Che
il testo di legge sul CIP6 andasse modificato
radicalmente, non ci sono dubbi. Semmai non si capisce
perchè in Italia, negli anni scorsi, sia stato varato un
testo che "assimila" all'energia rinnovabile inceneritori,
centrali a carbone e centrali che fanno uso di scarti
petroliferi. Fatto sta che fino ai giorni nostri è andata
proprio così: un prelievo diretto fatto sulla bolletta
dell'elettricità degli utenti, per le fonti rinnovabili;
soldi che poi sono andati a finanziare strutture che usano
fonti che rinnovabili non sono, inquinanti e che senza
contributi per le rinnovabili non potrebbero stare sul
mercato, essendo perennemente in perdita sul piano
economico, oltre che su quello energetico.Storicamente, i
fondi CIP6 sono i "contributi alle fonti di energia
assimilabili alle energie alternative". Formulazione
piuttosto oscura e piena di falle, che indica i
finanziamenti destinati a progetti energetici "poco
rinnovabili", ma trattati come se fossero "vere fonti
energetiche rinnovabili".
I fondi nascono nel 1992, quando il Comitato
Interministeriale Prezzi (CIP) emise una delibera (la
numero 6), con la quale stabilì una maggiorazione del 6%
del prezzo dell'elettricità pagato dai consumatori finali.
Il ricavato avrebbe dovuto essere utilizzato per
promuovere le energie rinnovabili, acquistandole dai
produttori ad un prezzo superiore a quello di mercato.
L'obiettivo era spingere le aziende energetiche ad
orientare la loro produzione verso le energie rinnovabili.
La falla nella norma CIP6 è tutta nel fatto che accanto
all'espressione "energie rinnovabili" fu aggiunta
l'estensione "o assimilate". Nella pratica, quella che
poteva essere una buona cosa si è trasformata in un
imbroglio, perchè sul reale significato dell'aggettivo
"assimilate" e sui criteri per l'identificazione delle
energie "assimilate alle rinnovabili", non è mai stata
fatta chiarezza, con la conseguenza che una valanga di
miliardi, prima di lire e poi di euro, è stata utilizzata
per produzioni energetiche tutt’altro che "rinnovabili". E
ogni due mesi, quando arriva la bolletta, c'è quel 6% che
paghiamo.
A peggiorare le cose è poi arrivata la direttiva
comunitaria del n.77 del 2001, attuata in Italia (molto
male) nel 2003, con l'estensione alla produzione
energetica dai rifiuti di altri benefici economici che la
Direttiva europea indicava invece solo per le fonti
rinnovabili. Il risultato è tra i peggiori possibili:
ricordiamo le centrali termoelettriche, le produzioni di
gas e carbone da residui di raffineria, gli inceneritori
di rifiuti non biodegradabili; con la beffa finale che
addirittura la produzione di energia dal petrolio in certi
casi è riuscita a rientrare nel concetto di "assimilate"
alle energie rinnovabili.
Per questo motivo, si reputa fondamentale porre termine a
questa assurdità, con una radicale modifica. Il 15
dicembre scorso, finalmente, approda al Senato la
discussione sul maxi-emendamento alla finanziaria che
avrebbe potuto variare questo testo assurdo: se anche
l'Italia vuole, come il resto d'Europa, fare passi verso
le energie rinnovabili, ci si aspetta che i fondi CIP6
pagati dai cittadini vadano a finanziare, tramite il
sistema dei Certificati Verdi, l'energia eolica e quella
solare. Ma il maxi-emendamento passato in Senato contiene
un'amara sorpresa.
Come riconosciuto dal Governo per bocca del Ministro per i
rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali
Vannino Chiti, nella redazione del maxi-emendamento c’è
stato un errore: si legge che i finanziamenti non saranno
concessi agli impianti che non facciano uso di fonti
rinnovabili, fatta eccezione per gli impianti già
“autorizzati”. Non già costruiti. Solo autorizzati.
Se si sia trattato veramente di un errore, o se sia un
refuso voluto, non sta a noi giudicarlo, ma qualche
ragionevole dubbio lo nutriamo.
Se questo testo non verrà corretto, non cambierebbe
praticamente nulla: fra gli impianti già autorizzati, ma
non realizzati e quelli che sarebbero autorizzati da oggi
fino al 31 dicembre (al Ministero delle Infrastrutture è
in atto una vera e propria “corsa all’autorizzazione”), ci
troveremmo con un’ipoteca per i prossimi dieci anni.
Ipoteca del valore di circa quattro miliardi di euro.
Questa è la cifra di contributi CIP6 richiesta dagli
impianti autorizzati o che hanno presentato richiesta di
autorizzazione.
In pratica, dopo la parola "assimilati", qualche
legislatore ha pensato ad un'altra parola magica:
"autorizzati". No, non è un refuso da poco.
Le conseguenze sarebbero gravissime: nei prossimi anni le
varie aziende che lucrano su rifiuti ed energia, come Asm
Brescia, Hera, Sarlux, potranno continuare a fare bilancio
e andamento in Borsa con i soldi prelevati dalle bollette
dei cittadini per le energie rinnovabili, grazie agli
impianti "autorizzati". Prima ancora che siano realizzati.
Trattandosi, per un italiano medio, di una cifra che si
aggira sui 60 euro annui, si può parlare di "truffa" nei
confronti dei consumatori, in quanto continua il
prelevamento di soldi in presa diretta dalla nostra
bolletta. Sembra che si voglia continuare a favorire i
petrolieri, i costruttori di inceneritori e di centrali a
carbone, contribuendo così a favorire le emissioni di gas
serra nonostante gli impegni assunti con la sottoscrizione
del Protocollo di Kyoto. Restano anche altri dubbi, ad
esempio come sia possibile che vengano considerati sullo
stesso piano un inceneritore ed un impianto ad energia
solare.
Triste leggere il testo definitivo contenuto
nell’emendamento: "Sono fatti salvi i finanziamenti e gli
incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa,
ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata
avviata concretamente la realizzazione anteriormente
all’entrata in vigore della presente legge, ivi comprese
le convenzioni adottate con delibera del Comitato
interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 (CIP6) e
destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate”.
Intanto quel 6% della bolletta continua ad essere
prelevato, per gli scopi appena descritti.
Archivio Energia
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