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01/09/2006 Natascha Kampush, la Ragazza Rapita (Massimo Fini, visto su www.comedonchisciotte.org)

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Natascha Kampush, la ragazza, oggi diciottenne, che è stata rapita quando aveva dieci anni e tenuta prigioniera per otto da Wolfang Prikdopil, un uomo di 44 anni che si è suicidato dopo che lei, pochi giorni fa, è riuscita a liberarsi, ha scritto, com'è forse noto al lettore, una lettera pacata nei toni ma dura e fermissima nella sostanza, estremamente polemica nei confronti della stampa e dell'opinione pubblica mondiale ("Cari giornalisti e cara opinione pubblica") che si sono buttate a pesce sulla sua singolare storia.
Natascha si duole delle "falsità, delle calunnie" che sono state scritte sulla sua vicenda da parte di gente che non la conosce e non può conoscerla; sostiene che Wolfang, il suo rapitore, non era affatto il "mostro" che è stato dipinto. Scrive, tra l'altro: "Certo, è vero che la mia giovinezza è stata diversa da quella di molti altri ma complessivamente non ho l'impressione di assermi persa qualcosa. Almeno me ne sono risparmiate molte altri: non ho cominciato a fumare e a bere, o a frequentare cattive compagnie".

Natascha, che pur di suo non ha ovviamente un soldo, ha rifiutato, tramite il suo avvocato, le cospicue offerte che le sono subito piovute addosso per i suoi diari (250 mila euro per i diritti cinematografici e 50 mila per quelli letterari). Si nega alle interviste, per le quali pure le offrono soldi (10 mila euro), si tiene alla larga dalla curiosità dei giornalisti e di quanti le fanno domande "che non li riguardano... l'intimità non appartiene che a me, e può darsi che ne parli a una terapeuta se ne sento il bisogno o che non ne parli mai".

Mentre la stampa non rinuncia alla sua consueta sguaiataggine (un giornale austriaco si è detto certo, citando le solite "fonti riservate e ritenute attendibili", che la ragazza "aspetta un bambino dal suo rapitore" ma la polizia non ha nemmeno preso in considerazione la notizia) Natascha è circondata da uno stuolo di psicoterapeuti, analisti, esperti. Si dice che "sarà molto difficile curarla". E perchè mai dovrebbe essere curata?

Dalla sua lettera e dall'intero suo comportamento emerge la figura di una giovane intelligente, sensibile, gentile, colta (ha fatto solo la quinta elementare ma dedicava parte del tempo passato col suo carceriere alla lettura) matura, equilibrata, consapevole della propria dignità e, estremo paradosso, gelosa della propria libertà e indipendenza. In un mondo in cui uomini e donne di spettacolo e gente comune, se appena capita l'occasione vendono ai giornali, ai rotocalchi, alla Tv, senza alcun rispetto di sè, la propria intimità, le proprie relazioni sentimentali, i propri matrimoni, le proprie disgrazie e in cui, in televisione, siamo bombardati da programmi che col consenso degli interessati - anzi spesso con la loro adesione entusiasta - vanno a scandagliare morbosamente in ciò che dovrebbe rimanere privato e riservato, Natascha si rifiuta di fare della sua vicenda carne per i porci. Lei, la sequestrata, la segregata, la prigioniera, "l'umiliata e offesa" e la mutilata secondo la "communis opinio" ("Al sesto giorno d'aria è già in debito d'ossigeno" ha scritto con incomparabile volgarità Francesco Battistini sul Corriere della Sera dopo la lettera della ragazza) ha dimostrato una consapevolezza di sè e della propria dignità che manca oggi a molti uomini e donne, a molti giovani e meno giovani che hanno potuto vivere in libertà.

È una tremenda lezione quella che ci viene da Natascha Kampush e, in un certo senso, attraverso di lei, anche dal suo sequestratore, sui quali dovremmo, credo, meditare e riflettere invece di accanirci su di lei col consueto voyeurismo.

Natascha, protagonista involontaria e volontaria insieme al suo carceriere, di una grande e sia pur stravolta, vicenda romantica, va soprattutto lasciata in pace. E non va curata, né "rieducata" ma rispettata per quello che è, per quello che la sua singolarissima, straordinaria, storia l'ha fatta.


Massimo Fini
www.massimofini.it
Uscito su "Il gazzetino" il 01/09/2006

Commento (Newbe, http://www.comedonchisciotte.org)

Credo che tutta la situazione abbia del paranormale.
E se il presunto 'Orco' l'avesse salvata da qualcosa?
cioè: 250.000 euro per sapere l'intimità di una ragazza dai 10 ai 19 anni.
altre somme più piccole per farglielo dire davanti ai mass-media (mondo intero).
chi è l'Orco? quello che l'ha tenuta isolata in una stasi irreale da questa feccia che chiede sempre overdosi di Voyeurismo?
Si è suicidato. Non vorrei che domani tutti rapissero una fanciulla per tenerla lontano dal drago nero, ma non posso non vedere una sorta di poesia in tutta questa faccenda.
e se una delle tante ragazze che hanno subito abusi avessero avuto un destino diverso? con un misterioso e anonimo individuo che le porta via da un destino inprevedibile?
forse la risposta è un'altra. esistono le vittime? sì, se si permette che la debolezza della paura prenda il sopravvento.
questa debolezza, credo, non è incisiva nell'atto nel difendersi, poichè tutti si difendono come possono. la debolezza della paura influisce molto quando si demanda a terzi il compito dell'auto-difesa.
che quasi sempre và al più grosso e cattivo di turno, ovverosia un dittatore. Finchè il fenomeno è ristretto ad esempio a moglie succube economicamente e psicologicamente dal marito, o un operaio schiavizzato dal suo capo, la cosa non crea grossi danni alla collettività, ma quando una nazione, un popolo, un'intera etnia, chiede il santo soccorso del condottiero invincibile allora sono guai.
la ragazza era prigioniera. cioè non era libera.
però se analizziamo secondo il nostro metro i risultati che ci aspettiamo dalla libertà scopriamo che :
-ha avuto un'istruzione.
-non ha commesso reati.
-ha una personalità complessa e razionale.
-è visibilmente serena.
in pratica si può dire che la prigionia ha consegnato un'ottimo individuo alla società.
mi viene il dubbio: la prigionia è terribile, quando il mondo fuori è indubbiamente migliore di quello dentro la cella.
MA.
se cosi non fosse?

Risposta al commento

Come forse il lettore ricorderà, avevo scritto una sorta di elogio di Natascha Kampusch, sequestrata a dieci anni, tenuta prigioniera per otto dal suo rapitore, Wolfgang Priklopil, finché aveva trovato il coraggio e la forza di fuggire dalla sua cella e di liberarsi dal suo aguzzino.
Mi aveva colpito la lettera ferma e risentita che, appena liberata, aveva scritto polemicamente e anche un poco ironicamente ai "Cari giornalisti e cara opinione pubblica mondiale", accusando la prima di aver scritto "falsità e calunnie" su una vicenda di cui nulla conoscevano né potevano conoscere e di voyeurismo morboso la seconda.
Aveva difeso la singolarità della sua storia. Si era negata alle richieste di intervista che a diecimila euro a colpo, le erano piovute da tutte le parti. Aveva scritto, in quella lettera: "L'intimità non appartiene che a me, può darsi che ne parli a una terapeuta se ne sento il bisogno che non ne parli mai".

Aveva rifiutato offerte di 250 mila euro per i diritti cinematografici della sua storia dolorosa e di 50 mila per quelli letterari. Mi era sembrato un comportamento di grande compostezza e dignità.
In sole due settimane è cambiato tutto. È stata presa in consegna da uno staff di tre psicologi, una terapeuta, due avvocati, un portavoce, un addetto alle pubbliche relazioni, che le hanno fatto capire, alla svelta come van le cose nel mondo di fuori, nel nostro mondo, nel mondo delle persone libere.

Natascha ha accettato un'offerta di un milione di euro per un'intervista alla Televisione pubblica austriaca dove è stata così presentata e introdotta: «Ecco a voi Natacha "Beckham" Kampusch».
Un fenomeno da baraccone. Come la donna-cannone che, nei circhi di qualche anno fa, mostrava al pubblico le sue enormi mutande. Lei però si considera già una celebrità e si comporta come tale. Ha già costituito una Fondazione che si occuperà "delle piccole vittime dei crimini, delle donne sequestrate in Messico, della fame in Africa". Scriverà un libro sulla sua vicenda e ha espresso l'ambizione, completati gli studi, di fare la giornalista o l'attrice.
Insomma Natascha Kampusch è stata normalizzata: ora è davvero, e finalmente, una di noi.

Ha detto suo padre, Ludwig, a proposito dello staff: «Natascha è di nuovo in ostaggio. Quella gente... sta distruggendo quel che resta di lei».Aggiungerei che a tenerla in ostaggio non è soltanto l'equipe di "esperti" che la circonda ma l'intero nostro sistema. Il sistema della finta libertà, del mercato, dei quattrini, dei media, il Gran Baraccone che non conosce pudori, né remore, né pietà.
È passata da una prigione a un'altra.

E l'imbarazzante impressione è che il carceriere di prima, Wolfang Priklopil, forse più delicato di quelli attuali e avesse per la ragazza, sia pur in un modo stravolto e criminale, un'attenzione più vera e più sincera. Che Natascha fosse migliore nella sua cella.


Massimo Fini
Fonte: www.ilgazzetino.it
8.09.06

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