Tra i commenti di ieri, un lettore ha segnalato un
articolo molto significativo [www.corriere.it] sulla questione della
giovane pakistana uccisa a Brescia, un articolo che metterebbe in risalto
l'aspetto religioso del delitto. Insomma, non solo costumi
pakistani, ma anche un po' "colpa dell'Islam". Intanto, vi prego di
non considerare apologetico quello che sto per scrivere in merito:
quando mi sono
trovato davanti a casi simili, [www.kelebekler.com] non mi sono certamente
schierato con l'uomo-padrone.
Non parlo di "pena di morte" perché non è proprio il caso di dare allo
stato ulteriori mezzi repressivi; ma diciamo che, se il fidanzato di Hina
Saleem avesse ucciso il padre assassino, questo blog sarebbe stato felice di
organizzare una colletta per assicurargli una piacevole latitanza.
Ma il punto fondamentale è un altro. Non credo all'esistenza di un
ente uguale a se stesso, nel tempo e nello spazio, di nome Islam,
come non credo alla "esistenza" del giudaismo o del cristianesimo.
Credo piuttosto a costellazioni simboliche che vengono usate da
persone diverse in tempi diversi per motivi diversi.
Per il credente musulmano è diverso: l'Islam ha un'esistenza che va al di
là dei suoi portatori. Ma la maggioranza di coloro che vedono un aspetto
religioso nel caso Hina non sono, ovviamente, musulmani, anzi...
So che mi sono espresso in modo piuttosto complicato.
Ma lo stesso pensiero lo esprime in modo chiarissimo, quasi geniale,
proprio il titolo dell'articolo che il lettore ha segnalato:
«Mi hanno tolta da scuola perché fumo.
E mi picchiano perché faccio la cristiana»
Sotto, troviamo una foto della bellissima Hina con l'ombelico ben in vista
sotto la maglietta corta.
"Fare la cristiana", nel sistema simbolico del titolista, vuol dire
quindi fumare, mettere in mostra l'ombelico, disobbedire ai propri
genitori e convivere senza sposarsi, presumibilmente usando contraccettivi.
Pochi teologi sarebbero d'accordo, ma in un certo senso è vero: oggi,
"cristiano" vuol dire anche questo, sia a Villa Fallaci che a Casa
Saleem.
L'articolo in questione è una ristampa, a tre anni di distanza, di un altro
sulla denuncia presentata dalla stessa Hina per le violenze subite per mano di
suo padre: una triste testimonianza dello stato dei servizi sociali e di tutto
quello che potremmo chiamare l'apparato progressivo della
società occidentale, ridotto all'impotenza proprio come la sinistra politica a
cui è storicamente legato.
Senza nulla togliere al valore della denuncia della ragazza, l'articolo
evidentemente rimaneggia in la sua testimonianza: per ovvi motivi cronologici,
ad esempio, non esiste alcuna "legge coranica" che vieti alle donne di fumare.
Forse il padre di Hina le diceva, "una musulmana non fuma!", proprio come una
signora anziana che conosco dice, "e vèstiti come un cristiano!".
L'articolo, ovviamente, è stato profetico. Ma va ugualmente analizzato.
Hina si esprime in prima persona, ma non si parla da nessuna parte di
un'intervista, mentre il testo è troppo giornalistico per
essere tratto dai verbali dei carabinieri.
Insomma, sembra proprio il classico Romanzo Giornalistico,
un genere letterario costruito sulle disgrazie di chi non ha i mezzi per
esprimersi o per reagire. E quindi riguarda molto spesso questioni legate ai
migranti e alla cronaca, con tutto ciò che significa in termini di paure e di
luoghi comuni.
La cosa non è casuale: l'autrice dell'articolo, Nunzia Vallini,
è infatti una nostra vecchia e piuttosto ributtante conoscenza, che da sei
anni a questa parte subisce una meritatissima e silenziosa gogna informatica.
Provate a digitare "Nunzia Vallini" su Google e capirete.
Miguel Martinez
Fonte: http://www.kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/1156045118#8981155
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