Esplode anche in Serbia, dopo il precedente italiano, la polemica
sull'ipotesi di test antidroga nei confronti di parlamentari e uomini
politici di primo piano. A lanciare il sasso nello stagno, a Belgrado, e'
stato in questi giorni il movimento giovanile del Partito Democratico
Serbo (Dss, conservatore) del primo ministro in carica Vojislav Kostunica,
che ha sollecitato controlli a tappeto in nome della trasparenza, per fare
piazza pulita dei sospetti ricorrenti sollevati da giornali e rotocalchi
scandalistici sul presunto consumo di cocaina nei palazzi della politica.
Una crociata che Dragan Danicic, gerarchetto della federazione giovanile
del Dss, ha definito 'una buona idea', auspicando oggi dalle colonne di 'Politika',
quotidiano tradizionalmente vicino alle posizioni del premier, che sia lo
stesso Parlamento - attualmente chiuso per ferie- a darle valore
normativo. 'I deputati devono dimostrare in modo concreto di voler
sostenere la lotta contro la crescente diffusione della tossicodipendenza
nel Paese', ha detto Danicic, riecheggiando campagne analoghe avviate di
recente in Italia e negando di voler strumentalizzare l'argomento per
mettere in imbarazzo oppositori interni sfiorati in qualche caso dai
mormorii della vox populi.
L'iniziativa e' stata d'altronde bollata come oltraggiosa e populista da
piu' parti. Lo Ldp -emergente, ma isolato partitino filo-occidentale
guidato dal giovane leader ultraliberale Cedomir Jovanovic, uno dei
bersagli preferiti dei pettegolezzi dei tabloid nazionalisti- ha parlato
di 'insulto al Parlamento'. Mentre sul fronte opposto dello scacchiere
politico critiche sono state avanzate pure dal declinante Partito
Socialista Serbo (Sps, orfano di Slobodan Milosevic), che ha liquidato la
cosa come 'una trovata demagogica di volgare sapore elettoralistico'.
Dall'interno dello stesso schieramento che sostiene il governo Kostunica,
infine, un moto di aperta dissociazione e' stato manifestato nelle ultime
ore dal partito liberal-moderato G17 Plus.
Archivio Droga
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