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02/11/2008 Belle di notte e lotta di classe in America (Bianca Cerri, http://altrenotizie.org)

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Il 27 ottobre del 2006, in un canale di scarico che costeggia una ferrovia abbandonata alla periferia di Atlantic City, la polizia trovò i corpi senza vita di quattro donne. L’assassino o gli assassini le avevano gettate nell’acqua melmosa probabilmente dopo averle uccise altrove, un particolare facilmente deducibile dai piedi scalzi delle vittime. Il luogo del ritrovamento è conosciuto come Black Hawk Pike e di giorno somiglia ad una città-fantasma mentre di notte si trasforma in una landa desolata dove solo le prostitute anziane e le tossicomani pronte a vendere il loro corpo per una dose osano avventurarsi. Passeggiano lungo i bordi della strada con una bomboletta lacrimogena da autodifesa nella borsa perché gli scippi e le aggressioni fanno parte della routine e generano una paura dilagante. Nessuno si sognerebbe mai di ambientare un film come Pretty Woman sulla Black Hawk Pike, dove la prostituzione rivela il suo volto più brutale.

Le quattro donne trovate morte nel canale erano anche loro delle prostitute uccise come molte altre da uno o più uomini pieni d’odio. La più giovane si chiamava Tracy Ann Roberts, aveva soltanto 20 anni ed era incensurata. Dopo aver fatto per qualche tempo la ballerina nei casino era finita sui marciapiedi e molto probabilmente la dipendenza dalla droga aveva accelerato la sua discesa nello squallido mondo notturno ai margini della grande metropoli. Le altre vittime avevano rispettivamente 23, 35 e 42 anni ed erano già schedate. L’assassino non è mai stato trovato.

Sulla Black Hawk omicidi ed aggressioni sono eventi comuni e le sommarie indagini sulla fine delle quattro donne si arenarono dopo pochi giorni. Non fu fatto alcun tentativo neppure per risalire al proprietario di un cellulare rinvenuto a poca distanza dai cadaveri. La paura che la presenza di un serial killer potesse eventualmente compromettere gli incassi di alberghi e casinò spinse però il procuratore distrettuale di Atlantic City, Jerry Blitz, a diffondere un rassicurante comunicato stampa nel quale garantiva che la polizia era già sulla pista giusta. Nel frattempo le indagini erano invece state completamente accantonate senza che nessuno se ne accorgesse. Solo i giornali continuarono per qualche tempo a ritornare sulla vicenda ma sempre specificando in modo quasi ossessivo che le vittime erano tossicomani dedite alla prostituzione, donne dalla vita disperata e dunque facili prede della violenza.

Il sesso a pagamento ha sempre goduto di grande popolarità negli Stati Uniti, sin dall’epoca dei Padri Fondatori. Benjamin Franklyn fu addirittura dominato dalla passione per i bordelli in età giovanile. Il codice penale stabilisce però che la prostituzione è un reato e come tale va punito. Del resto, anche in Italia si è già arrivati ai decreti in materia, tanto per dare un contentino ai cittadini che si sentono “offesi” dal via vai nelle strade. Tuttavia il nocciolo del problema resta soprattutto una questione di classe. Le massaggiatrici, le squillo d’alto bordo firmate dalla testa ai piedi, le varie fattucchiere e “terapeute” dell’eros, sono tollerate; la vita delle proletarie del sesso è invece solo un dettaglio irrilevante.

I dati ufficiali dimostrano che solo il 20% dei reati commessi ai danni delle prostitute che esercitano il loro mestiere nelle strade degli Stati Uniti viene punito contro una media del 50% per le altre categorie. Tra il 2006 e la fine del 2007 ci sono stati molti omicidi che hanno avuto per vittime donne che battevano i marciapiedi nella zona della Ridgewood Avenue, alla periferia di Daytona Beach, in Florida, una no-man’s land dove si alternano negozi abbandonati e terreni incolti. Prostituirsi sulla Ridgewood significa anche doversi battere quotidianamente per non farsi sbranare dai poliziotti che spesso alzano le mani durante le retate. La violenza non risparmia neppure i clienti che, se sorpresi a trattare una prestazione, vengono arrestati e costretti a pagare mille dollari all’ufficio del procuratore distrettuale per cancellare il “reato” dalla fedina penale mentre aggressori ed assassini vengono regolarmente condonati.

Per mettere fine all’incessante mattanza di prostitute di “basso rango” il prossimo quattro novembre gli abitanti di San Francisco andranno alle urne oltre che per eleggere il presidente anche per esprimere il loro parere sulla prostituzione di strada che in 48 stati americani su 52 è attualmente vietata e severamente punita. La raccolta delle dodicimila firme richieste per indire il referendum è stata osteggiata in tutti i modi dalle autorità ma, al contrario di quanto accadde nel 2006, stavolta il tentativo di far saltare tutto è miseramente fallito. Gli organizzatori non credono che il ricorso alle cosiddette case chiuse sia una soluzione, chiedono invece che i fondi elargiti all’ufficio del procuratore per perseguitare le prostitute vengano dirottati agli enti che vigilano sul traffico sessuale di donne non consenzienti e il reato di prostituzione venga depenalizzato. Al referendum hanno aderito tra gli altri: il partito democratico, l’associazione nazionale avvocati, il San Francisco Bay Guardian, il partito dei Verdi, Cindy Sheenan, ecc.

Nella logica dei media occidentali la “happy hooker”, ovvero la donnina allegra e spensierata da 25.000 dollari per notte è un modello da seguire. Lo stesso vale per i produttori di Hollywood che a suo tempo spesero mezzo miliardo di dollari per realizzare “Pretty Woman”, e per gli editori che ogni anno pubblicano un numero incalcolabile di diari segreti scritti dalle varie escorts e accompagnatrici il cui scopo è quello di infiammare la fantasia maschile.

La realtà dei marciapiedi di periferia è però molto diversa. Gli argomenti repressivi e misogini spingono le prostitute ad avventurarsi in zone sempre più periferiche dove diventano facili prede della violenza. Per paura di essere arrestate non possono ricorrere agli ospedali se vengono aggredite né denunciare stupri e rapine. Gary Ridgway, un serial killer che nel 2001 confessò di aver assassinato 49 donne che si prostituivano nelle quartieri della South Side di Seattle disse in tribunale che se fosse stato per la polizia avrebbe potuto continuare ad uccidere all’infinito. I primi sospetti su di lui risalivano al 1982, ma per colpa di una cultura che vede in coloro che praticano quello che un tempo si chiamava “il mestiere” uno strumento di perdizione e disprezza le loro vite, Ridgway non fu mai arrestato. Come accade in tutto il mondo occidentale, la legge americana non spende mai una parola per i diritti della persona prostituta a meno che non si tratti di soggetti sfruttati. Basterà che a San Francisco vincano i “sì” per sconfiggere le politiche della stigmatizzazione che hanno causato tante morti?

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