Isolamento, emarginazione e degrado sociale o culturale non sembrano
piú essere le caratteristiche distintive del paziente
tossicodipendente: oggi queste persone si curano con terapie
appropriate, lavorano, vivono una vita sociale e relazionale
normale. Almeno secondo un'indagine condotta da FederSerd e Gfk
Eurisko nella primavera del 2011 e presentata oggi a Milano.
L'indagine, che ha coinvolto cento medici responsabili dei Sert
(servizi pubblici per le tossicodipendenze) e 378 persone dipendenti
da eroina, mette in luce il profilo di un paziente che, nonostante
l'esperienza della droga, mostra un buon inserimento nel contesto
professionale (circa il 50% degli intervistati lavora), un buon
background culturale (quasi la metà ha conseguito un titolo di
studio superiore) e la capacità di crearsi una rete sociale e
familiare (in un terzo dei casi è sposato o convive, in un quarto
dei casi ha figli e quasi l'80% vive in famiglia o con amici).
Il
consumo di eroina risulta essere l'ultimo step di una storia di
uso/abuso precoce di sostanze: si inizia con comportamenti a rischio
- fumo e alcool in età adolescenziale - per poi proseguire con
amfetamine, Lsd, ecstasy e cocaina (mediamente a partire dai 18
anni).
La decisione di iniziare la terapia è una scelta fortemente
personale: nella quasi totalità dei casi è stato il paziente a
decidere di intraprendere un percorso di cura, spesso aiutato anche
da familiari e amici; la decisione e' nata dalla preoccupazione per
il proprio stato di salute (87%), dal desiderio di normalità (53%)
nonch‚ da un senso di responsabilità (31%).
Si tratta quindi di un paziente motivato, che vuole
curarsi, grato ai Sert e alle terapie. Particolarmente apprezzata e'
la possibilita' di avere il farmaco "in affido", disponendo cosi' di
una gestione piu' autonoma, a casa, della cura.
Un altro aspetto evidenziato dalla ricerca è l'importanza della
continuità terapeutica durante e dopo il carcere; i
tossicodipendenti infatti vanno frequentemente in carcere per
problemi connessi alla droga (un terzo degli intervistati è stato in
carcere, mediamente due volte). La possibilità di continuare la
terapia durante e dopo la scarcerazione è il presidio piú efficace
per la riduzione del rischio di overdose e di morte in questi
pazienti.
'Un passo in avanti importante'. Cosi' Il Ce.I.S.,
il Centro italiano di solidarieta' 'Don Mario Picchi', da anni
impegnato nella lotta contro ogni forma di tossicodipendenza,
commenta la ricerca commissionata da Federserd a GfkEurisko.
'Considerare le persone che entrano nel tunnel delle droghe, non
piu' come 'tossici' ma come soggetti da recuperare - spiega il
presidente del Ce.I.S. Roberto Mineo - innanzitutto come uomini e'
il ritorno a una rivoluzione culturale e sociale di non poco conto.
Tuttavia, occorre rinforzare questo percorso'.
Alla vigilia della Giornata mondiale contro le droghe, il Ce.I.S.
indica come 'soluzione le linee guida approvate, a Vienna, dalla
Commissione stupefacenti delle Nazioni unite in una risoluzione
fortemente voluta dall'Italia'.
'Come da quaranta anni, siamo sempre convinti - conclude Mineo -
che l'unica strada percorribile sia quella di porre al centro di
ogni intervento terapeutico l'uomo. Ogni persona ha un suo codice
identificativo, una sua anima, un suo modo di essere e, per quello,
deve essere aiutato. Lavorare anche su questo significa garantire un
adeguato sostegno psico-sociale e, quindi, un pieno recupero
personale e lavorativo'.
http://www.aduc.it
Temi sulla droga
|