Dopo circa tre ore il Consiglio d'amministrazione
di Telecom Italia riunitosi ieri sera ha approvato all'unanimità il
progetto di una riorganizzazione in due entità, una per la rete mobile e una
per rete d'accesso fissa. Il presidente del gruppo Marco Tronchetti Provera,
che ha smentito le ipotesi di offerta di Tim apparse nei giornali, ha detto
che la decisione è stata presa "al fine di ottenere piena trasparenza", "per
aumentare la flessibilità finanziaria del gruppo" e "dare una risposta alle
pressioni dell'Autorità per le tlc".
Il riassetto completo delle attività, che richiederà circa sei
mesi, prevede:
- la separazione da Telecom Italia del business di comunicazione mobile
nazionale, mediante conferimento del corrispondente complesso aziendale in
una società controllata, anche di nuova costituzione;
- la separazione da Telecom della rete d'accesso locale wired mediante
conferimento del corrispondente complesso aziendale in una società
controllata, anche di nuova costituzione.
In pratica, la Tim tornerà a essere un operatore indipendente e
la rete fissa una società a parte; il gruppo Telecom, intanto,
punta sui servizi media, anche in ambito europeo, grazie all'intesa
con Rupert Murdoch, il magnate australiano dei media, per la distribuzione
di alcuni titoli della 20th Century Fox attraverso Alice. "Il cda - si
legge, inoltre, in una nota - si è riservato di esaminare le opportunità di
valorizzazione delle attività di rete e del business di comunicazione mobile
che si presenteranno, nonché ogni ulteriore o diversa iniziativa".
Tronchetti Provera comunica anche un rafforzamento della banda larga.
Telecom ha comunicato i dati principali della semestrale: utile netto a
1.496 milioni di euro (scendendo di -15,7, rispetto ai 1.775
milioni dello stesso periodo dello scorso anno), indebitamento a 41,315
miliardi escludendo il pagamento dei dividendi per circa 3 miliardi di euro
(in calo di oltre 700 milioni rispetto al 31 marzo 2006). Infine, gli
investimenti industriali del gruppo Telecom nel primo semestre sono stati
pari a 2,216 miliardi di euro, in crescita rispetto allo stesso periodo del
2005 principalmente per i maggiori investimenti effettuati per lo sviluppo
di soluzioni a supporto di nuovi servizi, in particolare nel settore mobile.
I sindacati si dicono allarmati per il progetto di
riorganizzazione di Telecom. La paura è quella che il gruppo possa
perdere Tim. Le organizzazioni, che sottolineano le ricadute sul piano
occupazionale, hanno già deciso una giornata di sciopero da tenersi entro il
mese. Anche i commissari dell'Autorità Garante per le comunicazioni hanno
chiesto al presidente Corrado Calabrò di promuovere in tempi brevi
l'audizione dei vertici di Telecom Italia. L'iniziativa si accompagna alla
convocazione, per giovedì mattina, del consiglio della stessa Authority che
si occuperà dei nuovi assetti della società telefonica.
I consumatori esprimono preoccupazioni per il riassetto di
Telecom Italia. L'Unione
Nazionale Consumatori dichiara: "Il Paese non può permettersi
il rischio di vedere in frantumi la sua storica company telefonica, che un
tempo primeggiava nel mondo e ora vanta un indebitamento di oltre 40
miliardi di euro". "Il Governo e l'Authority per le comunicazioni - continua
l'associazione - dovranno vigilare con molta attenzione sulle scelte di
Telecom e, se necessario, intervenire con decisione per difendere gli
interessi dei consumatori e la competitività e la credibilità dell'industria
italiana".
Secondo
Adusbef, il gruppo rischia di "peggiorare il servizio offerto, sempre
più qualitativamente degradato". Il presidente dell'associazione,
Elio Lannutti, rimpiange i "boiardi di Stato, che almeno gestivano le
aziende pubbliche, dai servizi bancari a quelli telefonici, dai servizi
autostradali a quelli ferroviari, offrendo standard di qualità migliori
degli attuali a prezzi nettamente inferiori". Lannutti, infine, chiede che
il Governo ripensi "gli assetti strategici di alcuni servizi pubblici, come
la rete della telefonia, finanziata dagli utenti mediante il canone e dalle
sovvenzioni Ue".
"La decisione di Telecom di tornare alla situazione societaria
precedente al 2005 - dice, invece,
Adiconsum - scindendo Tim e vendendo la rete, è una scelta
comprensibile solo alla luce della improrogabile necessità di ridurre
l'enorme debito accumulato (41 mld di euro)". L'associazione invita pertanto
i risparmiatori che hanno investito in Telecom a prestare la massima
attenzione, "perché a fronte di un iniziale aumento del valore dei titoli
del gruppo e di quelli della proprietà (Pirelli, Benetton, ecc.), senza
alcuna certezza sulla vendita di Tim, della rete e degli accordi
commerciali, il rischio di un altrettanto immediato ridimensionamento del
titolo in Borsa è reale, con ricadute pesanti sui piccoli investitori". "Non
è da sottovalutare nel nuovo quadro, infatti - continua Adiconsum - la
minore liquidità di Telecom dovuta al minore apporto degli utili di Tim".
Per l'Adoc,
infine, il settore è già penalizzato da una concorrenza viziata che non
agevola i cittadini: "Quello telefonico è per noi un mercato che
non riesce a scrollarsi di dosso i vizi dell'era monopolista e che si ostina
ad affrontare i problemi caso per caso, spesso a svantaggi dell'utenza".
"Non vorremmo che a questa situazione, già di per sé grave -
spiega l'associazione - il riassetto del gruppo Telecom con lo
scorporo di Tim aggiungesse un fardello destinato al
mercato, attraverso un'operazione meramente finanziaria che non punta al
miglioramento dei servizi a favore dell'utenza". L'Adoc chiede anche un
intervento dell'Autorità Garante per le tlc, al fine di fare chiarezza sul
riassetto di Telecom che tra l'altro prevede lo scorporo di Tim a soli due
anni dalla ristrutturazione.
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