La vexata quaestio riguardante la punibilità del cd. uso di gruppo di
sostanze stupefacenti, anche in relazione a vicende, che si siano verificate
successivamente all’entrata in vigore della L. 49/2006, testo che ha
parzialmente modificato il T.U. dpr 309/90, approda all’attenzione delle Sezioni
Unite, all'udienza del 31 gennaio 2013.
Il contrasto interpretativo, insorto da tempo, e che vede la Sesta Sezione
Penale del Supremo Collegio offrire una chiave di lettura – favorevole al
mantenimento dell’indirizzo ermeneutico invalso in sede di legittimità in epoca
anteriore alla novella del 21 febbraio 2006 – avversata da pronunzie che
provengono da altre distinte Sezioni della Corte di Cassazione (Sezioni Terza e
Quarta), otterrà, così, una soluzione, che, ci si augura, possa fugare i dubbi,
che, di volta in volta, le singole pronunzie, hanno sollevato.
E’ bene notare – onde potere fornire uno stato dell’arte quanto più
dettagliato e preciso - che i due principali opposti orientamenti si riassumono,
principalmente, da un lato, nella sentenza della Sezione Seconda, 6 maggio 2009,
n. 23574/2009, Mazzuca e, dall’altro, ex plurimis nella decisione della Sesta
Sezione, 27 febbraio 2012, Bove, n. 17390[1].
A.
LE OPPOSTE TESI
La prima delle due pronunzie citate escluse che, intervenuta la modifica
dell’art. 73 dpr 309/90, attraverso la l. 21 febbraio 2006 n. 49, il cd. uso di
gruppo di sostanze stupefacenti potesse essere ritenuto causa di
giustificazione, idonea ad affermare la non punibilità di quei soggetti che
coacquistino, oppure codetengano, oppure ancora coassumano quantitativi di
stupefacenti.
In buona sostanza la sentenza si pose in una posizione di discontinuità
rispetto all'indirizzo delle SS.UU. (28 maggio-18 luglio 1999, n. 4, r.v.
208216).
I giudici della Seconda Sezione, infatti, ebbero a sostenere che la
formulazione post lege 49/2006 dell’art. 73 dpr 309/90, avrebbe potuto
costituire argomento affatto decisivo per due ordini di ragioni.
1. In primo luogo, fu evidenziata l’incidenza e l'influenza che detta norma
avrebbe potuto dispiegare sul testo dell’art. 75 (e, ovviamente, sulla sua
interpretazione).
Tale norma governa il sistema delle sanzioni amministrative da applicare
suppletivamente al cittadino, nell’ipotesi in cui venga ravvisato, all'esito di
un giudizio, la finalizzazione della specifica condotta (detenzione,
importazione od esportazione) a scopi di uso esclusivamente personale.
Una corretta lettura applicativa dell’art. 75, si affermò nella sentenza
Mazzuca, sarebbe dovuta essere operata sempre in combinato disposto con l’art.
73 comma 1 bis.
Questa ultima norma, infatti, costituirebbe, quindi, caposaldo ermeneutico,
cui rinvia il legislatore, nella parte dell’art. 75 che sancisce l’applicazione
di sanzioni amministrative a carico di chi “…comunque detiene sostanze
stupefacenti o psicotrope fuori dall’ipotesi di cui all’art. 73 comma 1 bis….”.
Si sostenne, inoltre, che, per potere, infatti, pervenire ad un giudizio
dirimente, in ordine al problema della destinazione della sostanza stupefacente
ad un eventuale uso esclusivamente personale, vigente il nuovo regime normativo
post L. 49/2006, non si poteva prescindere dai canoni fattuali introdotti ex
novo, e consistenti nella “quantità” della droga e nella “modalità“ di
presentazione.
L’introduzione del comma 1 bis dell’art. 73 avrebbe costituito, così – ad
avviso della Corte di legittimità - fattore di rilevante mutamento, addirittura,
della globale struttura normativa .
2. In secondo luogo, la Seconda Sezione pose pesantemente l’accento sulla
“introduzione dell’avverbio esclusivamente”, riconnettendo a tale opzione
legislativa, sotto il profilo filologico, una valenza di significativa
specificità.
Ad avviso dei giudici di legittimità, l’avverbio in questione avrebbe
apportato, infatti, alla originaria e previgente locuzione “uso personale” un
evidente quid pluris, nel senso che si sarebbe creata una vera stenosi dei
limiti operativi dell’esimente in questione, quale indubbia espressione di una
volontà normativa maggiormente punitiva.
L’introduzione del termine “esclusivamente” avrebbe, così, assolto ad un più
complessivo disegno repressivo seguito dal legislatore, riguardo ad “ogni
attività connessa alla circolazione, vendita, consumo di sostanze
stupefacenti…”.
** ** **
Di contro, la Sesta Sezione del Supremo Collegio ha ritenuto di potere e
dovere perpetuare la posizione di favore, assunta già precedentemente alla
novella del 2006, dalle SS.UU., giustificando tale opzione, attraverso la
affermazione della neutralità semantico-giuridica dell'avverbio
“esclusivamente”, (che il legislatore ha aggiunto alla preesistente perifrasi
“uso personale”).
Il lemma viene, infatti, giudicato come superfluo, in quanto, oltre ad
apparire una pedissequa reiterazione della locuzione “tassativamente personale”
- usata in precedenza -, risulterebbe sintomo palese “..di un'aggiunta
ridondante, superflua e pleonastica”.
B.
OSSERVAZIONI IN ORDINE ALLE MOTIVAZIONI ADDOTTE
A SOSTEGNO DEI DUE INDIRIZZI IN CONFLITTO.
Le argomentazioni, svolte dalla sentenza pronunziata dalla Seconda Sezione n.
23574/2009 (cui si sono informate anche pronunzie anche della Terza e della
Quarta Sezione), meritano un'attenta disamina.
Sostenne il provvedimento in questione che l’introduzione del comma 1 bis
dell’art. 73, avrebbe costituito fattore di rilevante mutamento, addirittura,
investendo la globale struttura normativa, in quanto si sarebbe posto come
elemento di riferimento assoluto nel contesto interpretativo, concernente i
limiti di applicazione dell'esimente dell'uso esclusivamente personale.
E' questa, premessa interessante ermeneutica che, però, ad avviso di chi
scrive (e di parte della giurisprudenza), non convince appieno.
Un esame comparato dei due richiamati testi dell'art. 73 (l'uno privo del
comma 1 bis, l'altro integrato proprio da questa disposizione) porta,
infatti, immediatamente, ad affermare che nessuna modifica strutturale – a
seguito della promulgazione della L. 49/2006 - ha coinvolto condotte
(detenzione, importazione, esportazione, acquisto o ricezione), che erano già
inserite tassativamente nella norma previgente ed in relazione alle quali
(proprio per la loro comune ed assimilabile natura) poteva, quindi, già operare
fattivamente la circostanza esimente elaborata dalla giurisprudenza, a seguito
del risultato del referendum del 1993 abrogativo della d.m.g. (dose media
giornaliera).
La modifica di maggior rilievo che si può percepire da un esame del testo
novellato, va, infatti, identificata nella circostanza, che il comma 1 bis –
ribadendo pur in modo lessicalmente contorto e circonvoluto la non punibilità
della detenzione di stupefacenti in presenza di taluni condizioni - ha
introdotto parametri espliciti di carattere ausiliario (“quantità e modalità”)
idonei ad orientare il giudizio del magistrato, onde risolvere il problema della
destinazione di uso dello stupefacente.
Si trattò, quindi, di opzione che si associa geneticamente e funzionalmente
alla scelta di introdurre la previsione di cui alla lett. a) del citato comma,
norma dalla quale la condizione di non punibilità si ricava (purtroppo, come già
sottolineato, in virtù di una struttura semantica del periodo assolutamente
opinabile ed assai infelice) per implicito, attraverso un'interpretazione a
contrario del testo in questione.
Le perplessità che la sentenza suscita non si fermano, però, al dedotto
profilo.
La sentenza n. 23574 della Seconda Sezione pose, infatti, un particolare
rilievo sul presunto valore specificante che l'avverbio “esclusivamente” avrebbe
assunto nella struttura della espressione “uso personale”, collocandosi a
complemento di quest'ultima, quale ipotizzato “valore aggiunto”.
Ad opinione del Collegio di legittimità sarebbe esistita una sostanziale
differenza di valore semantico fra la perifrasi semplice “uso personale” e
quella composta e novellata “uso esclusivamente personale”; quest'ultima avrebbe
costituito manifestazione ab externo di un'interpretazione più restrittiva
rispetto alla prima.
Pur con il doveroso rispetto che merita la posizione del Supremo Collegio,
pare di poter affermare che la spiegazione addotta, per sottolineare i supposti
profili di diversità che connoterebbero le due locuzioni, ebbe a risolversi in
una articolata, quanto pregevole, acrobazia dialettica, peraltro, priva di
effettivo significato contenutistico sostanziale.
Non è, infatti, nè persuasivo, nè appagante, limitarsi, come fece la Seconda
Sezione di legittimità, ad una mera ed astratta presa di atto, con la quale si
evidenziò – in un contesto di natura strettamente linguistica – in modo
generico, una differenza formale tra due locuzioni in esame, esprimendo
preferenza per l'una (a scapito dell'altra) senza, peraltro, addurre indicazioni
di spessore individualizzante, che giustificassero persuasivamente l'opzione cui
si era aderito..
Non fu, così, dato cogliere concretamente in cosa sarebbe consistito il
conclamato “quid pluris”, insito nell'avverbio “esclusivamente”.
Ma vi è di più.
L'indirizzo restrittivo in esame valutò tout court il concetto di uso di
gruppo, senza separarlo ontologicamente dall'importante concetto di acquisto di
gruppo.
E' di tutta evidenza la circostanza che si tratti di due momenti
assolutamente differenti fra loro.
L'uso di gruppo integra una situazione finale, che non si verifica
necessariamente; per tale motivo esso costituisce un'ipotesi del tutto
eventuale, in quanto non pare assolutamente decisivo o necessario, ai fini che
ci occupano, che il consumo avvenga – da parte di tutti gli acquirenti – in una
fase simultanea.
In realtà, il momento che penalmente rileva, per pervenire ad un giudizio di
applicabilità dell'esimente e che viene identificato impropriamente con la
perifrasi uso di gruppo, altro non è che l'acquisto di gruppo.
L'attenzione del giudice (così come del giurista in senso lato) si deve
incentrare, infatti, non tanto sulla modalità con le quali lo stupefacente,
acquistato da più persone in comune, verrà successivamente consumato (dopo
essere stato ripartito pro-quota), quanto piuttosto sul procedimento formale e
materiale, attraverso il quale avviene l'acquisizione dello stupefacente.
La più avveduta giurisprudenza, perpetuando quella posizione già assunta
dalle SS.UU. e ricordata in precedenza, in epoca anteriore alla novella del
2006, ha, infatti, focalizzato la propria riflessione sulle condizioni
necessarie che consistono :
1. nella comunione adesiva preliminare delle parti ad un progetto di acquisto
che coinvolga anche il mandatario deputato alla ricezione materiale dello
stupefacente;
2. nella esatta identificazione ab origine di tutti coloro che compongono il
gruppo;
3. nella comprovata volontà di procurarsi lo stupefacente, destinata ad un
uso personale di ciascuno dei sodali;
4. nella circostanza che non si verifichino passaggi intermedi che possano
interessare lo stupefacente acquistato..
Il giudizio di significativa e preponderante rilevanza (al fine di potere
pervenire ad un giudizio in ordine alla liceità o meno della complessiva
condotta) del momento dell'acquisto è testimoniato proprio da due aspetti
specifici.
In primo luogo si nota la particolare accentazione che la giurisprudenza ha
posto sulla posizione del mandatario, il quale deve essere un intraneus rispetto
al gruppo degli acquirenti.
In secondo luogo, si evidenzia, che, al di là della suggestioni semantiche
adottate, appare del tutto logico e razionale che più persone si possono
accordano per acquistare in comune una quantità di stupefacente, obbiettivamente
modico, con il dichiarato preventivo fine di farne – ciascuno – uso personale.
Si deve, pertanto, osservare come conclusione pacifica cui pervenire, che il
porre in comune il danaro da utilizzare per l'acquisto dello stupefacente ed il
perseguire l'obbiettivo, altrettanto comune, di un uso personale del compendio
che si va, così, ad acquistare, può permettere, in capo ai sodali, il
raggiungimento, in questo modo, di vantaggi di varia natura sia economica, che
personale[2].
A tale risultato si può pervenire, senza che si possa ravvisare, in alcun
modo, una tangibile differenza sostanziale, ontologica o giuridica, rispetto al
comportamento di chi acquisti a livello individuale, con la stessa finalità di
un uso personale (definito in tale caso ex lege ed in assenza di caratteri
propri e dissimili).
In buona sostanza, attese le premesse svolte, non si può ragionevolmente
sostenere che si palesino in alcun modo, apprezzabili manifestazioni di
differenza fra l'acquisto individuale di stupefacente, finalizzato all'uso
esclusivamente personale e l'acquisto di gruppo, operato con il dichiarato
preventivo fine – di ciascuno degli acquirenti – di utilizzare a propria
personale soddisfazione.
** ** **
Solo chi ritenga presuntuosamente di essere dotato di poteri divinatori, può
formulare ipotesi in ordine alla decisione che le SS.UU. emetteranno.
Chi scrive, in coerenza con le ragioni sin qui esplicitate, ritiene di
doversi limitare a formulare solo l'auspicio che non sia un mero riferimento
filologico, di natura assolutamente formale, e di portata neutra nella economia
della norma in questione, consistente nell'uso di un avverbio
(“esclusivamente”), privo, inoltre, a tutt'oggi di un robusto sostegno
argomentativo di carattere giuridico a decidere della liceità o della illiceità
della condotta in questione.
[1] Confirmativa anche dell’analoga precedente 26 Gennaio 2011, n. 8366,
D’Agostino
[2] Si pensi a personaggi che per età, o per altra ragione personale, non
desiderino correre il rischio di essere colti mentre operano l'acquisto e,
quindi, si pongano in associazione con altri per comprare in comune lo
stupefacente.
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