Tre mesi dopo i Dico, ecco la manifestazione di
piazza San Giovanni. Riflessioni intorno alle giuste esigenze delle
famiglie, alla difficile dialettica fra le parti in campo, al ruolo e
alle responsabilità di tutti. Noi non ci siamo appassionati.
Tre mesi dopo,
eccolo: il Family Day. Un sabato pomeriggio e un’intera piazza a
chiedere “più famiglia” per il bene della società e dell’intero paese:
più sostegno, più aiuti, più consapevolezza della centralità sociale
della famiglia fondata sul matrimonio, e un chiaro “no” ai Dico, il
disegno di legge sui diritti delle persone conviventi.
L’onestà paga sempre, e del resto non scriviamo nulla di nascosto: in
questi mesi non ci siamo affatto appassionati al Family Day. Mentre la
grande macchina organizzativa allestiva l’appuntamento del 12 maggio,
mentre si sottolineava come “inaccettabile” e “pericolosa” la
legalizzazione delle unioni di fatto, mentre si invocavano milioni di
persone a San Giovanni per mostrare i muscoli senza badar troppo ai
rischi connessi, mentre montava la polemica e il clima diventava teso,
con errori di valutazione ed eccessi da una parte e dall’altra, mentre
tutto ciò accadeva non ci siamo appassionati a questo Family Day. Non
che non ci abbiamo provato, ma in tutta onestà non ci siamo riusciti, e
se due anni fa ci eravamo subito mobilitati senza tentennamenti per
contribuire al fallimento del referendum volto all’abrogazione della
legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale, in questo 2007 abbiamo
solamente assistito a quanto ci accadeva di fronte, cercando di
coglierne il senso e dandone comunque – come ovvio, per chi ha scelto
questo mestiere - adeguata copertura dal punto di vista giornalistico.
Non essersi appassionati al Family Day e non essersi appassionati alla
mobilitazione contro i Dico non significa naturalmente non guardare con
interesse e simpatia a quanto avverrà dalle parti di San Giovanni in
Laterano. Che fosse auspicabile e necessaria una forte mobilitazione a
favore della famiglia, capace di giungere ad una reale inversione di
tendenza e dunque ad una efficace politica di sostegno ai nuclei
familiari, anzitutto dal punto di vista economico e fiscale, lo
sottolineavamo in fondo già tre mesi orsono, poche ore dopo la
presentazione del disegno di legge governativo che sancì l’invenzione
dei Dico. “Ora tocca alla famiglia”,
scrivevamo fra
l’altro, perché “è inconcepibile che, mentre si allargano i diritti
di chi sceglie di evitare un impegno ‘per sempre’, ben poco venga fatto
per chi della propria esistenza e della propria vita ne fa un progetto
sociale condiviso e trasparente, assumendo responsabilità che non
possono essere sciolte con l’invio di una raccomandata con ricevuta di
ritorno”.
Oggi, l’aver riportato la famiglia al centro del dibattito sociale,
politico e culturale del nostro paese è un merito indubbio da ascrivere
a quanti hanno voluto fortemente il Family Day: riflettere e
confrontarsi sui temi della famiglia, del matrimonio, dei diritti, dei
doveri e delle responsabilità è occasione di crescita sociale non
indifferente, che certamente migliora il paese e lo rende più
consapevole della propria realtà e delle proprie caratteristiche. Il
ruolo decisivo assunto dalla Chiesa in questo contesto rende evidente la
capacità del cattolicesimo italiano, in tutte le sue forme, di
mobilitare, fare cultura, creare opinione, presentare opzioni forti in
un contesto che per il resto gioca al ribasso e si accontenta di poco.
La Chiesa cattolica, per quanto bistrattata, accusata e giudicata,
mantiene viva la capacità di intercettare – e forse di guidare -
sensazioni e bisogni diffusi, incapaci forse di emergere in forma
autonoma ma certamente presenti nel tessuto sociale italiano. Al
confronto, sono molto più piccole di quanto non appaiano le avanguardie
oltranziste impegnate da un lato in goffi tentativi televisivi di
sbeffeggiare l’istituto familiare dall’alto di chissà quale pomposa
superiorità e dall’altro schierate (stavolta a piazza Navona) a difesa
di un presunto “orgoglio laico” di fronte all’avanzata delle armate del
“nemico clericale” (Che amarezza...).
Per quanto positiva, l’esperienza del Family Day resta comunque segnata
dai tanti dubbi seguiti al modo e ai toni con cui si è risposto
all’input governativo in tema di Dico. Il loro sostanziale
accantonamento in Parlamento – almeno per ciò che concerne la versione
votata dal Consiglio dei Ministri – non toglie nulla al fatto che un
vero e proprio corto circuito si sia realizzato in queste settimane,
alimentando una contrapposizione della quale non si sentiva il bisogno e
avvelenando un clima che poteva essere conservato integro. Pur in
presenza di una buona dose di malafede da parte degli interlocutori, non
è possibile ignorare che alcune prese di posizione, alcuni infelici
riferimenti e in generale un approccio rigido e cattedratico all’intera
questione non hanno affatto contribuito a distendere gli animi e a
convogliare le differenti opinioni sul solo versante della normale e
comune dialettica fra differenti forze sociali. Responsabilità che non
possono essere attribuite solo alla controparte, e che vanno invece
divise fra i soggetti in campo. Fra tutti i soggetti in campo.
Riguardo ai Dico, nessuno li rimpiange, né dal punto di vista culturale
né da quello puramente tecnico. Eppure, resta l’impressione che non
essendo stato sciolto il nodo dei diritti alle coppie di fatto (o alle
singole persone conviventi) una risposta normativa – quale che sia –
dovrà comunque essere data nel prossimo futuro. C’è chi non li chiama
diritti ma semplicemente interessi o bisogni,
ma pur sempre ad una domanda sociale fanno riferimento, e sarà cosa
saggia valutarli con attenzione e senso della realtà.
Per il momento, spazio al Family Day dunque. Spazio alla festa e
all’entusiasmo delle famiglie, spazio alle loro richieste e alle loro
esigenze, le richieste e le esigenze di ciascuno di noi, genitore o
figlio che sia. Spazio alla famiglia, spazio alla ricerca di soluzioni
nuove per renderle l’aria più respirabile e la vita più semplice. I
politici non mancheranno e l’auspicio è che non manchino ancora troppo a
lungo misure reali ed efficaci di sostegno a genitori e figli, dagli
asili alla scuola, dal lavoro alla casa. Per chi la famiglia l’ha già
costruita e per chi la sua famiglia deve ancora metterla su.
Archivio PACS e DICO
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