La vendita di semi di cannabis, in negozio e online, anche se
accompagnata da indicazioni su coltivazione e resa,
non costituisce reato di istigazione all’uso di stupefacenti.
Questa volta a dirlo una volta per tutte è la massima autorità
giudiziaria, le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione,
in merito al caso del negozio online
semitalia.it che
aveva portato anche all'ingiusto arresto dei suoi titolari.
Accogliendo le argomentazioni difensive dell'avvocato Carlo Alberto Zaina,
consulente legale Aduc in materia di stupefacenti, la Cassazione ha
affermato -come già numerosi altri tribunali (tra cui Bolzano, Firenze,
Rovereto e Cagliari)- la liceità della vendita di semi online, vendita che
non costituisce reato di istigazione, induzione o proselitismo all'uso di
sostanze stupefacenti anche se accompagnata da informazioni o strumenti
per la coltivazione.
Viene cosi' smontata una volta per tutte una politica del diritto
penale sugli stupefacenti fondata sulla repressione dei reati d'opinione,
cosi' come la vorrebbe la legge Fini-Giovanardi. Se la vendita di
semi di cannabis è di per se' legale e riconosciuta tale dalla Convenzione
di New York del 1967, diversi pubblici ministeri, su impulso del
precedente Governo -di cui faceva parte lo stesso Giovanardi in qualità di
sottosegretario con delega in materia di stupefacenti- hanno voluto
proibirla indirettamente punendo i commercianti non tanto per l'attività
di vendita, ma per il reato di istigazione o induzione al consumo di
droghe che sottenderebbe l'attività commerciale. Una strada che si è oggi
rivelata impercorribile perche' in contrasto con i principi fondamentali
del diritto.
Ma le numerose pronunce giudiziarie mettono in luce anche uno
degli aspetti piu' repulsivi dell'attuale politica sulle droghe.
Nell'impossibilità di ridurre la domanda e l'offerta di sostanze
stupefacenti, ormai certificata da quarant'anni di fallimenti della guerra
alla droga che ha dato vita a un ricco mercato nero di cui beneficiano a
pieno le peggiori organizzazioni criminali, la repressione si concentra
sui piccoli consumatori di cannabis, sostanza infinitamente meno
pericolosa di alcool e tabacco. Dal sequestro dei registri di siti di
vendita come mariuana.it e Seminali sono scaturite migliaia di
perquisizioni e arresti di acquirenti di semi di cannabis.
Come già aveva ribadito il Tribunale di Firenze, investito di un caso
simile: "La verita' che non si vuol vedere e' che questi esercizi di
rivendita legale di semi per collezione hanno plausibilmente quali unici
estimatori proprio coloro che hanno esigenza di fare uso di marijuana
rendendosi pero' indipendenti proprio dal mercato illegale della droga, e
facendo cosi' in proprio a livello domestico". In altre parole, punendo
condotte di per se' legali e alla luce del sole, il proibizionismo finisce
ancora una volta per alimentare le grandi organizzazioni criminali e i
loro traffici.
Fino a quando dovremo subire politiche cosi' irrazionali e dannose?
Qui il commento dell'avv. Zaina alla pronuncia delle Sezioni Unite
della Cassazione.
08/11/2012 Semi di cannabis, la Cassazione a Sezioni Unite: non costituisce reato di istigazione all'uso
(Carlo Alberto Zaina, http://www.aduc.it)
L’annosa questione concernente l’applicabilità dell’art. 82 dpr 309/90
(norma che sanziona l’istigazione, l’induzione e il proselitismo all’uso
di sostanze stupefacenti) rispetto alle condotte di coloro che pongano in
commercio semi di cannabis, sia attraverso la consueta rete di negozi, sia
via siti web, è approdata all’esame delle SS.UU. della Corte di Cassazione
ed è stata decisa all’udienza del 18 ottobre u.s. .
Era stata, infatti, la Terza Sezione Penale della Corte [1],
con l’ordinanza n. 25355/2012, ad evidenziare la esistenza di una
situazione di apparente incertezza della giurisprudenza di legittimità
sullo specifico punto di diritto.
La Terza Sezione aveva, inoltre, sottolineato l’equivocità di talune
decisioni (rappresentando, infatti, il contrasto insorto tra alcune
Sezioni), si che si sarebbero creati tre orientamenti ermeneutici (due
dei quali uniformemente indirizzati a sussumere la condotta commerciale
nella fattispecie di delitto descritto dalla norma e, quindi, a
considerare come punibile la vendita dei semi, quale istigazione).
Questi orientamenti costituivano, quindi, espressioni di conclusioni
diametralmente differenti, opposte e configgenti.
Sicchè, in una condizione di incertezza, costituiva atto dovuto la
scelta, così operata, di delegare le Sezione Unite al compito di fornire
una soluzione definitiva, che regolamentasse la controversia insorta.
Affermava, tra l’altro, l’ordinanza di rimessione che:
a) un primo indirizzo intendeva come sanzionabile, già di per sé,
la condotta di pubblicizzazione di semi di piante idonee a produrre
sostanza stupefacente.
Detta considerazione si fondava sul presupposto dell’esistenza di una
relazione diretta, che intercorrerebbe tra la ricordata pubblicizzazione
di semi, la coltivazione della piante (destinazione d’uso del seme
ritenuta naturale) e, da ultimo l’ulteriore uso del prodotto della
coltivazione;
b) un secondo indirizzo, a propria volta, riteneva perfezionata la
fattispecie penalmente rilevante, ove il “contesto” ed il “contenuto
delle espressioni usate” apparissero sufficienti ad indurre i
destinatari all’uso di stupefacenti.
Da siffatta premessa, deriverebbe la naturale conclusione che la vendita
di semi di cannabis, qualora appaia coesistente con indicazioni relative
a modalità di coltivazione, potrebbe integrare la violazione dell’art..
82 dpr 309/90.
Sarebbe, peraltro, sempre fatto salvo il libero apprezzamento del
giudice, nel caso concreto;
c) un terzo indirizzo, ribadendo l’esclusione in radice della
illiceità della vendita di semi di cannabis, richiede – per addivenire
alla configurabilità concreta dell’ipotesi prevista dall’art. 82 dpr
309/90 – un elemento ulteriore, rispetto alla mera propaganda
pubblicitaria (sanzionata amministrativamente dall’art. 84 dpr 309/90).
Il quid pluris consiste in una seria di attività espressamente
strumentali ed inequivocamente e deliberatamente orientate a favorire la
coltivazione, per poi pervenire al raggiungimento dello scopo del
successivo uso del prodotto della coltivazione stessa.
** ** **
L’attenzione delle SS.UU. si è, dunque, incentrata sul quesito di
diritto che testualmente recita: Se integra il reato di
istigazione all'uso di sostanze stupefacenti la pubblicizzazione e la
messa in vendita di semi di piante idonee a produrre dette sostanze, con
l’indicazione delle modalità di coltivazione e la resa.
La questione, affrontata con la decisione il cui dispositivo si
illustra, in attesa della pubblicazione delle motivazioni, è venuta ad
involgere, così, gli artt. 26, 73, 82 e 84 del T.U. Stup. 309/90 e 414.
e 84 c.p. .
Si deve, infatti, rilevare che il ricorso per Cassazione della Procura
della Repubblica di Firenze, oltre a dolersi della presunta falsa ed
erronea applicazione degli artt. 82 e 84 della legge sugli stupefacenti,
introduceva in via subordinata ed alternativa, alla richiesta
principale, anche il tema della sussistenza della possibile
configurabilità del combinato disposto dagli artt. 414 c.p. e 73 dpr
309/90, in relazione a quelle ipotesi di commercio di semi di cannabis
che presentino, in modo in equivocamente deliberato anche – ad
adiuvandum – attività di esplicazione delle tecniche coltivative.
Questa prospettazione di evidente carattere ipotetico-alternativo era
stata, peraltro, disattesa dal giudice di prime cure (il GUP di
Firenze).
Ad avviso del giudicante, infatti, la differente natura delle due
ipotesi di reato (l’una istigazione ad una condotta non reato, l’altra
istigazione ad un condotta di reato) escludeva a priori qualsiasi
possibilità di commistione fra le stesse e, quindi, la configurazione di
una estrometteva logicamente l’altra in relazione alla fattispecie in
oggetto
La soluzione adottata dalle SS.UU. pare – il condizionale è d’obbligo in
attesa di leggere per esteso l’ordinanza – avere colto e valorizzato,
invece, proprio quest’ultimo tema, venendo ritenuta la possibilità della
formulazione di una contestazione del reato di istigazione alla
coltivazione (artt. 414 cp e 73 dpr 309/90)
La soluzione addotta – come si può leggere sul
sito della Suprema Corte è la seguente “Negativa, salva la
possibilità di sussistenza dei presupposti per la configurabilità del
reato ex art. 414 cod. pen. con riferimento alla condotta di istigazione
alla coltivazione di sostanze stupefacenti”.
Pare, dunque, di potere affermare che l’ordinanza in commento ha
tassativamente e definitivamente negato l’applicabilità dell’art. 82 dpr
309/90 al commercio di semi di cannabis.
In questo modo, è stata superata anche quell’opinione giurisprudenziale,
la quale, utilizzando una affermazione corretta (“la coltivazione
costituisce un passaggio necessario, per pervenire all’uso di
stupefacenti”), intendeva, peraltro, giustificare, in maniera
assolutamente impropria ed errata, l’utilizzo della norma in questione,
a carico dei commercianti di semi di cannabis.
In buona sostanza, il tentativo di estendere la valenza della norma di
cui all’art. 82, anche a casi del tutto ultronei all’operatività della
stessa, avveniva, in sede giurisprudenziale, pur in presenza di una
inequivoca e tassativa struttura espositiva del testo, il quale mirava a
sanzionare esclusivamente condotte (istigatorie) collegate in modo
esclusivo e diretto (non già mediato) all’uso di
stupefacenti.
La criticata posizione interpretativa, inoltre, manifestava la propria
insufficienza, sol che si pensi agli elementi di fatto che usualmente
formavano (e formano) la base e la architettura per la descrizione – in
sede di formulazione dell’imputazione – delle condotte costituenti
quegli addebiti penali, in base ai quali qualificare l’ipotesi di reato
di cui all’art. 82 dpr 309/90.
Le attività, usualmente contestate, dalla pubblica accusa, agli
indagati/imputati, si incentrano sempre, specificatamente, sulla
pressione o sull’agevolazione a coltivare piante da cui ricavare lo
stupefacente, cioè su di una volontà di rafforzare o creare una
situazione di determinazione del soggetto.
Si tratta di una condotta, che, usualmente, la pubblica accusa assume
come, deliberatamente e scientemente, svolta dal commerciante a
corollario della vendita di semi e rivolta verso l’acquirente.
E’ naturale, però, il rilievo, già anticipato, che “l’istigazione
o l’induzione a coltivare” costituisce, però, comportamento
completamente diverso ed affatto confondibile rispetto all’ ”istigazione
all’uso di sostanze stupefacenti”.
Siamo, infatti, dinanzi a due momenti ed a due comportamenti,
assolutamente indipendenti e tra loro autonomi, i quali semmai, possono
risultare logicamente successivi sul piano temporale.
Va, inoltre, considerato che la ratio dell’art. 82 dpr 309/90 postula la
punibilità di un atteggiamento (“l’istigazione”) che non è
affatto finalizzato a determinare un soggetto a commettere un reato,
in quanto l’uso di stupefacenti non costituisce ipotesi penalmente
sanzionabile, bensì illecito puramente amministrativo.
Diversamente, l’ipotizzazione – nei fatti e sulla base dei richiami
usualmente usati nei capi di imputazione – dell’abbinamento, da parte
del commerciante, fra la vendita di semi di cannabis (lecita) e la
divulgazione di metodologie specifiche e qualificate per produrre
sostanze stupefacenti (illecita), può costituire – previa valutazione
del magistrato di volta in volta – una situazione di
“istigazione” alla commissione di un reato (la coltivazione ex
art. 73 co. 1 dpr 309/90).
Da queste considerazioni discende, quindi, l’indicazione da parte delle
SS.UU. di una nuova via metodologica di indagine, in relazione al
fenomeno, sino ad oggi sussunto (erroneamente) nel disposto dell’art. 82
dpr 309/90.
Appare, peraltro, evidente dallo stesso tenore letterale della massima
(e salvo ulteriori e diverse indicazioni che derivassero da una
possibile più attenta lettura dei profili motivazionali) che “….la
possibilità di sussistenza dei presupposti per la configurabilità del
reato ex art. 414 cod. pen. con riferimento alla condotta di istigazione
alla coltivazione di sostanze stupefacenti”, costituisce
un’ipotesi di reato meramente residuale.
Indubbiamente, ove si ravvisasse, in casi specifici la violazione del
combinato disposto dagli artt. 414 c.p. e 73 dpr 309/90, si verrebbe a
verificare l’effetto per il quale l’imputato verrebbe ad incorrere in
trattamenti sanzionatori di maggiore severità rispetto alle pene
previste dall’art. 82.
Ritengo, però, che i criteri ermeneutici da utilizzare, al fine di
addivenire – di volta in volta - alla valutazione della configurabilità
(o meno) del reato di istigazione alla coltivazione, non potranno
discostarsi sensibilmente, da quelli adottati sino a od oggi, vigente,
l’indirizzo superato.
Essi dovranno – ad avviso di chi scrive – ancorarsi a quel ragionevole
criterio espresso dalla giurisprudenza della Sezione Quarta, che – con
la sentenza 17 gennaio 2012 – ha predicato
1) l’esclusione in radice della illiceità della vendita di
semi di cannabis,
2) il raggiungimento della prova di una serie di attività di
informazione, diffusione ed esaltazione comunicativa, che si pongano in
relazione strumentale ed in equivoca, oltre che risultino
deliberatamente orientate a promuovere ed a favorire la coltivazione.
Si tratta di un criterio adottato per la configurabilità concreta
dell’ipotesi prevista dall’art. 82 dpr 309/90, ma tale requisito appare
ben applicabile anche in questo caso.
Queste sono le prime considerazioni, attendiamo le motivazioni per
ulteriori valutazioni.
[1] A tale sezione della Corte di Cassazione (R.G. 43237/2011),
il processo era giunto a seguito del ricorso per Cassazione proposto
dal PM presso il Tribunale di Firenze, avverso la sentenza resa dal
GUP di Firenze il 1° giugno 2011, che assolveva gli imputati perché
il fatto non sussiste dall’accusa di violazione dell’art. 82 dpr
309/90.
08/11/2012 Legalizzazione cannabis. Lo sprint Usa e il vuoto italiano... cominciamo a parlarne? (
Vincenzo Donvito , http://www.aduc.it)
I
risultati dei referendum Usa
sulla legalizzazione della cannabis non sono un fulmine a ciel sereno,
ma un evento gia' annunciato da un trend che, in questi ultimi anni, ha
visto diversi Stati di quel Paese legalizzarne l'uso a fini terapeutici.
Sicuramente la novita' e' rappresentata dagli Stati del Colorado e di
Washington dove la legalizzazione riguarda l'uso ludico, una spallata al
concetto stesso di proibizionismo e a quella “war on drugs”
che 40 anni fa fu lanciata dall'allora presidente Richard Nixon; guerra i
cui risultati sono nelle nefaste cronache quotidiane che registrano
aumenti vertiginosi di morte, malavita, strage di giustizia, carceri che
esplodono, nonche' milioni di consumatori considerati delinquenti o
passibili di sanzioni amministrative. “War on drugs” che ha
consegnato interi Paesi nelle mani delle delinquenze organizzate
(Afghanistan, Nigeria, Messico, Colombia, Peru', etc) oltre che dare
alimento alla malavita organizzata come quella, per esempio, italiana e
russa.
Ora il confermato presidente Obama, che piu' volte si e' dichiarato
contrario alla legalizzazione pur dimostrando disponibilita' al confronto,
dovra' fare i conti con tutti questi Stati della propria federazione che
la pensano in modo diverso.
Insomma, qualcosa e' cambiato -e non poco- proprio li' dove ha origine la
politica proibizionista che vede quasi tutti gli Stati del mondo allineati
e rispettosi.
E non potremo far finta di nulla.
Anche qui, nel Paese dove la politica governativa sulla droga e' affidata,
oltre che alle forze dell'ordine che fanno il possibile per fermare il
narcotraffico, al DPA, Dipartimento politiche Antidroghe, guidato da
esperti consapevoli del proibizionismo prono solo ai dettami dei governi
Usa e distratto rispetto alle politiche dei tanti Paesi europei il cui
approccio con le sostanze oggi illegali non si limita al divieto e alla
demonizzazione (Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Svizzera, Germania,
Olanda, etc).
Lo specchio dell'Italia -in questi giorni- sono
i programmi elettorali dei candidati alle primarie del centro-sinistra
dove, a parte le timide eccezioni di Matteo Renzi e Laura Puppato, nonche'
l'aggiunta di uno specifico capitolo da parte di Nichi Vendola dopo un
nostro articolo in merito, gli altri due (Pierluigi Bersani e Bruno
Tabacci) ignorano l'esistenza del problema.
Ci sono poi alcune Regioni che hanno aperto all'uso terapeutico della
cannabis, ed altre che ne stanno parlando, ma li' dove ci sono le
leggi ( Toscana
e
Veneto), per ora e' solo teoria.
Come sempre -e meno male- gli input ci arrivano da oltre confine e,
soprattutto dagli Usa. E forse e' la buona occasione non tanto per
cominciare a cambiare le nostre leggi proibizioniste (che e' il nostro
obiettivo), ma quanto meno cominciare a discutere anche nelle istituzioni
dei loro disastri e della loro efficacia. Noi abbiamo anche fatto
presentare dei
disegni di legge in merito, ma sono incollati con l'attaccatutto
nei cassetti piu' segreti del Senato.
Forse e' la buona occasione per cominciarne a parlare.
http://www.aduc.it
Archivio Droga
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