È maschio,
diplomato, vive con i genitori, ha un lavoro e fuma lo spinello. Non è
sempre e solo così, ma i dati raccolti dalle forze dell’ordine e
segnalati al prefetto di Milano perché trovati negli ultimi cinque anni
in possesso di stupefacenti per uso personale ci mettono davanti a
questo identikit. E lo fanno proprio nel giorno in cui il Tar del Lazio
ha sospeso il decreto del 13 novembre scorso con cui i ministri della
salute Turco e gisutizia Mastella avevano innalzato da 500 a 1.000
milligrammi la quantità massima di principio attivo della cannabis
detenibile per uso personale, quantità oltre la quale - in base alla
legge Fini-Giovanardi – si incorre in sanzioni penali gravi per spaccio
di stupefacenti. Il tribunale non solo ha negato la potestà di stabilire
per decreto tali limiti (la legge “non conferisca al decreto un potere
politico di scelta in ordine all'individuazione dei limiti massimi delle
sostanze stupefacenti o psicotrope che possono essere detenute senza
incorrere nelle sanzione penali”) ma ha anche contestato come tale
scelta non sia stata “supportata da alcuna istruttoria tecnica che
giustifichi il raddoppio del parametro moltiplicatore”. Le richieste di
sospensione erano state presentate dall'associazione di consumatori
Codacons e da una cooperativa sociale-comunità terapeutica di Taranto.
L’indagine di Milano, presentata ieri pomeriggio e basata sui dati
forniti dalla Asl Milano2, alla quale erano stati indirizzati per un
colloquio i giovani trovati in possesso di stupefacenti, ha messo in
evidenza una netta maggioranza di consumatori di cannabis (82%), seguiti
da cocaina (13%), oppiacei (1,5%) e altre droghe (3,5%). Tutt’altro che
giovani sbandati: nel 65% dei casi avevano un lavoro e nel 26% si
trattava di studenti, quasi sempre vivevano in famiglia (90%) e potevano
vantare un buon livello di studio, con l'88% diplomato o prossimo al
diploma e un 5% di laureati. E una nettissima prevalenza di italiani
(94%) e di maschi (92,6%).
E’ a giovani come questi che si è applicata la normativa che prevede la
segnalazione all’autorità giudiziaria ogni qualvolta un soggetto è
trovato in possesso di una quantità di stupefacente eccedente una
determinata soglia. Con il decreto dello scorso novembre questo limite
era stato innalzato – riguardo alla cannabis - da 500 a 1000
milligrammi, sulla scia della presunta impennata degli arresti
verificatosi dall’entrata in vigore della legge Fini – Giovanardi, nel
maggio 2006: era diventato prioritario, secondo i responsabili della
Giustizia e della Salute, evitare che entrassero nel circuito penale
molti semplici consumatori. Attenzione: si è detto “presunta” impennata,
perché i dati definitivi dei periodi immediatamente precedenti e
successivi all’entrata in vigore della legge Fini – Giovanardi non
segnala alcuna eccessiva differenza, almeno per il possesso della
cannabis: il che, a ben vedere, potrebbe semplicemente significare che
la legge approvata dalla maggioranza di centrodestra nel 2006, con le
sue restrizioni rispetto a quella precedente, venga applicata solo
parzialmente. Va da sé che – se questa teoria è corretta – così come il
passaggio alla nuova normativa nel maggio 2006 non significò alcun
rilevante cambiamento sul versante degli effetti penali, poco potrebbe
cambiare anche ora che il decreto di sei mesi fa è stato sospeso.
“Rispetto sempre le sentenze - è stato il commento del ministro Livia
Turco, “ma contro questa farò appello al Consiglio di Stato perché ne
ritengo infondate le motivazioni. Al contrario di quanto sostiene il Tar
del Lazio, infatti, la legge Fini-Giovanardi, nell'ambito della quale ho
emanato a novembre il decreto di revisione della quantità massima, non
offre al ministro della Salute alcun criterio tecnico per determinare
tale quantità”.
LE ASSOCIAZIONI E LE COMUNITA' - Numerosi i commenti
delle associazioni. “Sentenza suicida” per Patrizio Gonnella,
presidente dell’associazione Antigone, attiva nel mondo delle carceri.
Per Antigone la legge in vigore (la Fini-Giovanardi) “va abrogata non
per i sofismi formali del Tar, ma perché è una legge che mette sullo
stesso piano criminale consumatori di droghe leggere e spacciatori di
droghe pesanti, servizi pubblici e comunità private”. “Speriamo che la
sentenza sia un’occasione per velocizzare l’iter parlamentare di quelle
proposte che si muovono nel segno della depenalizzazione e del buon
senso”, dicono. Simile la posizione del Coordinamento Nazionale Comunità
di Accoglienza (Cnca) che esprime ''sconcerto'' per la decisione del Tar.
La Federazione che raccoglie numerosi operatori del settore ritiene che
debba essere “assolutamente superata un'impostazione che affronta
tematiche che riguardano aspetti educativi e di crescita con risposte
penali e sanzionatorie” ed esprime, conseguentemente, la propria netta
contrarietà a “trattare come delinquenti quelli che in realtà sono
semplici consumatori di sostanze”, per puntare invece sulla prevenzione,
la cura e il trattamento.
Ma anche fra gli operatori, come sempre accade, c’è chi la pensa in modo
totalmente opposto. ''Come operatori sociali nel campo della prevenzione
e del recupero dalla droga, accogliamo con soddisfazione la decisione
del Tar del Lazio di sospendere il decreto Turco che alzava la quantità
consentita di cannabis, depenalizzando di fatto lo spaccio di questa
sostanza”, dice il responsabile della comunità di San Patrignano, Andrea
Muccioli. “In questi mesi avevamo più volte denunciato l'assurdità di
questo decreto, promulgato dal ministero della Salute senza consultare
nessun operatore e sulla base di motivazioni inesistenti: facilitare il
consumo e la cessione di cannabis è un atto ingiustificabile, a fronte
della crescita esponenziale di droghe tra i ragazzi denunciata anche
dalle istituzioni”. E su questa linea, tutta l’opposizione chiede le
dimissioni del ministro Turco. A livello politico intervengono fra gli
altri anche i giovani di Forza Italia: “Da anni denunciamo, inascoltati,
la pericolosa tendenza a normalizzare l'uso delle droghe sedicentì
leggere, che continua ad essere promossa dalla maggior parte dei
politici del centro sinistra e da un certo star system. Questa vera e
propria politica culturale non ha fatto altro che produrre l'aumento a
dismisura del consumo delle droghe tout court, dalle metanfetamine alla
cocaina, deresponsabilizzando i giovani, le istituzioni e le stesse
famiglie, che si sono illuse sulla fine del fenomeno droga dopo il calo
del consumo di eroina”.
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