Nessuna sospensione ne' tantomeno sanzioni pecuniarie. Francesco Caruso
si vedra' recapitare una lettera di richiamo, a firma del presidente della
Camera, Fausto Bertinotti. Si chiude cosi' il caso della 'piantina di
cannabis' che il deputato indipendente del Prc aveva prima sostenuto di aver
piantato nel cortile di Montecitorio, per poi smentire la notizia, definendo
tutta la vicenda come "una evidente provocazione".
Ieri il caso Caruso e' stato affrontato dall'Ufficio di presidenza, dopo che
il giorno prima i questori avevano ascoltato la versione del leader dei
disobbedienti napoletani: ma alla fine non e' stata raggiunta l'unanimita'
sulla decisione da assumere, come invece auspicato da Bertinotti.
Anzi, l'Ufficio di presidenza, al momento di votare, si e' spaccato: la
proposta del presidente della Camera, e cioe' inviare una lettera di richiamo,
ha ricevuto 11 voti favorevoli, 9 contrari e 2 astensioni. I piu'
intransigenti Francesco Colucci di Fi, Antonio Mazzocchi di An e il collega di
partito Teodoro Buontempo, che chiedevano la pena massima, e cioe' 15 giorni
di sospensione. Molto piu' morbido il centrista Giampiero D'Alia che,
addirittura, riferiscono alcuni presenti alla riunione, avrebbe preferito far
cadere la cosa senza assumere alcun provvedimento. C'e' stato anche chi ha
proposto ironicamente una 'sculacciata'. Mentre Giorgia Meloni (An) avrebbe
proposto delle scuse in aula da parte di Caruso.
COMMENTI
"Anche io mi darò alla semina. Pianterò semi di pomodoro: quando crescono li
tirerò in Aula a Caruso, a Rifondazione Comunista e a tutta l'Unione, quando
proporranno i Pacs". Questa la 'provocazione' di Antonio Mazzocchi,
componente di An dell'Ufficio di presidenza della Camera, che ieri ha deciso a
maggioranza di non comminare alcuna pena a Francesco Caruso (Prc) per la
vicenda della cannabis alla Camera.
"Il richiamo nei confronti del deputato Caruso rischia di costituire un
pericoloso precedente perché può costringere in futuro l'Ufficio di Presidenza
a dare rilevanza istituzionale a dichiarazioni politiche che di solito vivono
e muoiono nel giro di poche ore soltanto nel mondo virtuale e fantasmagorico
delle agenzie di informazione". Lo dichiara Sergio D'Elia, deputato
della Rosa nel Pugno e membro dell'Ufficio di Presidenza della Camera. "Non
condivido minimamente il metodo della lotta politica antiproibizionista sulla
droga del collega Caruso, consistente nel lanciare il sasso e nel nascondere
subito dopo la mano. Esso è agli antipodi del metodo radicale della
disobbedienza civile che consiste nell'autodenunciarsi per la violazione di
una legge che si ritiene ingiusta, pagandone però tutte le conseguenze penali
e processuali. Negli ultimi anni il segretario di Radicali Italiani Rita
Bernardini ha effettuato 22 azioni di disobbedienza civile alla legge
sulla droga (distribuendo pubblicamente hashish alle stesse forze di polizia),
in conseguenza delle quali ha subìto finora 15 processi e due condanne
definitive. Analoghe iniziative sono state intraprese a suo tempo da Marco
Pannella e da Benedetto Della Vedova. I "disobbedienti" alla Caruso pretendono
invece di non pagare dazio per le loro iniziative.
Ciò detto, nell'Ufficio di Presidenza della Camera mi sono dichiarato
contrario a ogni provvedimento disciplinare e anche di semplice richiamo nei
confronti di Caruso in quanto il fatto non sussiste: non esiste nel
regolamento della Camera una norma precisa che giustifichi la censura di
comportamenti virtuali o di dichiarazioni politiche fatte da un deputato fuori
dall'aula e dalla stessa sede del Parlamento
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