Italia e Germania
hanno due norme costituzionali molto simili per quanto riguarda la
famiglia: la sua protezione come "società naturale fondata sul
matrimonio". E l’organizzazione pratica ancora in larga misura fondata
su una netta divisione del lavoro tra uomini e donne, in Germania
incentivata anche dal sistema fiscale. In entrambi i paesi le
istituzioni religiose hanno un ruolo importante nelle politiche sociali
pubbliche. Entrambi hanno visto la presenza di un grande partito di
ispirazione cristiana e cattolica.
Molte somiglianze
A lungo i due paesi sono stati simili anche nello scarso sviluppo dei
servizi sociali, per le persone non autosufficienti e per i
bambini molto piccoli.(1) Anche se in Germania la questione della
non autosufficienza è stata affrontata dal 1993 con una forma di
assicurazione obbligatoria. Mentre l’Italia fino a ieri poteva vantare
una diffusione delle scuole materne più capillare e, dal 2000, una legge
sui congedi genitoriali che apre timidamente ai padri.
Condividono anche l’essere tra i paesi europei a più bassa fecondità,
anche se per vie diverse: in Italia prevale il figlio unico, in Germania
vi è una consistente percentuale di donne, specie tra le più istruite,
che non hanno neppure un figlio, ma chi ne ha, ne ha almeno due.
Come cambia la Germania
Eppure, nonostante queste somiglianze, in Germania negli ultimi anni
la cultura e il discorso pubblico sulla famiglia sono mutate
profondamente, portando a cambiamenti che molti ritenevano impensabili,
sia sul piano normativo che su quello delle politiche.
Sul piano normativo, la questione delle coppie di fatto etero e
omosessuali che desiderano avere riconoscimento pubblico è stata risolta
nel 2000, appunto con un istituto delle unioni civili simile a quello
che era già in vigore in molti paesi nordici. Certo, ci sono state le
proteste della Chiesa cattolica, ma la norma è passata e il dibattito si
è progressivamente sopito senza produrre grandi lacerazioni.
Sul piano delle politiche, anche sulla base dell’eredità lasciata dal
ministro della Famiglia Renate Schmidt del governo Schröder, la Grande
coalizione ha segnato una forte svolta. Dal primo gennaio il congedo
genitoriale, fin qui pagato nulla o in misura irrisoria, sarà compensato
per il 67 per cento, con un tetto massimo di 1.800 euro mensili per
dodici mesi, che possono salire a quattordici se il padre ne prende
almeno due. Contemporaneamente, è stato avviato un piano per la
creazione di asili nido, che sono il punto dolente delle
politiche di conciliazione in Germania come in Italia. E si è aperto un
dibattito pubblico, che ha coinvolto anche il mondo imprenditoriale,
sulla necessità di un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei
bambini oltre che sulla opportunità di sostenere la partecipazione delle
giovani donne al mercato del lavoro, senza costringerle a difficili
scelte tra maternità e lavoro.
Da fanalino di coda delle politiche famigliari, la Germania si avvia
così a diventare più simile alla Francia e ai paesi scandinavi (vedi le
tabelle 1 e 2). Mentre l’Italia, dopo l’innovazione della legge sui
congedi, sembra essersi fermata: attardata in discussioni ideologiche su
che cosa sia la famiglia e in guerre di confine tra ministeri senza
portafoglio. È difficile, ad esempio, individuare una idea di politica
della famiglia nella attuale Finanziaria.
L’onda lunga dell’unificazione
Perché in Germania è stato possibile fare delle politiche della
famiglia una priorità bipartisan nella agenda politica e nel discorso
pubblico e in Italia no? Conta, certo, il pluralismo religioso, con il
suo effetto di contenimento di pretese monopolistiche, di più chiari
rapporti tra Stato e chiese che lasciano spazio a un approccio
pragmatico.
Ma parte della spiegazione sta nell’onda lunga dell’unificazione. Essa
ha messo a confronto due modelli di famiglia e di donna. E il
confronto non è stato tutto a favore della Germania occidentale. Non a
caso, proprio sulle norme che toccavano da vicino la vita delle donne
l’unificazione non ha potuto semplicemente trasferire a Est le norme
dello Stato occidentale. Ha dovuto arrivare a una mediazione
sull’aborto, sulle coppie di fatto, e anche sui servizi, specie per la
prima infanzia, e sul sostegno alla partecipazione delle donne al
mercato del lavoro.
In Italia una cultura politica, ma anche imprenditoriale, vecchia, unita
alla pretesa monopolistica sui valori della Chiesa cattolica e dei suoi
autonominati difensori, non riesce a produrre altro che paralizzanti
scontri ideologici e frattaglie di politiche (oltre che di ministeri).
(1) Vedi anche Erler, D. (2005) Public work-family reconciliation
policies in Germany and Italy, PhD thesis, Università di Siena.
Tabella 1 Congedi di maternità e genitoriali in alcuni paesi
europei
|
Congedi di maternità (pagati) |
Congedi genitoriali |
Danimarca |
18 settimane al 100% dello stipendio
fino a un tetto massimo, equivalente di fatto a circa il 60% dello
stipendio. Ma in base ad accordi sindacali l’80% riceve l’80% |
10 settimane alle stesse condizioni
del congedo di maternità. Se il padre ne prende almeno 2 sono
portate a 12. Dopo di che ogni genitore ha diritto fino a 26
settimane di congedo di cura, fruibili fino al compimento dei 9 anni
di età del bambino, pagate al 60% del congedo genitoriale. |
Svezia |
I genitori possono
dividersi 65 settimane di congedo entro gli otto anni del bambino.
Le prime 53 sono compensate all’80% dello stipendio, le restanti con
un contributo flat rate. Il padre deve prendere almeno un mese,
altrimenti viene perso. Il congedo può essere fruito part time
|
Francia |
16 settimane ciascuno per i primi due
figli, 26 dal terzo in su, al 100% dello stipendio con un tetto
massimo |
156 settimane divisibili tra i
genitori entro i tre anni di vita del bambino, senza compenso per il
primo figlio, con compenso flat rate per il secondo figlio e
successivi. Il congedo è utilizzabile part time |
Germania |
14 settimane, al 100% dello stipendio |
a) fino a dicembre 2006: 156
settimane divisibili tra i genitori , con una indennità flat rate e
subordinata a un test dei mezzi solo per i primi due anni, per cui
molti ne sono esclusi. Se sono soddisfatte le condizioni di reddito.
L’indennità può essere fruita anche se si lavora part time. b) da
gennaio 2007: 12 mesi, aumentabili a 14 se il padre ne prende almeno
due, con una indennità pari al 67% dello stipendio fino a un massimo
di 1800 euro |
Italia |
15 settimane all’80% dello stipendio |
10 mesi divisibili tra entrambi i
genitori, aumentabili ad 11 se il padre ne prende almeno tre e
fruibili entro gli otto anni di vita del bambino. L’indennità è del
30% dello stipendio ed è pagata solo per i primi sei mesi fruiti
entro i primi tre anni del bambino. Per i periodi successivi vi è un
test dei mezzi. Il congedo è fruibile in part time verticale ma non
orizzontale. |
Fonte: J.C. Gornick e M.M: Meyers, Families that work, Russel
Sage Foundation, New York, N.Y., 2003. Per l’Italia: Inps; per la
Germania dal 2007 Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und
Jugend, http://www.bmfsfj.de/Elterngeldrechner/
Tabella 2 Livelli di copertura dei bambini 0-3 in servizi pubblici o
convenzionati in alcuni paesi europei
|
Posti disponibili sul totale dei
bambini 0-3 |
Bambini iscritti sul totale dei
bambini 0-3 |
Germania 2003/2005 |
11,7 |
10,4 |
Francia 2003 |
47 |
40,3 |
Italia 2000 |
7,4 |
n.d. |
Svezia 2004 |
45.2 |
45,2 |
Fonte: A. Blome e W. Keck, The role of the family in supporting
women’s employment, paper presented at the WZB, Berlin, 6 dicembre
2006
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