Il
27 ottobre del 2006, in un canale di
scarico che costeggia una ferrovia
abbandonata alla periferia di
Atlantic City, la polizia trovò i
corpi senza vita di quattro donne.
L’assassino o gli assassini le
avevano gettate nell’acqua melmosa
probabilmente dopo averle uccise
altrove, un particolare facilmente
deducibile dai piedi scalzi delle
vittime. Il luogo del ritrovamento è
conosciuto come Black Hawk Pike e di
giorno somiglia ad una
città-fantasma mentre di notte si
trasforma in una landa desolata dove
solo le prostitute anziane e le
tossicomani pronte a vendere il loro
corpo per una dose osano
avventurarsi. Passeggiano lungo i
bordi della strada con una
bomboletta lacrimogena da autodifesa
nella borsa perché gli scippi e le
aggressioni fanno parte della
routine e generano una paura
dilagante. Nessuno si sognerebbe mai
di ambientare un film come Pretty
Woman sulla Black Hawk Pike, dove la
prostituzione rivela il suo volto
più brutale.
Le quattro donne trovate morte nel
canale erano anche loro delle
prostitute uccise come molte altre
da uno o più uomini pieni d’odio. La
più giovane si chiamava Tracy Ann
Roberts, aveva soltanto 20 anni ed
era incensurata. Dopo aver fatto per
qualche tempo la ballerina nei
casino era finita sui marciapiedi e
molto probabilmente la dipendenza
dalla droga aveva accelerato la sua
discesa nello squallido mondo
notturno ai margini della grande
metropoli. Le altre vittime avevano
rispettivamente 23, 35 e 42 anni ed
erano già schedate. L’assassino non
è mai stato trovato.
Sulla Black Hawk omicidi ed
aggressioni sono eventi comuni e le
sommarie indagini sulla fine delle
quattro donne si arenarono dopo
pochi giorni. Non fu fatto alcun
tentativo neppure per risalire al
proprietario di un cellulare
rinvenuto a poca distanza dai
cadaveri. La paura che la presenza
di un serial killer potesse
eventualmente compromettere gli
incassi di alberghi e casinò spinse
però il procuratore distrettuale di
Atlantic City, Jerry Blitz, a
diffondere un rassicurante
comunicato stampa nel quale
garantiva che la polizia era già
sulla pista giusta. Nel frattempo le
indagini erano invece state
completamente accantonate senza che
nessuno se ne accorgesse. Solo i
giornali continuarono per qualche
tempo a ritornare sulla vicenda ma
sempre specificando in modo quasi
ossessivo che le vittime erano
tossicomani dedite alla
prostituzione, donne dalla vita
disperata e dunque facili prede
della violenza.
Il sesso a pagamento ha sempre
goduto di grande popolarità negli
Stati Uniti, sin dall’epoca dei
Padri Fondatori. Benjamin Franklyn
fu addirittura dominato dalla
passione per i bordelli in età
giovanile. Il codice penale
stabilisce però che la prostituzione
è un reato e come tale va punito.
Del resto, anche in Italia si è già
arrivati ai decreti in materia,
tanto per dare un contentino ai
cittadini che si sentono “offesi”
dal via vai nelle strade. Tuttavia
il nocciolo del problema resta
soprattutto una questione di classe.
Le massaggiatrici, le squillo d’alto
bordo firmate dalla testa ai piedi,
le varie fattucchiere e “terapeute”
dell’eros, sono tollerate; la vita
delle proletarie del sesso è invece
solo un dettaglio irrilevante.
I dati ufficiali dimostrano che solo
il 20% dei reati commessi ai danni
delle prostitute che esercitano il
loro mestiere nelle strade degli
Stati Uniti viene punito contro una
media del 50% per le altre
categorie. Tra il 2006 e la fine del
2007 ci sono stati molti omicidi che
hanno avuto per vittime donne che
battevano i marciapiedi nella zona
della Ridgewood Avenue, alla
periferia di Daytona Beach, in
Florida, una no-man’s land dove si
alternano negozi abbandonati e
terreni incolti. Prostituirsi sulla
Ridgewood significa anche doversi
battere quotidianamente per non
farsi sbranare dai poliziotti che
spesso alzano le mani durante le
retate. La violenza non risparmia
neppure i clienti che, se sorpresi a
trattare una prestazione, vengono
arrestati e costretti a pagare mille
dollari all’ufficio del procuratore
distrettuale per cancellare il
“reato” dalla fedina penale mentre
aggressori ed assassini vengono
regolarmente condonati.
Per mettere fine all’incessante
mattanza di prostitute di “basso
rango” il prossimo quattro novembre
gli abitanti di San Francisco
andranno alle urne oltre che per
eleggere il presidente anche per
esprimere il loro parere sulla
prostituzione di strada che in 48
stati americani su 52 è attualmente
vietata e severamente punita. La
raccolta delle dodicimila firme
richieste per indire il referendum è
stata osteggiata in tutti i modi
dalle autorità ma, al contrario di
quanto accadde nel 2006, stavolta il
tentativo di far saltare tutto è
miseramente fallito. Gli
organizzatori non credono che il
ricorso alle cosiddette case chiuse
sia una soluzione, chiedono invece
che i fondi elargiti all’ufficio del
procuratore per perseguitare le
prostitute vengano dirottati agli
enti che vigilano sul traffico
sessuale di donne non consenzienti e
il reato di prostituzione venga
depenalizzato. Al referendum hanno
aderito tra gli altri: il partito
democratico, l’associazione
nazionale avvocati, il San Francisco
Bay Guardian, il partito dei Verdi,
Cindy Sheenan, ecc.
Nella logica dei media occidentali
la “happy hooker”, ovvero la donnina
allegra e spensierata da 25.000
dollari per notte è un modello da
seguire. Lo stesso vale per i
produttori di Hollywood che a suo
tempo spesero mezzo miliardo di
dollari per realizzare “Pretty
Woman”, e per gli editori che ogni
anno pubblicano un numero
incalcolabile di diari segreti
scritti dalle varie escorts e
accompagnatrici il cui scopo è
quello di infiammare la fantasia
maschile.
La realtà dei marciapiedi di
periferia è però molto diversa. Gli
argomenti repressivi e misogini
spingono le prostitute ad
avventurarsi in zone sempre più
periferiche dove diventano facili
prede della violenza. Per paura di
essere arrestate non possono
ricorrere agli ospedali se vengono
aggredite né denunciare stupri e
rapine. Gary Ridgway, un serial
killer che nel 2001 confessò di aver
assassinato 49 donne che si
prostituivano nelle quartieri della
South Side di Seattle disse in
tribunale che se fosse stato per la
polizia avrebbe potuto continuare ad
uccidere all’infinito. I primi
sospetti su di lui risalivano al
1982, ma per colpa di una cultura
che vede in coloro che praticano
quello che un tempo si chiamava “il
mestiere” uno strumento di
perdizione e disprezza le loro vite,
Ridgway non fu mai arrestato. Come
accade in tutto il mondo
occidentale, la legge americana non
spende mai una parola per i diritti
della persona prostituta a meno che
non si tratti di soggetti sfruttati.
Basterà che a San Francisco vincano
i “sì” per sconfiggere le politiche
della stigmatizzazione che hanno
causato tante morti?
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