Quando si parla di droga, l'informazione italiana non sa far altro
che cronaca. Non c'è stato uno dei maggiori quotidiani italiani che,
nel riportare i
tristi numeri della Relazione annuale dell'Osservatorio europeo
delle droghe presentato ieri, abbia posto domande sul loro
significato. Eppure è molto semplice. Ogni anno, i rapporti del
Governo italiano, dell'Europa e dell'Onu mostrano un aumento del
consumo di droghe, un incremento di morti per droga, l'espansione di
organizzazioni criminali e terroristiche grazie al mercato illegale
della droga.
Anche quest'ultimo rapporto si inserisce in una
tradizione decennale. Un giornalista dovrebbe chiedersi: visti i
numeri, stiamo affrontando il fenomeno con gli strumenti giusti? Le
risposte sono due: o la strategia proibizionista funziona, seppur
debba essere nuovamente intensificata; oppure non funziona. Sia la
prima che la seconda risposta presuppongono però che la domanda sia
posta, altrimenti anche i prossimi due, dieci, cento rapporti
fotograferanno una situazione in costante deterioramento.
Ora, facciamo uno sforzo di fantasia, e immaginiamoci che qualche
autorevole quotidiano abbia posto la domanda. Lo so, bisogna
sforzarsi un po', ma immaginate che il giornalista, intento a
organizzare in un articolo i suoi copia e incolla di cifre e di
agenzie di stampa, abbia avuto un sussulto di curiosità: dopo
decenni di guerra alla droga, sono questi i risultati? Da quarant'anni
l'Italia e l'Europa hanno adottato una strategia improntata su
proibizionismo e repressione.
E da quarant'anni, con poche
eccezioni, quella strategia è stata implementata via via con sempre
maggior vigore fino ad arrivare a oggi: carceri piene per reati
connessi agli stupefacenti, tribunali sommersi, buona parte del
budget delle forze dell'ordine destinato alla repressione, e ora
anche l'invio degli eserciti Nato in Afghanistan, dove il nemico è
responsabile del 90% dell'eroina mondiale. Nonostante ciò, le
organizzazioni mafiose e terroristiche continuano a crescere, come
anche i consumatori e i decessi per overdose. Non sono abbastanza
quarant'anni di fallimenti, certificati da centinaia e centinaia di
rapporti annuali, per cominciare a mettere in discussione il
proibizionismo?
Magari il nostro giornalista, trasportato dalla curiosità, potrebbe
porre la domanda anche a colui che dal 2001 guida quasi
ininterrottamente la politica antidroga in Italia, Carlo Giovanardi,
visto che l'Italia continua a espandere la sua teca di primati
negativi. Se non altro per chiedere conto del suo operato.
Ma non spingiamoci troppo il là con la fantasia. Nessuno farà questa
domanda, mentre la politica sembra aver già trovato la nuova
panacea: i test antidroga per i parlamentari. Ovviamente volontari e
segreti. E la pagliacciata parlamentare ha già sulla stampa maggiore
spazio della tragica realtà che emerge dall'ultimo, sempre più
inutile, rapporto europeo.
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