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28/10/2012 L'Uruguay si apre alla marijuana (http://www.aduc.it)
TUTTOFRANCOBOLLI per iniziare o continuare una collezione a prezzo favorevole o per regalare una bella collezioncina ad un giovane
TUTTOFRANCOBOLLI
per iniziare o continuare una collezione a prezzo favorevole o per
regalare una bella collezioncina ad un giovane
L'Uruguay e' un Paese di appena 3,2 milioni di abitanti e tredici milioni
di vacche. La vita li' ha presenta poche sorprese. Solo due poliziotti
alla fine di una strada sterrata fanno la guardia alla casa e al piccolo
giardino in cui vive il presidente, 77 anni, e sua moglie, di 68. Una
paratia separa i taxisti di Montevideo dai loro clienti. E' raro vedere
vetri di protezione, nella capitale dell'Uruguay i collo dei taxisti e'
molto piu' sicuro dai coltelli dei clienti che non negli altri Paesi
vicini. L'Uruguay e' il Paese piu' pacifico dell'America Latina, dove la
polizia ispira fiducia, cosi' come rilevato da uno studio dello scorso
maggio della Ong Latinobarometro. E' certo che la pasta-base, la terribile
droga conosciuta come “paco”, causa devastazioni tra i giovani
piu' poveri, proprio come accade nei Paesi vicini. Ma a differenza
dell'Argentina, in Uruguay non c'e' l'abitudine di fare irruzioni nelle
case quando ci sono i legittimi proprietari; le persone non subiscono
sequestri lampo come in Messico o Venezuela. Solo quando la disoccupazione
e' scesa sotto un significativo 5,5%, la mancanza di sicurezza e'
diventata la prima preoccupazione della gente. Per questo, lo scorso
giugno, il ministro della Difesa Eleuterio Fernandez Huidobro, ha
presentato un piano in 16 punti contro l'insicurezza. Tra questi punti uno
era l'apertura di un dibattito per promuovere uno “stretto controllo” da
parte dello Stato per produzione, distribuzione e vendita della marijuana.
L'obiettivo e' quello di levare un po' di terreno sotto i piedi ai
trafficanti di droghe. Il Governo di sinistra del Frente Amplio parte
dal presupposto che i benefici della vendita della pasta-base e della
marijuana torneranno nelle proprie tasche.
“E' come in Galicia: le reti dei narcos si sviluppano rifacendosi alle
reti del contrabbando. All'inizio fu il tabacco e la marijuana, poi la
cocaina”, dice Julio Calzada, responsabile della Secretaría General
de Drogas. “Sappiamo che nel Paese ci sono perlomeno 18.500
consumatori quotidiani di marijuana. Mentre per la cocaina le persone che
l'anno provata almeno una volta in un anno, sono solo 6.000. Pur se la
cocaina ha un margine di guadagno molto piu' alto per i trafficanti, la
marijuana ha un volume di business molto piu' ampio. Per cui abbiamo un
mercato attuale di marijuana che e' al 90% di tutte le droghe, e se
leviamo questo business ai narcos, il rimanente mercato sara' per loro
meno redditizio. Sicuramente si dedicheranno ad altri tipi di reati, altre
forme di contrabbando. Ma non provocheranno notevoli danni sociali e
psicologici”.
“Questo non e' lo sbarco nella Sierra Maestra -dice Calzada-.
Si tratta di un atto eroico che abbiamo intrapreso. In Olanda sono 30 anni
che esiste un mercato legale della marijuana. E ci sono 17 Stati degli Usa
che ne consentono una produzione legale per uso medico, e 3 Stati sempre
degli Usa che nelle prossime settimane voteranno per un uso ricreativo
della marijuana. Non si tratta di una liberalizzazione, ma della
regolamentazione di un mercato che oggi e' senza regole. Ma si tratta di
un piccolo grande passo, come disse l'astronauta che scese sulla Luna”.
L'Uruguay non presenta alcun rischio per i flussi di droghe in America
Latina. “Qui non ci sono grandi volumi di business per i grandi
cartelli della droga -continua Calzada-. Non ci sono le condizioni
climatiche ne' fisiche per la produzione. Non ci sono boschi. Se prendi un
piccolo aereo, con 10.000 Usd di carburante puoi vedere tutto quello che
e' piantato. Per questo non ci sono i grandi narcotrafficanti. Quelli che
sono in zona, sono organizzazioni locali che mai potranno comprare mille
chili di cocaina per portarli in Spagna. Sono gruppi di famiglie
uruguayane che, a causa delle tensioni che ci sono per un mercato cosi'
piccolo, sono entrate nella logica di dover far crescere la violenza”.
Le tensioni e la corruzione che generano queste famiglie non hanno
niente a che vedere con quelle che ci sono ogni giorno in Brasile,
Colombia o Messico. Fino ad ora gli omicidi vengono fatti nella
maggior parte dei casi tra le proprie bande. Ma il Governo ha deciso di
collocare un buona paratia sociale, come nei taxi, prima che la violenza
debordi. Tre mesi dopo l'annuncio,
il progetto di legge e' stato
depositato alla Camera dei Deputati.
Il Frente Amplio, la formazione di 13 gruppi che sostiene il presidente
José Mujica, spera di farlo approvare entro la fine dell'anno. E al Senato
nell'anno successivo.
Perche' l'Uruguay e' stato il primo Paese a fare un passo del genere?
“Qualcuno deve pur essere il primo”, ha detto a giugno il
presidente dell'Uruguay, José Mujica, in
un'intervista concessa al quotidiano “O Globo”.
“Qualcuno deve iniziare in Sud America. Perche' stiamo perdendo nel
Continente la battaglia contro le droghe e il crimine”. Mujica si e'
recato per questo motivo in Brasile all'incontro di Rio+20 che ha riunito
tutti i Paesi membri dell'Onu per discutere sull'ambiente. Pochi sono
stati gli accordi concreti raggiunti in questo incontro. Il discorso
che ha tenuto José Mujica e' stato visto da piu' di un milione di persone
su Youtube:
“Appartengo ad un Paese piccolo ma ben attrezzato di risorse naturali
per poterci vivere. Il mio Paese ha tre milioni di abitanti. Poco piu' di
3.200.000. Ma ci sono tredici milioni di vacche tra le migliori al mondo.
Tra otto e dieci milioni di stupende pecore. Il mio Paese esporta cibo,
latte e carne. E' una grande pianura soavemente ondulata. Quasi l'80% del
suo territorio e' utilizzabile. I miei compagni lavoratori hanno molto
lottato per le otto ore di lavoro. Ora stanno ottenendo sei ore. Ma la
conseguenza delle sei ore e' che molti hanno un doppio lavoro, per cui
lavorano piu' di prima. Perche'? Perche' devono far fronte a molte
scadenze economiche. La motocicletta che hanno comprato. La macchina che
hanno comprato. E pagano rate su rate. E quando si vuole mettere in corda
un vecchio pieno di reumatismi come me, si e' persa la vita. Uno si fa
queste domande: “E' questo il destino della vita umana? Queste sono cose
molto elementari. Lo sviluppo non puo' andar contro la felicita', ma deve
essere in armonia con la felicita' umana, con l'amore, con le relazioni
umane, con la cura dei figli, con l'avere amici, con le cose piu'
semplici. Proprio perche' e' questo il tesoro piu' importante che abbiamo.
Quando lottiamo per l'ambiente, il primo elemento dell'ambiente si chiama
felicita' umana. Grazie”.
Dopo quel discorso non e' successo niente di nuovo in Uruguay. I suoi
compatrioti hanno sentito molte volte “Pepe” Mujica citare Seneca
ed Epicuro, lo hanno sentito dire che non e' piu' ricco chi ha di piu' ma
chi ha il minimo desiderato. Anche i piu' critici verso di lui gli
riconoscono di essere coerente coi propri discorsi. Dei suoi 12.500 Usd
mensili che percepisce, ne trattiene solo 1.250 e il resto lo devolve a
fondazioni sociali, gira con la sua vecchia auto Volkswagen celeste ed e'
completamente felice piantando bietole. Non ha nessuna contraddizione tra
cio' che ha e cio' che proclama. Ma quando Mujica ha cominciato a
presentare i dettagli del suo progetto contro il traffico di droghe, in
Uruguay hanno cominciato a levarsi critiche sulle “incongruenze”,
“contraddizioni” e le “sciocchezze” del suo progetto.
“Lo Stato avra' il controllo della qualita', quantita' e prezzo e la gente
dovra' registrarsi”, ha detto nell'intervista al “O Globo”. Le
sigarette avranno un controllo informatico e si potra' rintracciare la
loro origine grazie all'etichetta chimica che hanno. E' importante
considerare che se qualcuno compra 20 sigarette di marijuana, le potra'
consumare ma non le potra' vendere. Con il registro di Stato, sara' facile
controllare questi consumatori e verificare che le regole non siano
violate”.
“Mujica ha semplificato i propri argomenti ed ha reso poco seria la
propria richiesta”, ha detto Guillermo Garat, autore del libro
“Marihuana y otras hierbas” pubblicato lo scorso settembre in
Uruguay. “Ha detto: se i tossicodipendenti chiedono di fumare piu'
spinelli, dovro' portar via i mozziconi che avanzano. Dovevamo dirgli: 'Mujica,
gli spinelli non hanno avanzi'. Dopo ha promesso che se il 60% della
popolazione non approvava l'iniziativa, l'avrebbe annullata. Questo non e'
serio. Un Governo si rivolge al Parlamento in funzione di cio' che dicono
i sondaggi? Inoltre, lo stesso giorno in cui aveva fatto questa
dichiarazione, era stato reso noto un sondaggio, con domande poste male,
da cui emergeva che la maggior parte della popolazione si opponeva alla
legalizzazione”.
“Mujica ha uno stile aperto ed onorevole, che e' quello che gli da' la
possibilita' di esser presidente”, dice Garat. “Pero'
talvolta mostra alcuni pregiudizi che sono tipici della sua eta' e del suo
passato di guerrigliero nei Tupamaros. Questa guerriglia vedeva la droga
degli anni '70 come una specie di religione che addomesticava la gioventu'.
Mujica e la societa' si sono portati dietro questa convinzione. Il Governo
ha detto che sta per regolamentare il mercato della cannabis, ma non ha
detto come. Mujica ha usato epiteti stigmatizzanti contro i consumatori di
droga. E questo ha sollevato una montagna di congetture del Governo e
della stampa. La gente e' confusa. Ci sono politici che dicono:
'Andiamo a comprare la marijuana dai narcos?'”.
“E nonostante tutti questi errori -continua Garat- il Governo
si e' mosso bene e in due mesi ha fatto molta strada. E' stato presentato
il progetto in Parlamento ed e' stato detto ai parlamentari che non si
vietera' cio' che decidera' il Parlamento (l'ex-presidente di
sinistra Tabaré Vazquez, nel 2008 aveva vietato una legge sulla
depenalizzazione dell'aborto approvata da deputati e senatori). Mujica
e' un grande repubblicano, bisogna riconoscerlo. Si attiene alle
definizione piu' letterale di repubblica: il popolo e' rappresentato nelle
proprie istituzioni e bisogna che queste ultime siano rispettate. Mi
sembra di notevole valore aver rimesso l'iniziativa al Parlamento, dove
c'e' anche una opposizione. Credo che lui stesso abbia consapevolezza dei
propri limiti e preferisce che la decisione sia presa da un organismo
collettivo di rappresentanza”.
Quando cala la sera a Montevideo non e' raro sentire odore di marijuana
nelle spiagge del rio de la Plata, nei parchi, nelle gradinate dei
campi di calcio, nelle principali strade... “A Montevideo, a
differenza di cio' che accade all'interno del Paese, c'e' un'altissima
tolleranza sociale verso il consumo di marijuana”, dice Garat.
“Durante la dittatura, che fini' nel 1985, gia' nel 1975 fu approvato
un decreto che ne permetteva il consumo. A partire dal 1985 cominciarono a
ritornare persone che erano andate in esilio in Europa e cominciarono a
diffondersi anche qui alcuni modi di dire tipici della Spagna: si parlava
di “porros”, “canutos”, “petardos”,”la maria”.. (ndr: diversi modi di
chiamare lo spinello). Ma non era altrettanto chiaro come si potevano
avere queste droghe anche se il consumo era concesso. E' questa la
contraddizione che in Uruguay e' all'ordine del giorno e sulla quale il
Parlamento ha cominciato a lavorare da due anni. Si lavora in forma piu' o
meno discreta sulla legalizzazione dell'autocoltivazione, dopo che c'e'
stato un notevole clamore sociale con la detenzione di Alicia Castilla”.
L'argentina Alicia Castilla, 68 anni e di nazionalita' spagnola, fu
messa in prigione il 30 gennaio 2011 per aver coltivato nella propria casa
29 piante di marijuana. Ad oggi e' ancora pendente il giudizio dopo una
richiesta di due anni di carcere da parte della procura incaricata del
caso. “Io sono venuta dall'Argentina all'Uruguay per vivere in pace,
pubblicare i miei libri in e-book... Avevo scritto per molti anni nella
rivista 'Cannabis Magazine'. Un giorno invitai un fotografo che era stato
licenziato dalla rivista, 45 giorni che furono una esperienza orribile. Al
ritorno in Spagna, il fotografo invio' alla polizia una mail con le
fotografie della casa e tutte le piante di marijuana che li' si
coltivavano, sostenendo che era un cartello della droga. La mia casa fu
circondata da cinque pattuglie perche' erano convinti che stavano per
arrestare la versione femminile del colombiano Pablo Escobar. Ho trascorso
95 giorni in prigione”.
Un film di Almodovar
Tra la detenzione di Alicia Castilla e quella dell'artigiano Mauricio
Balitzki, che fu denunciato da un vicino per possesso di piante, il
Governo ha deciso che non solo si dovesse regolamentare l'autocoltivazione
ma proprio tutto il mercato della marijuana. Oggi Alicia Castilla e'
impegnata nelle trattative contro il progetto di Mujica. “Nessuno
penserebbe che io possa oppormi ad un progetto di legalizzazione. Ma cosi'
e'. A parte le sciocchezze che sono state dette finora, comuque quella che
si potra' vendere un massimo di 20 sigarette o che gli spinelli avrebbero
un chip sulla punta, o un controllo informatico per conoscere la
provenienza degli spinelli; a parte che prima hanno detto che sarebbero
stati destinati 65 ettari per piantare marijuana e dopo hanno detto che
sarebbero stati 100 e poi ancora 150 in serra... Faccio alcune domande,
molto sentite: Perche' non dedicare questi spazi a piantare cibi invece di
marijuana? A parte tutte le incongruenze e il linguaggio
pseudo-progressista che ha usato Mujica, mi pare una proposta fallace.
Prima di tutto perche' si propone di diminuire il consumo della
pasta-base. Io ho vissuto, grazie allo Stato uruguayano, con consumatori
di pasta-base. E vedo che sono sottovalutati i consumatori di droghe. Il
consumatore sa molto bene cio' che vuole e chi si vede privato della
pasta-base non la rimpiazzera' con la marijuana. Nello stesso tempo mi
oppongo perche' credo che lo Stato non e' nessuno per determinare quale
quantita' debba fumare un cittadino. E mi pare terribile il concetto di
registro. Se fumare marijuana e' un fatto privato non posso per questo
essere registrato dallo Stato”.
“Credo che sarebbe stato molto piu' semplice proporre l'autocoltivazione”,
dice Castilla. “Sarebbe stato il primo Paese a legalizzarla. E
si sarebbe potuta approvare l'esistenza di club, come in Spagna. Oggi la
proposta pretende di conciliare l'idea dell'autocoltivazione con quella di
controllo statale del mercato. Ma e' difficile decidere che il Governo
abbia il monopolio di coltivazione, vendita, distribuzione e stoccaggio e,
nel medesimo tempo, permettere che la gente coltivi nella propria casa.
La questione del registro e' come un film di Almodovar: viene un
poliziotto a casa tua e ti dice: 'signora, vengo a pesarle la
marijuana...'. E se mi muore una pianta o se si ammala, me la pensano
umida o secca?”.
“Possiamo essere d'accordo che ci siano imperfezioni, ma occorre
essere flessibili, e questo richiede tempo”, ha detto lo scorso
mercoledi' il britannico Steve Rolles, membro della Fondazione
Transform Drug Policy, che era alla Facolta' di Scienze Sociali di
Montevideo per tenere una conferenza sul tema. Julio Calzada, responsabile
della Secretaría General de Drogas, ha ascoltato con attenzione tutti gli
interventi. Alla fine, tra la trentina di persone che assistevano alla
conferenza, un uomo di eta' media si e' diretto verso di lui:
- Finora l'unica conseguenza pratica che ha avuto il progetto del Governo
e' stata di bloccare la situazione precedente di autocoltivazione.
E Calzada ha risposto:
- le stime che abbiamo dicono che coloro che praticano l'autocoltivazione
in Uruguary sono poco piu' di 1.500 persone. Mentre quelli che fumano
marijuana sono 18.500. Approvando l'autocoltivazione proporremo una
soluzione per il solo 10% del mercato. A tutti noi piace mangiare
pomodori, ma non tutto il mondo ha la perseveranza e la pazienza per
coltivarli. Niente mi dice che una persona che consuma in un fine
settimana si accolli il lavoro di piantarla a settembre per prendersi cura
di lei fino a maggio e raccoglierne i frutti a luglio.
Critiche da destra e da sinistra
Il progetto ha ricevuto critiche sia da destra che da sinistra. Il
socialista ed ex-presidente Tabaré Vazquez, padre della
legislazione che proibisce di fumare nei luoghi pubblici, ha dichiarato
che “i Paesi che hanno legalizzato la marijuana si stanno rovinando
perche' l'esperienza non e' stata buona”. Il senatore del Partito
Colorado e presidente per due mandati. Julio Maria Sanguinetti, ha
qualificato la proposta come uno degli “eventi abituali” di
Mujica e lunedi', nel quotidiano argentino “La Nacion” ha scritto:
”Purtroppo, gente seria a livello internazionale che intende discutere
sulla legalizzazione della marijuana, ha preso in modo favorevole la
proposta di Mujica senza conoscerne i particolari. Noi diciamo, per
esempio, ai nostri ammirevoli amici Mario Vargas Llosa e Fernando Henrique
Cardoso... l'unica cosa buona di questa intempestiva iniziativa e' stata
di porre in rilievo quanto nel mondo si informa sulla pericolosita' della
marijuana”.
I difensori della proposta ritengono che sia l'unica che ha messo
in chiaro che, dopo varie decadi di proibizione delle droghe e lotta
contro il narcotraffico, il consumo e il traffico, il risultato e' stato
solo di far crescere cio' che si voleva far diminuire oltre a corrompere
le basi morali della societa'. “Mujica legge e studia molto”, ha
dichiarato il deputato del Frente Amplio Sebastian Sabini.
Sebbene per alcuni possa sembrare campagnolo, la verita' e' che e' un
grande promotore di dibattiti. E sa ascoltare. Ad altri puo' non piacere
lo stile Filippo II o Luigi XIV, ma comunque indica il percorso che tutti
seguono senza discussione. Bene... e' una differenza di stile”.
Il progetto dovrebbe convertirsi in legge prima che Mujica finisca il suo
mandato presidenziale nel 2015. “Sicuramente avra' un ritmo piu'
rapido dopo che sara' stato approvato tutto cio' che ha a che fare con l'autocoltivazione.
E avra' un altro ritmo, a medio termine, per affrontare l'ambito della
regolamentazione da parte dello Stato", ha spiegato il deputato
Sabini.
L'economista Carlos Casacuberta ha studiato cio' che potra'
accadere con l'approvazione: “I narcos reagiranno come qualunque
impresa. Cercheranno di competere con la marijuana del Governo, trovando
la propria nicchia. Ci saranno due tipi di marijuana: legale e illegale.
Alla fine di tutto, che cosa ci avra' consentito il nuovo sistema?
Debilitare, mettere nell'angolo o espellere dal mercato il narcotraffico?
No. Gia' esistono le altre droghe e inoltre una porzione importante del
mercato di marijuana rimarra' nelle loro mani. Ci sara' meno repressione?
Credo di no. Ci sara' meno violenza? Non e' chiaro se gli episodi di
violenza siano legati particolarmente con la marijuana. Verra' levata
parte del mercato dall'orbita del narcotraffico. Diminuira' il consumo di
altre droghe? L'esperienza olandese di separazione dei mercati (tra
marijuana e le altre droghe pesanti) non ha mai dato prove concludenti in
merito”.
Ma allora, quali saranno i vantaggi dall'approvazione del progetto?
“Si integrera' il consumo di marijuana come un'attivita' socialmente
legittima”, e si evitera' ai consumatori “il costo psicologico”
associato all'illegalita'. Ma Casacuberta crede che in futuro verranno
riconosciuti i danni che provoca la marijuana alla salute., discussione
che “non e' stata affrontata nella dimensione che merita”.
Il professore di psicologia sociale Juan Fernandez Romar, che e'
stato uno dei professionisti consultati dal Governo, riconosce che sara'
molto complesso “rendere operativo” il progetto, trasformarlo in
realta'. Ma crede che il dibattito ne stia valendo la pena ed e' servito
per dare maggiori informazioni alla societa'. “Questo fa parte
dell'assunto della legge, come la depenalizzazione dell'aborto (promulgata
alcune settimane fa) o del matrimonio tra persone del medesimo sesso (in
corso di approvazione), che mi fa sentire orgogliose del Paese in cui
vivo. Anche se per ora e' stato solo messo sul tavolo un problema cosi'
complesso.”
“Che succedera'?”, si domanda Guillermo Garat nel suo libro:
“Non si sa, questa storia non ha un finale. L'unica cosa piu' o meno
chiara e' cio' che e' gia' accaduto, il piu' interessante e' cio' che
verra' e le risposte che dara' la societa', a meno che non ci si arrenda”.
(Articolo di Francisco Peregil, pubblicato il 28/10/2012 sul quotidiano El
Pais)
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