padana secondo il Centro europeo ambiente e salute Oms (dati
dell’Agenzia europea per l’ambiente, febbraio 2011), 50.000 morti all’anno
in tutta Italia secondo il Programma Clean Air for Europe della Commissione
Europea (febbraio 2011), quasi mille morti all’anno solo nella città di
Milano. E potremmo continuare. Qualunque sia la fonte, il metodo applicato e
il numero complessivo di vittime, è evidente che siamo di fronte ad una vera
e propria strage. I numeri sono certamente quelli di una guerra, ma
stavolta l’ecatombe è provocata da un killer molto più silenzioso e
impalpabile: l’inquinamento atmosferico. Responsabili sono sostanze
chimiche come monossido di carbonio, piombo, idrocarburi policiclici
aromatici, benzene e le famigerate polveri sottili (Pm10). Esse provengono
dalle industrie, dai riscaldamenti delle nostre case e soprattutto dai
trasporti, che da soli producono il 34,7% del Pm10, il 55% del benzene, il
51,7% degli ossidi di azoto e il 43,1% del monossido di carbonio
(Legambiente, Mal’aria di città 2011).
Ma se questo è il problema, i nostri amministratori dovrebbero adottare
misure che riducano il trasporto privato su gomma e promuovano l’uso della
ferrovia, come sta avvenendo in tutta Europa. In Italia, invece, i
nostri governi continuano a spendere miliardi di euro per costruire grandi
arterie stradali ed autostradali, anche in territori già densamente popolati
e infrastrutturati. Una scelta miope e irresponsabile e uno spreco
di denaro pubblico, ben sapendo che tra pochi anni il petrolio sarà in via
di esaurimento, mentre mancano risorse per le scuole e gli ospedali. Eppure
l’Italia avrebbe bisogno più di altri di scelte decise contro l’inquinamento
(siamo anche ai primi posti per numero di automobili rispetto alla
popolazione) almeno per ridurre i ritardi accumulati. Infatti da sei anni è
in vigore il Protocollo di Kyoto - un trattato internazionale che punta a
ridurre le emissioni di gas che alterano il clima e prevede pesanti sanzioni
per i paesi che non lo rispettano – ma l’Italia si è distinta per una
clamorosa inadempienza: mentre l'Europa ha ridotto le proprie emissioni del
2,2% (la Germania del 18,1%) il nostro paese le ha aumentate del 9,9%,
quando avrebbe dovuto ridurle del 6,5%. (Legambiente Lombardia, Le nuove
autostrade lombarde non portano a Kyoto, dossier 2009).
In questo contesto la Lombardia spicca per l’arretratezza delle sue
politiche sulla mobilità e, invece di seguire l’esempio di regioni avanzate
come l'Ile de France, la Ruhr, la Greater London o la regione di Madrid, che
hanno investito nel trasporto su ferro, continua a inseguire lo stesso
modello degli anni ’60, quando il nostro paese viveva per la prima volta
l’avvento della motorizzazione di massa. Oggi, casi emblematici di
questa di obsoleta politica sono le grandi infrastrutture lombarde, prime
fra tutte la Pedemontana, la Bre.be.mi., la Tangenziale Est Est Milano (Tem)
e l’autostrada Cremona-Mantova, che abbiamo preso ad esempio di una
strategia che sta impattando pesantemente sul delicato equilibrio ambientale
e sulla nostra salute. E’ lo stesso modello che sta portando ad un
consumo dissennato del territorio, a cementificazioni selvagge e
all’impoverimento delle risorse naturali primarie.
Al tempo stesso assistiamo a una profonda crisi della rappresentanza
politica e a un grave scollamento tra istituzioni e società civile, laddove
i partiti al potere rispondono sempre più agli imperativi dei gruppi
economici che li sostengono.
A queste scelte distruttive – alimentate da potenti interessi
economici e finanziari - bisogna porre un freno, chiamando a raccolta tutte
le associazioni, i gruppi, i comitati, i singoli cittadini, le forze sociali
e politiche. Per questo occorre organizzarsi con forme di pressione
democratiche e nonviolente, ma efficaci, che pongano un limite alla
distruzione del territorio. Una via da percorrere, accanto ai
tradizionali percorsi istituzionali (petizioni, ricorsi, manifestazioni,
ecc), è quella dell’obiezione finanziaria. Non dobbiamo
dimenticare che la realizzazione di grandi opere è resa possibile dal
sostegno finanziario di grandi banche, che spesso entrano anche nella
compagine azionaria delle società concessionarie. Allora, considerata
l'insensibilità della classe politica, perché non fare leva proprio sugli
istituti di credito, che operano grazie ai nostri soldi? Perché
permettere che i nostri risparmi vengano utilizzati per finanziarie progetti
distruttivi?
Il caso della Lombardia è emblematico e perciò lo abbiamo preso come
modello, oggetto di questo dossier e delle iniziative che speriamo
seguiranno. La Lombardia è uno dei centri propulsori dell’economia italiana
e le sue nuove grandi arterie sono considerate prioritarie nel piano di
sviluppo infrastrutturale del paese, sebbene all’interno di una logica che i
paesi più avanzati hanno abbandonato da tempo. Esse rispondono anche
a un modello di crescita illimitata del Pil che ormai ha mostrato il fianco
e comincia ad essere messo in discussione in diverse sedi nazionali e
sovranazionali, a vantaggio di un nuovo concetto di benessere, slegato dalla
logica angusta dello sviluppo quantitativo. Quello che succede il
Lombardia interessa tutti, poiché qui si gioca molto delle scelte politiche
ed economiche del paese e delle strategie dei governi attuali e futuri.
Un’opposizione decisa, diffusa e costante da parte della società civile è il
primo passo di un nuovo corso nella gestione del territorio, che non può
ignorare le istanze delle persone che vi abitano a vantaggio dei soliti nomi
dell’industria e della finanza. Pedemontana, Bre.be.mi, Tem e
Cremona-Mantova danneggeranno la vita dei residenti e degli agricoltori,
elimineranno molte terre coltivate, aumenteranno l’inquinamento e la
cementificazione, per questo bisogna opporsi. In questo dossier
proponiamo di farlo anzitutto esercitando la nostra pressione su Intesa
Sanpaolo, che risulta essere l’istituto più coinvolto nei tre progetti.
Il nostro invito è che ognuno scriva al direttore della sua filiale
e, in caso di risposte insoddisfacenti, interrompa ogni rapporto con la
banca spostando il conto su Banca Etica o altri istituti più attenti.
Ovviamente la decisione di interrompere il rapporto va comunicata sia ai
promotori della campagna che alla direzione della propria banca. E’
un’azione che ovviamente non sostituisce altre forme di pressione, ma vuole
essere uno strumento che integra le iniziative dei comitati e dei cittadini,
che possono in questo modo promuovere la loro lotta nonviolenta in tutto il
paese. L’iniziativa potrebbe anche offrire spunti e suggerimenti per altre
situazioni analoghe nel paese.
Analizziamo ora l’impatto delle tre infrastrutture, avvalendoci in gran
parte dei documenti messi a disposizione da Legambiente Lombardia e dai
comitati locali, oltre che dei dati ufficiali pubblicati dalle società
concessionarie.
Un quadro desolante
Mostriamo subito alcuni dati, che rendono bene l’idea dell’impatto che le
nuove strade avranno sul territorio lombardo (Legambiente Lombardia,
Lombardia. L’età dell’asfalto, 06.02.2010). Emerge un quadro desolante, che
mostra una regione in controtendenza rispetto al resto d’Europa, che non
intende investire nel trasporto su ferro (la cui domanda è aumentata del
7,7% nel periodo gennaio-settembre 2008) a tutto vantaggio di quello su
gomma.
Legenda: CAL = Concessioni Autostradali Lombarde, ILSPA= Infrastrutture
Lombarde spa, ANAS = Azienda Nazionale Autonoma delle Strade
"
"
"
Il ritardo della Lombardia: un confronto con altre metropoli
europee
"
“Le grandi opere della Lombardia, dalla Brebemi alla
Tem, dalla Pedemontana all’autostrada dei Laghi, dalla statale 38 alla
tangenziale di Morbegno si stanno portando via, secondo i calcoli di
Coldiretti Lombardia, quasi 53 milioni di metri quadrati di aree agricole”,
ha detto Nino Andena, presidente di Coldiretti Lombardia.
Secondo le rilevazioni di Coldiretti, la Pedemontana (fra Como, Milano,
Bergamo, Varese e la Brianza) si porterà via quasi 24 milioni di metri
quadrati di territorio, altri 18 milioni e mezzo se li prenderanno Brebemi e
relative tangenziali di raccordo fra Milano, Bergamo e Brescia. Ci sono poi
8 milioni e mezzo di metri quadrati che serviranno per la nuova tangenziale
est esterna di Milano fra Melegnano e Agrate, a cui aggiungere anche 1
milione e 400 mila metri quadrati della Statale 38 fra Como, Lecco e Sondrio
con la tangenziale di Morbegno per finire con 270mila metri quadrati per la
terza corsia dell’autostrada dei Laghi A9.
Un fiume d’asfalto lungo 303 chilometri, quasi la metà della lunghezza del
Po, che tocca 214 comuni e “sperona” centinaia di aziende agricole. Solo su
Brebemi sono quasi 1.500 quelle danneggiate con terreni presi a morsi dai
cantieri, cascine spianate e stalle assediate dall’asfalto. (Comunicato
Stampa Coldiretti Brescia, 13.10.2010).
Secondo l’ultimo rapporto del Politecnico di Milano dal 1999 al 2007 in
Lombardia sono stati persi oltre 43 mila ettari di aree agricole, mentre
ogni giorno vengono urbanizzati 117 mila metri quadrati (Comunicato
Coldiretti Milano, Lodi, Brianza, 04.08.2011)
Pedemontana
I numeri dell’opera:
- 157 km di sviluppo complessivo (87 km di nuova autostrada e 70 km di nuova
viabilità provinciale e comunale richiesta dalle amministrazioni pubbliche
locali);
- traffico previsto (secondo la Società, dunque da verificare): tra i
50/60000 e gli oltre 100.000 veicoli al giorno (nella tratta centrale
maggiormente urbanizzata fra Vimercate e Cesano Maderno);
- importo complessivo: circa 4,6 miliardi di euro;
- sei province attraversate (Bergamo, Lecco, Monza e Brianza, Milano, Como e
Varese), 78 comuni interessati.
- 4.000 di residenti interessati dalla strada.
Azionisti di Pedemontana Spa:
68% Milano Serravalle - Milano Tangenziali S.p.A. (52% Provincia di Milano,
18% Comune di Milano)
20% Equiter S.p.A. (Intesa Sanpaolo)
6% Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo S.p.A. (Intesa Sanpaolo)
5% UBI Banca S.p.A.
1% Par. Cop. Soc. Cons. Ar. L.
L’idea di un percorso di attraversamento est-ovest nel nord milanese, che
non gravitasse sul capoluogo lombardo, ha almeno una cinquantina d’anni. Il
tentativo è quello di creare un sistema automobilistico sull’asse
Bergamo-Milano-Como-Varese che, inevitabilmente, interseca tutti gli assi di
collegamento nord-sud che collegano l’area pedemontana lombarda con Milano.
Dopo vari progetti rimasti sulla carta, nel 1999 avviene la svolta che rende
concreta l’attuazione dell’infrastruttura: è la firma del protocollo
d’intesa per la definizione dell’Itinerario Viabilistico Pedemontano fra la
regione Lombardia, le quattro province interessate (Bergamo, Milano, Como e
Varese), i comuni di Como e Varese, Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A.,
Società Serravalle, Società Autostrade S.p.A. e ANAS, che decide di
sviluppare il progetto secondo il tracciato concordato nel 1998. Da quella
data si susseguono diversi confronti fra: le società interessate, le
amministrazioni provinciali, regionali ed i comuni interessati dal
tracciato.
Nel 2001 presso la regione Lombardia, viene raggiunto l’accordo politico
anche a livello locale, che però, non ottiene l’unanimità. Da quel momento,
si dà inizio alla progettazione vera e propria dell’opera. Gli anni
successivi vedono l’approvazione del progetto preliminare, nel novembre 2009
viene approvato quello definitivo, a cui la corte dei conti nel gennaio 2010
ha dato il via libera definitivo, giusto in tempo per organizzare in pompa
“magna” il 6 febbraio 2010, l’ennesima inaugurazione del cantiere fantasma a
Cassano Magnano, pro elezioni regionali del marzo 2010.
L’apertura integrale è prevista entro il 2015 per l’EXPO, ad oggi
però i finanziamenti disponibili non sono neanche 1/3 di quelli necessari al
completamento dell’infrastruttura, e praticamente tutti di provenienza
pubblica. L’accelerazione del progetto è dovuta anche
all’inserimento di tale opera da parte del governo nazionale, nel 2007,
all’interno della cosiddetta “legge obbiettivo” che sul piano
formale, non rende necessaria alcuna approvazione da parte dei comuni
attraversati. Ciò nonostante, si è attivato un accordo di
programma, per il confronto fra la regione Lombardia, i comuni e le province
coinvolti. La soluzione individuata comprende: il potenziamento del sistema
delle tangenziali di Varese e di Como e la realizzazione dell’asse
autostradale di collegamento fra la zona dell’aeroporto della Malpensa e la
zona bergamasca. Il tracciato attraversa una delle zone maggiormente
urbanizzate a livello europeo sovrapponendosi, nella zona centrale, alla SS
35 (Milano-Meda) che viene di fatto sostituita da questa nuova opera
(cosiddetta tratta B2).
Diversi comitati di cittadini e associazioni si sono organizzati contro la
costruzione di Pedemontana. Tale contrarietà si basa su diversi fattori
concatenati fra loro: la fortissima densità urbana del nord Milano; la
sempre minore disponibilità di suolo libero e di suolo agricolo a
disposizione della collettività che la costruzione di Pedemontana
contribuirà ancora drasticamente a ridurre; il nuovo traffico, diretto ed
indotto, che l’autostrada porterà con sé, il che significa nuovo
inquinamento; un ulteriore incremento dell’urbanizzazione lungo la
direttrice dell’asse autostradale; la cronica mancanza di trasporti pubblici
adeguati, che incentiva l’utilizzo del mezzo privato per gli spostamenti,
provocando un ulteriore peggioramento del traffico.
“Notevoli” sono anche le promesse di Pedemontana (dati della società): più
ore di viaggio risparmiate all’anno con conseguente riduzione di inquinanti
prodotti, carburante risparmiato e ben 28 minuti di meno (sic!), rispetto ai
tempi attuali, per raggiungere Malpensa partendo da Bergamo.
Oltre alle promesse (tutte da verificare!), oggi, di certo c’è:
1) un progetto in perfetta continuità con la politica regionale che da
decenni persegue un modello di sviluppo basato sull’auto privata;
2) la “stasi” che ha colpito la cosiddetta “pedemontana
ferroviaria” e, più in generale, la scarsa efficienza del trasporto
pubblico regionale;
3) tutti i recenti grandi centri commerciali, direzionali e
simili, sono stati costruiti lungo i maggiori assi autostradali
occupando aree agricole e contribuendo a congestionare queste infrastrutture
autostradali costruite proprio allo scopo di rendere più fluido il traffico
automobilistico. Pericolo da cui anche Pedemontana non è esente, grazie alla
pianificazione locale dei singoli comuni ed alla mancanza di un piano d’area
complessivo.
Tale timore è anche confermato dai PGT approvati da alcuni comuni nel 2009
attraversati da quest’arteria (p.es. Desio), ove, a fronte di presunti
introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione e dalla perequazione
urbanistica (tutti da verificare in una politica urbanistica e di
programmazione a lungo termine), si continua a collocare grandi strutture di
vendita lungo le principali direttrici di traffico, aumentando così il loro
congestionamento, e a consumare suolo libero con nuovi insediamenti
industriali, residenziali e commerciali la cui necessità per il territorio
rimane tutta da dimostrare e la cui utilità pare legata solo alle
aspettative di un comparto edilizio cresciuto oltremisura per effetto di
costanti spinte speculative;
4) l’attraversamento di cinque parchi regionali e di diversi
parchi locali;
5) un saldo netto di consumo di territorio che
Pedemontana saturerà, occupando le ultime aree libere rimaste fra i comuni
posti lungo il tracciato;
6) il traffico, e l’inquinamento, previsto e conseguente alla
previsione di flussi fino a 100.000 veicoli/giorno;
7) alcuni nodi critici del tracciato rappresentati dall'attraversamento
di aree di pregio ambientale;
8) una mancanza di partecipazione, di coinvolgimento e di
informazione, con cittadini che si trovano una procedura di
esproprio in atto senza quasi saperlo, senza avere la minima idea di come
comportarsi e chi sia l’interlocutore, lasciati da soli di fronte a questo
procedimento, che per taluni si trasforma in un incubo, anche da molte
amministrazioni locali. Ciliegina sulla torta di questa mancanza di
coinvolgimento della popolazione dei territori attraversati
dall’infrastruttura è la mancanza della VAS (Valutazione Ambientale
Strategica), resa obbligatoria anche per l’Italia dalla Direttiva VAS
42/2001/CE, e che dovrebbe stimare la sostenibilità di tale progetto alla
luce del carico ambientale già presente sul territorio, coinvolgendo tutti i
cittadini, così come prescritto dalla Convenzione Europea del Paesaggio del
2000, ratificata nella legislazione italiana nel 2006;
9) un carico ambientale che per questi territori è già
insostenibile. Tale autostrada, infatti, attraversa un’area
caratterizzata da diverse problematiche ambientali ed ecologiche che
paradossalmente renderebbero di fatto già necessari e urgenti quegli
interventi di 'ricostruzione' del paesaggio, che Pedemontana prefigura come
compensazioni ambientali. Da est ad ovest infatti, esistono dei
'nodi' di grande problematicità, che già gravano sul sistema territoriale
pedemontano e che verranno “travolti” da questa nuova infrastruttura.
Ne citiamo alcuni:
- la presenza del polo chimico Bayer nel bergamasco, per
cui il CIPE chiede alla Società un ulteriore approfondimento progettuale,
con un immaginabile aumento dei costi;
- la distruzione o la menomazione di diversi boschi (di
Bernate, della Moronera, del Rugareto, dell’Itala, delle Querce, ecc.) in un
territorio che, caratterizzato dalla costante presenza di PM10 sopra la
soglia consentita per molti giorni l’anno, al contrario avrebbe bisogno di
nuovi boschi;
- l’attraversamento di territori che nel 1976 sono stati colpiti
dalla tragedia della diossina immessa nell’aria dall’esplosione
dell’ICMESA che è ancora presente all’interno dei terreni che verranno
movimentati dai cantieri di Pedemontana;
- l’attraversamento di diverse discariche, regolari (come a
Mozzate, dove il progetto colloca l'area di servizio tra due ex discariche
di RSU completate con montagnette di 20 metri di rifiuti in altezza, non
ancora bonificate, mentre dietro all'area di servizio ce ne sono altre 2 di
cui una ancora attiva per una decina di anni – capienza 1 milione e 300 mila
mc – che confina con un'altra sul Comune di Gorla Maggiore, una decina di
milioni di rifiuti conferiti negli anni 90 e fino al 2003) ed irregolari
(come a Desio di cui una di accertata gestione mafiosa, riconducibile alle
attività illegali della ‘ndrangheta in quest'area). Qualcuno già la chiama
l’autostrada delle discariche. Totalmente eluso è il tema delle bonifiche,
di cui non si capisce su chi graveranno i costi;
10) Una endemica mancanza di finanziamenti. Attualmente,
infatti, meno di 1/3 delle risorse sono state reperite. Sono per la maggior
parte soldi pubblici. Tenendo presente che l’aggiornamento del progetto alla
luce delle prescrizioni CIPE (molto pesanti soprattutto per la tratta B2 e
per la tratta D) probabilmente comporterà un aumento dei costi complessivi
dell’opera, ci si chiede, con questo quadro finanziario ed alle porte del
progetto esecutivo, se la cantierizzazione sarà realmente raggiunta in tutte
le tratte coinvolte, o se la Pedemontana Lombarda non corre il rischio di
trasformarsi in un cantiere infinito, di bassa qualità e con stralci di
esecuzione sul modello “spezzatino” (una tratta si, l’altra chissà...) che
l’avvicinerebbero pericolosamente al precedente dell’autostrada
Salerno-Reggio Calabria;
PARTE II - Ferma la banca
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