La proposta avanzata da Romano Prodi di varare, in caso di vittoria del
centrosinistra, con la prima Finanziaria della nuova legislatura, un assegno
di 2.500 euro all’anno fino al conseguimento della maggiore età per i
bambini oggi in età 0-3 anni nonché per i nuovi nati, apre la partita della
riforma degli istituti di sostegno dei redditi familiari, su cui si sofferma
anche il programma dell’Unione. Del resto, vanno in questa direzione le
caratteristiche stesse della proposta.
Verso l’universalismo dei trattamenti
Il nuovo assegno ha natura strutturale: al contrario del bonus una
tantum introdotto nell’attuale legislatura, implica una riforma degli
istituti di spesa e di sgravio fiscale esistenti, riunificando, per i
beneficiari, l’attuale assegno al nucleo familiare, l’assegno per nuclei con tre
o più figli e la deduzione Irpef per figli a carico. Ha carattere universale
perché si rivolge sia ai lavoratori dipendenti che agli autonomi e sostiene
anche i cosiddetti incapienti, cioè quanti oggi non godono dei benefici
della deduzione in quanto hanno un reddito inferiore al minimo imponibile. Ma è
anche selettivo perché varia con il reddito e quindi premia in misura maggiore
le famiglie con redditi bassi e medi. Andrà infine generalizzato a tutti i
minori via via che il risanamento del bilancio pubblico libererà le risorse
necessarie.
Che di una riforma dei trattamenti dei redditi familiari in direzione
dell’universalismo (selettivo in funzione delle condizioni economiche della
famiglia) vi sia bisogno nel nostro paese è stato sostenuto a più riprese e da
più parti. (LINKChiuri Del Boca e Billari Del Boca Saraceno in Lavoce.info)
Il nostro sistema di welfare è infatti caratterizzato dalla "categorialità",
ossia da istituti ancorati a particolari status per lo più legati alla specifica
posizione nel mondo del lavoro. Con l’effetto di produrre trattamenti
differenziati anche a parità di condizione economica, e di lasciare senza
sostegno adeguato fasce rilevanti della popolazione, specie di giovane età, in
una situazione che ha visto crescere incertezza e precarietà delle fonti di
reddito. Ma vi è consenso anche sul fatto che un passaggio fondamentale in
questa direzione sia la costruzione di un coerente assetto tra istituti di
spesa e di prelievo, che nel caso in questione consiste proprio nella
riunificazione di assegni familiari e deduzioni in un unico istituto di sostegno
alle responsabilità familiari. Al di là di questioni in parte terminologiche
(1), il punto chiave è, nella sostanza, comune: in base alle condizioni
economiche e indipendentemente dallo specifico status lavorativo, i cittadini
con redditi più bassi godono di un trasferimento netto a loro favore e quelli
con redditi più alti pagano una imposta netta.
La copertura e la generalizzazione
Sulla proposta avanzata da Prodi restano da discutere due questioni
essenziali : l’onere per la finanza pubblica e le modalità della sua graduale
generalizzazione.
Sul primo punto, la nostra valutazione è di un costo pari a circa 790 milioni
di euro al primo anno, e non si discosta quindi significativamente da quello
indicato dallo stesso Prodi. La cifra è riconducibile all’incremento del
trattamento per i beneficiari rispetto all’attuale importo sommato di assegno
familiare e risparmio d’imposta dovuto alla deduzione; all’estensione del
trattamento agli autonomi; alla sua erogazione piena agli incapienti.
Si tratta di un onere contenuto, di poco superiore a quello del bonus una
tantum disposto dall’ultima Finanziaria che prevedeva un costo di 696
milioni. Gli effetti distributivi sono decisamente virtuosi: l’incidenza
percentuale del beneficio è più elevata per i decili inferiori della
distribuzione e decresce all’aumentare del reddito (vedi tavola).
L’onere peraltro è destinato a crescere per circa 260 milioni di euro ogni anno,
fino a raggiungere i 4,7 miliardi di euro su base annua una volta che il
trattamento sarà esteso a tutti i minori di diciotto anni.
Si tratta di una cifra non trascurabile, che porrà quindi un problema di
copertura futura. Va anche detto però che si tratta di un ammontare di risorse
che, nell’arco della legislatura, può risultare compatibile con processi di
risanamento della finanza pubblica e di riequilibrio del carico fiscale. Del
resto, il secondo modulo di riforma dell’Irpef dell’attuale Governo, i cui
benefici sono andati prevalentemente ai redditi medio-alti, è costato da solo
circa 6 miliardi di euro.
Fin qui, il ragionamento assume che la struttura del nuovo assegno ricalchi, con
un incremento dei trattamenti, l’andamento in relazione al reddito (riduzione
del sostegno all’aumentare del reddito) degli attuali assegni al nucleo
familiare e delle attuali deduzioni Irpef.
Il limite principale di questa struttura riguarda il decalage "a scalini"
che caratterizza gli assegni al nucleo familiare: riduzione secca dell’assegno
al passaggio dello scaglione di reddito familiare, costanza all’interno dello
scaglione. È una struttura che implica un andamento irregolare dell’aliquota
implicita nella riduzione degli assegni, con salti di aliquota in
corrispondenza dei passaggi di scaglione.
Due le soluzioni possibili del problema. La prima è di definire un decalage
lineare dell’assegno in funzione del reddito, eliminando gli scalini. La seconda
è di definire l’assegno in cifra fissa incorporandolo nella base imponibile e
affidando alla progressività dell’Irpef il compito di scremare il beneficio
netto all’aumentare del reddito.
La prima soluzione consente di commisurare il decalage al reddito complessivo
del nucleo familiare, mentre la seconda affida la riduzione del beneficio alla
progressività dell’imposta su base individuale. La prima ha il pregio di legare
l’assegno alle condizioni economiche complessive della famiglia. La seconda ha
però due vantaggi rilevanti dal punto di vista di chi scrive: supera l’attuale
doppia progressività di Irpef e assegni familiari ed evita il cumulo dei redditi
che tende a innalzare l’aliquota implicita sul reddito della donna
lavoratrice (in genere più basso di quello del coniuge).
Ma si tratta, appunto, di questioni di prospettiva, su cui sarà opportuno
tornare con maggiore ponderazione per impostare la configurazione a regime della
riforma.
(1) Alcuni, tra cui chi scrive, parlano con riferimento al
trasferimento a favore degli incapienti di "imposta negativa", altri
preferiscono qualificarlo come assegno tout court.
Decili di
reddito disponibile equivalente |
Percentuale
famiglie beneficiate all’interno di ogni decile |
Incidenza %
del beneficio sul reddito per le famiglie beneficiate |
Primo decile |
15.7 |
18.7 |
Secondo decile |
4.5 |
6.7 |
Terzo decile |
5.7 |
1.9 |
Quarto decile |
5.7 |
1.3 |
Quinto decile |
5.8 |
1.0 |
Sesto decile |
6.6 |
0.8 |
Settimo decile |
7.7 |
0.6 |
Ottavo decile |
3.9 |
0.4 |
Nono decile |
3.9 |
0.4 |
Decimo decile |
1.4 |
0.2 |
Totale |
6.1 |
2.4 |
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