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11/11/2008 Il vero Warren Buffett. Come gestire con successo capitali e persone. Il libro di James O'Loughlin La borsa, come Nostro Signore, aiuta chi si aiuta.  Ma a differenza del Signore, non perdona  coloro che non sanno quello che fanno

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Alessandra Farkas, «Corriere della Sera», sul secondo faccia a faccia Obama-McCain:

 
«Alla richiesta di indicare un buon ministro del Tesoro nel loro governo entrambi hanno menzionato il miliardario […] Warren Buffett: una delle poche cose su cui i due si sono trovati d'accordo».
Warren Buffett

 
Ma chi è Warren Buffett? 
L'uomo citato come il solo in grado di vigilare attentamente sulle scelte di politica economica del futuro Presidente, il solo indicato come capace di garantire e ben gestire l'intero bilancio degli Stati Uniti d'America, per il riequilibrio finanziario, la crescita e la coesione economica della Confederazione?

 

 
 PRESENTANO

 
 «La borsa, come Nostro Signore, aiuta chi si aiuta.
 Ma a differenza del Signore, non perdona
 coloro che non sanno quello che fanno.»

 
 Warren Buffett

 
Il vero Warren Buffett
Come gestire con successo 
capitali e persone

 
il libro di James O'Loughlin 
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DAL 24 OTTOBRE, IN LIBRERIA
«I Draghi» / ISBN 978-88-7180-773-7 / pagg. 346 / euro 24,00
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«Buffett è un profondo conoscitore delle regole che guidano le decisioni umane in un clima di incertezza. Ha definito la sua Sfera di Competenza con rigore e onestà. Decide quali ne siano i confini. Riesce a identificare la causa dei suoi errori e a modificare di conseguenza le sue norme decisionali. 
Il suo processo decisionale è illuminato.»
James O’Loughlin

 
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ECCO L'UOMO CHE PUÒ AIUTARCI A DIFENDERE 
E A FAR FRUTTARE I NOSTRI INVESTIMENTI
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Il 5 marzo 2008 Warren Buffett – proprietario della Berkshire Hathaway, una delle più grandi holding del mondo – è tornato a essere l’uomo più ricco del pianeta, dopo tredici anni di incontrastato dominio di Bill Gates. 

 
La sua fortuna, stimata in 62 miliardi di dollari, si fonda da quasi mezzo secolo sulla stessa strategia di investimento: il momento di comprare arriva quando la Borsa scende e riguarda solo titoli di aziende solide, gestite da manager capaci, che svolgono attività semplici e producono beni di largo consumo, con prospettive di crescita nel lungo periodo. È una filosofia controcorrente nel mondo degli affari, oggi più che mai instabile e rischioso.

 
«Tant'è che per Buffett, anche in questi giorni, e sebbene abbia subito qualche piccola perdita in borsa, non c’è crisi e le sue mosse delle ultime settimane fanno capire che è arrivato il momento di mettere mano al portafogli. La Berkshire Hathaway a giugno aveva 31,2 miliardi di dollari di liquidità nelle proprie casse, soldi in parte già investiti per approfittare degli ultimi ribassi dei mercati azionari. Di settimana in settimana infatti entrano nuove società nella lista di partecipazioni detenute da Berkshire Hathaway e il mercato sembra premiare l’attenta gestione degli investimenti promossa da Buffett. Niente titoli ad alto rischio, ma solo società dai solidi fondamentali.» (Finanzalive).

 
La forza di Buffett, spiega O’Loughlin, risiede innanzitutto nella sua capacità di leadership e nella sua abilità nello stimolare e motivare i manager e i collaboratori delle sue aziende a pensare e agire «come se fossero i proprietari». Il suo, poi, è un metodo che combina intelligenza, intuizione, competenza (Buffett non opererebbe mai in un settore che non gli fosse perfettamente noto) e buon senso ed è ricco di lezioni utili non solo per chi lavora in importanti società. Al contrario, chiunque voglia investire in modo saggio i propri soldi – e oggi, finalmente!, sono in tanti a volerlo fare – troverà in queste pagine riflessioni preziose ed esempi eloquenti tratti dall’esperienza di uno dei più geniali uomini d’affari di tutti i tempi.

 
l'autore
James O’Loughlin dirige la Jol Consulting, una grande azienda americana specializzata nel miglioramento delle dinamiche di gruppo nei luoghi di lavoro.

 
 dal libro

 
Il vero Warren Buffett
Durante i suoi 37 anni come presidente e amministratore delegato della Berkshire Hathaway, Warren Buffett ha impresso al valore di mercato dell’azienda un tasso di crescita composto di oltre il 25% annuo.
Non è facile immaginare il risultato di una crescita composta su un periodo tanto lungo. Proviamo quindi a mettere il record di Buffett in termini più facili da visualizzare. Alla nascita, il mio bambino era lungo 60 cm. Se crescesse al ritmo in cui Buffett è riuscito a far crescere il valore della Berkshire Hathaway, a 37 anni sarebbe più alto dell’Empire State Building!
Quindi, chiunque fosse stato così previdente da investire 10 mila dollari nella Berkshire Hathaway nel 1965, quando Buffett ne assunse la presidenza, oggi si troverebbe in mano una quota azionaria di più di 40 milioni di dollari. Anzi, chiunque avesse investito la stessa somma con Buffett nove anni prima, all’inizio della sua carriera di gestore di investimenti con la Buffett Partnership, e poi avesse reinvestito in azioni della Berkshire Hathaway quando la Partnership venne liquidata, si troverebbe adesso con lo strabiliante patrimonio di 270 milioni di dollari – o, se preferite, 500 milioni al lordo di spese.
In confronto, 10 mila dollari investiti nel 1965 nella S&P 500, un paniere di azioni nel quale è rappresentata la maggioranza delle più grandi società americane, corrisponderebbero oggi a solo 144 mila dollari – un pigmeo di 9 metri, se paragonato al grattacielo di Buffett.
Buffett non ha ottenuto questi risultati facendo lo stock picker (chi compra azioni sottoquotate). Li ha ottenuti facendo l’amministratore delegato, il gestore di personale e di capitali.
E la sua non era una dote di natura. Ha dovuto imparare. Nei primi anni ha fatto una quantità di errori. Ne fa ancora adesso. Però, negli anni ’70 e ’80, ha attraversato una fase di crescita culturale dalla quale è emerso il suo modello di leadership e di gestione del capitale.
È il modello che ha trasformato il «modus operandi» della Berkshire Hathaway da quello iniziale di veicolo d’investimenti a quello di società operativa. È il modello che ha portato Buffett al di sopra degli altri amministratori delegati. È anche il modello che viene svelato in questo libro.
I mercati finanziari sono una raffinata palestra in cui competere con Warren Buffett, il quale, con un patrimonio personale di 37 miliardi di dollari, è attualmente al secondo posto nella classifica degli uomini più ricchi d’America dopo Bill Gates. Offrono anche migliaia di opportunità di commettere errori che mediamente faranno arenare i vostri proventi composti impedendovi di crescere. Buffett aveva, e ha tuttora, l’abilità di individuare le occasioni. È stato, ed è tuttora, capace di evitare la maggior parte degli errori decisionali e di trarre insegnamento da quelli che fa. Mettendo insieme queste capacità ha sviluppato una forma di leadership che gli consente di esprimere il suo talento in tutta libertà. I dirigenti della Berkshire Hathaway hanno imparato da lui a investire capitali con la sua stessa abilità e basandosi sulle sue stesse nozioni.
Warren Buffett è stimolato dalla sfida di comportarsi da padrone dell’azienda, essendone il responsabile di vertice. Ha incontrato difficoltà a far sì che anche i dirigenti delle consociate della Berkshire si comportassero da padroni.
Ha imparato che bisogna lavorare con persone che hanno la mentalità adatta. Ha capito qual è e come la si riconosce. Ha anche imparato quanto sia difficile far cambiare comportamento a chi non ne abbia la stoffa. In particolare ha imparato come attirare in Berkshire la persona giusta e come scoraggiare gli altri. E ha trovato il modo di assicurarsi la lealtà a lungo termine di quelli che lavorano per lui, di sollecitarli ad approvare gli obiettivi che lui stabilisce per la Berkshire Hathaway e a ottenere dai suoi dirigenti impegni duraturi riguardo ai suoi dettami di leader.
Lo strumento di leadership Buffett l’ha trovato nella sua personalità, nelle sue convinzioni, nel suo atteggiamento nei confronti di quelli che gli affidano i loro risparmi, nella sua onestà, nella dignità dei suoi ideali, nella sua lealtà. E questi sono diventati l’espressione degli ideali della Berkshire Hathaway. Ma soprattutto ha imparato che la gestione delle risorse umane trascende nella motivazione personale quando le norme di comportamento vengono instillate dall’interno, anziché imposte dall’alto; che la disciplina e la diligenza raggiungono i massimi livelli quando queste regole sono in assonanza con quella vocina che sussurra dentro ognuno di noi e ci dice come dobbiamo comportarci.
Buffett ha scoperto che la gestione del personale è fatta di lasciar correre, e applica la medesima filosofia anche alla gestione del capitale.
Buffett non crede che il mondo in cui opera sia disposto a piegarsi ai suoi voleri. Lascia vincere soltanto coloro che si preparano per tempo a trarre profitto dalle occasioni che offre, che però non sono assolutamente prevedibili.
Buffett vuole ridurre al minimo la soggettività nel campo delle decisioni in materia di gestione del capitale. Parallelamente, vuole massimizzare l’oggettività sulla quale lui insiste in modo particolare. Trovandosi di fronte a un coacervo di informazioni che minacciano di sommergerlo, Buffett riduce l’universo in cui gestisce capitali alle cose importanti e conoscibili. Vuole confinare la maggior parte delle sue decisioni operative a questo ambito, e vuole che tutte le sue decisioni relative alla gestione di capitali siano illuminate da quella che lui definisce la sua «Sfera di Competenza».
Spesso questo fa pensare a un comportamento del tutto anticonformista, le cui conseguenze sul piano emotivo potrebbero alterare il suo processo decisionale e compromettere la sua razionalità. Quindi, gettando le basi con il dovuto anticipo, Buffett si assicura che ogni decisione che prende per la gestione del capitale della Berkshire sia presa da una posizione psicologica di massima sicurezza.
La costruzione della Sfera di Competenza e la natura di quelle basi saranno ampiamente illustrate in questo libro. Il risultato finale consente a Buffett di investire il capitale dove ritiene opportuno, quando ritiene opportuno, e al ritmo che ritiene opportuno. Lo fa con le occasioni che ritiene tali e che è in grado di valutare. Così facendo acuisce la sua cognizione, illumina il suo modo di gestire e trasforma la sua managerialità nell’arte di agire da padrone.
I criteri di valutazione delle azioni che stanno a cuore alla maggior parte dei lettori di Warren Buffett sono in questo libro. Ma sono stati inseriti in uno schema che li rende comprensibili agli addetti ai lavori. In vent’anni di esperienza come investitore di professione, è stato solo scrivendo questo libro che ho trovato questo schema. In precedenza, anch’io avevo studiato l’approccio di Buffett all’investimento nella speranza di trovare il Santo Graal. Cercavo nel posto sbagliato e sono incappato in una competenza illusoria.
Soltanto quando mi sono accorto che occorreva un approccio che tenesse conto dei rapporti funzionali tra il particolare e l’insieme, ho cominciato ad apprezzare la Sfera di Competenza di Warren Buffett. Adesso che ho individuato il suo schema sono molto più vicino a Buffett di quanto non lo sia mai stato quando cercavo soltanto di scimmiottare il suo stile di investimenti e sono finalmente in grado di mettere in pratica quello che so di lui in termini di strategia di investimenti azionari. Ho dissolto i miei dubbi.
L’istituto finanziario per cui lavoro ha scoperto di poter fare le stesse cose. Nell’adempimento del suo dovere fiduciario di curare la gestione del danaro altrui, adotta questo schema per ampliare la sua logica e potenziare il suo processo di investimento. Questo libro estenderà la conoscenza del medesimo insegnamento a un pubblico più vasto, in particolare ai responsabili degli interessi dei loro azionisti.
Spiegherà che cosa significa per Warren Buffett risparmiare per conto di coloro che affidano le loro ricchezze a un gestore e quali sono le sue teorie in fatto di gestione aziendale.
Il libro farà luce su cosa significa comportarsi da padrone; su come applicare queste teorie come strumento di una leadership che guida invece di trascinare, scalciare, spingere e porre limiti; su come attirare nell’organizzazione le persone giuste; su come assumere persone che non deludano le aspettative; e su come stabilire norme di comportamento che favoriscano il diffondersi di questi principi a cascata fino ai livelli operativi della società.
Fornirà delucidazioni sul ruolo della strategia aziendale e spiegherà come fa Buffett a impedire che impegni presi in precedenza diventino dei paraocchi.
Il libro descriverà Warren Buffett non come un semidio infallibile, ma come un comune mortale che può anche sbagliare. Tuttavia, spiegherà anche ai manager che non è detto che gli errori siano pietre tombali, ma che anzi possono essere i punti di partenza per perfezionare il processo decisionale.
Descriverà i risvolti psicologici ed emotivi legati al processo decisionale, allo scopo di migliorarne la relativa funzione. Servirà anche a neutralizzare i fattori negativi che compromettono la razionalità del processo decisionale.
Il libro fornirà anche un insieme di norme che una società per azioni può adottare per seguire la teoria di Buffett.
Servirà da guida ai dirigenti che vogliono opporsi alle consuetudini attuali e adottare uno stile di management in linea, anziché in contrasto, con la realtà. Spiegherà come Buffett attira gli azionisti che pensano da padroni e allontana quelli che non lo fanno; perché sa come trarre profitto dalla variabilità dei risultati operativi e come ne sa gestire le conseguenze sul piano psicologico ed emotivo; come coltiva il rapporto di fiducia che esiste tra lui e i suoi azionisti e come ne fa tesoro per offrir loro impareggiabili risultati economici.
Ma soprattutto, sia che si tratti di gestire risorse umane o capitali, questo libro insegnerà ai manager come si fa a comportarsi da padroni. È una narrazione, ma è anche un manuale di gestione aziendale di alto livello.
Buffett stesso consiglia alla gente di scegliersi «un manipolo di eroi». «Non c’è nulla di meglio che scegliersi quelli giusti» dice lui. Ed è sulla scorta di questo consiglio che vi propongo il vero Warren Buffett. Un gestore di capitali. Un leader di persone.

 

 
Un calderone

 
Siamo come il riccio che sa un’unica cosa importante. Se le vostre entrate di liquidità vi costano il 3% l’anno e le investite in aziende che rendono il 13% l’anno, si può dire che siete in una discreta posizione.
Charlie Munger 

 
Nel 1965, quando Warren Buffett ne ha ufficialmente assunto il comando, la Berkshire Hathaway operava soltanto nel campo della manifattura tessile e produceva entrate per circa 600 milioni di dollari.
Oggi le cose sono radicalmente cambiate, con una gamma di attività che vanno dalle assicurazioni, alla produzione di scarpe, dalla produzione di simulatori di volo agli aspirapolvere, con tante altre cose in mezzo, compresi gli investimenti sui mercati azionari. In base al suo valore contabile di 60 miliardi di dollari, è la seconda azienda americana dopo la Exxon Mobile: in base alla sua capitalizzazione di 109 miliardi è la 19ma in America e la 26ma al mondo. Le sue entrate superano i 30 miliardi e la Berkshire impiega circa 112 mila persone.
È veramente un colosso imprenditoriale. Ed è anche un’azienda che Buffett dirige da un piccolo e modesto ufficio che ha sede a Omaha, Nebraska, con l’aiuto di solo «13,8» altre persone.
Se Buffett prosegue al ritmo attuale, entro i prossimi 34 anni, la Berkshire Hathaway assorbirà l’intera economia degli Stati Uniti. È un dato interessante, non da ultimo perché, a 72 anni, Buffett dice di aver intenzione di ritirarsi 10 anni dopo la sua morte.  È chiaro che la Berkshire Hathaway è un «calderone». Com’è fatto?
L’obiettivo che Buffett si era posto da tempo era di aumentare il valore dell’azienda del 15% annuo, calcolato sul lungo termine. Il fatto che Buffett asserisce che «il massimo assoluto che, nel complesso, i titolari di un’azienda possono aspettarsi di ricavarne alla fine – tra questo momento e il giorno del giudizio – è quello che l’azienda guadagna nel corso degli anni» significa che sa che può aumentare il valore della Berkshire soltanto nella misura in cui la liquidità che ne ricavi superi il capitale investito. Quindi, sono due le cose che deve fare per costruire un calderone.
La prima è possedere e gestire aziende ad alta redditività, cioè quelle che, in sostanza, producono un reddito superiore a quello occorrente per conservare le loro rispettive posizioni concorrenziali.
La seconda è trovare le occasioni di reinvestire le loro eccedenze ad alti tassi di reddito, in modo da tenere in funzione il meccanismo che produce liquidità. Come dice Buffett:
Quando il reddito del capitale è nella norma, guadagnare di più investendo di più non è un buon risultato gestionale. Lo si può ottenere anche senza alzarsi dalla propria sedia a dondolo. Per quadruplicare il proprio reddito basta quadruplicare il capitale investito in un conto vincolato. 

 
E riconosce che «se il guadagno accantonato… venisse impiegato in modo improduttivo, la situazione economica della Berkshire subirebbe un deterioramento molto rapido».
Quindi il centro della sua attività gira intorno a questo dato di fatto. In teoria, preferirebbe trovare occasioni di reinvestire il capitale eccedente della Berkshire in aziende esistenti, in modo da possedere aziende con buone prospettive di crescita, ma, ove ciò non sia possibile, deve trovarne altre che abbiano le caratteristiche desiderate.
La chiave della capacità di Buffett di miscelare sta nella sua capacità di raccogliere fondi dalle aziende che generano liquidità e di reinvestirli altrove. Per quanto Buffett possa essere abile nel reinvestire questi liquidi nella gestione del capitale, deve per forza accertarsi che il gettito continui a lungo in futuro, il che è squisitamente una questione di leadership. Se mai la sua raccolta di fondi dovesse subire un arresto, la Berkshire Hathaway smetterebbe di essere un calderone. Non aumenterebbe il proprio valore al tasso annuo del 25%, e neppure del 15%. Rientrerebbe nella normalità.

 
La banca di Buffett

 
Le operazioni della Berkshire Hathaway nel campo assicurativo sono una componente cruciale del calderone di Buffett. Come pezzo forte di un meccanismo generatore di liquidità le compagnie di assicurazione sono l’ideale, in quanto incassano prima di dover sborsare. Inoltre è un’attività che, essendo molto frammentata, offre ampie opportunità di crescita ai piccoli operatori.
Se una compagnia di assicurazioni riesce a stabilire il prezzo delle sue polizze in modo da incassare più di quanto deve sborsare per pagare i danni, il suo costo del float è nullo. In pratica è come prendere un prestito a tasso zero. E se riesce a farlo in forma continuativa, il suo accesso a questo prestito gratuito diventa permanente. Questa è la banca di Buffett.
Nei 33 anni da che è entrato nel campo delle assicurazioni, Buffett ha aumentato il float della Berkshire a un tasso composto annuale del 25% circa. Si è messo in condizioni di scegliere se reinvestirlo in campo assicurativo per produrre un float ancora più alto, oppure in strumenti che garantiscano un reddito considerevolmente superiore al loro costo. A questo proposito è importante notare che, contrariamente all’impressione di Munger riportata più sopra, il costo medio del float della Berkshire nel periodo in esame, è stato molto vicino allo zero.
È un fatto eccezionale e spiega perché il float della Berkshire sia l’elemento propulsore del calderone. Però, per non smettere di essere l’elemento propulsore, deve continuare a essere gratis o almeno a basso costo. Se i rischi assicurativi di Buffett fossero scarsamente remunerativi, il float della Berkshire decadrebbe da elemento propulsore a un carico di alto costo e bassa redditività.
Spesso accade che le compagnie di assicurazione non consentano a Buffett di reinvestire presso di loro con la prospettiva di ricavare liquidità a basso prezzo. Ma lui approfitta della variabilità dei risultati delle sue operazioni in campo assicurativo e gli sta bene investire altrove il gettito che ne ricava, acquistando sia quote di partecipazione maggioritarie in altre aziende che azioni di società quotate in Borsa.
Quando opta per la seconda soluzione, Buffett cerca società che generino anche liquidità e che offrano la possibilità di reinvestire ad alto reddito, pur dovendo comprare a prezzi che gli garantiscano interessi commisurati all’investimento.
Per quanto sia più famoso per questa attività – cioè investire in un portafoglio di azioni molto selezionato, quindi non diversificato, e spesso di proporzioni colossali –, pur tuttavia propende per acquisizioni dirette. Spesso questo implica il pagamento di un sovrapprezzo per acquisire il controllo totale dell’azienda, ma è pur vero che con la proprietà dell’azienda si acquista la proprietà del suo cash flow (flusso di cassa).
È di fondamentale importanza il fatto che, se Buffett può disporre del cash flow, lo può raccogliere e, se vuole, può andarlo a seminare altrove. In realtà, l’unica condizione che pone al management delle aziende che compra è che gli mandino a Omaha l’eccedenza di liquidità, cioè i fondi che avanzano dopo aver provveduto al mantenimento e allo sviluppo dell’attività. A parte questo non hanno altri obblighi. Buffett li lascia persino liberi di stabilire che cosa intendano per «eccedenza di liquidità».
È ovvio che, per inserire nel patrimonio societario il valore dei suoi investimenti nelle aziende acquistate direttamente, Buffett deve attribuire loro un prezzo. Inoltre, per assicurarsi che continuino a produrre un buon reddito, deve controllare che la loro redditività rimanga stabile per un lungo periodo dopo l’acquisizione. Data la diversificazione delle attività che Buffett ha agglomerato all’interno della Berkshire Hathaway, questo è un compito titanico.
Il ritmo al quale Buffett reinveste i fondi provenienti dalle sue compagnie di assicurazione e altre consociate può essere frenetico quando i prezzi sono convenienti e rallentare quando non lo sono. Può investire col contagocce. Spesso impegna una cascata: a volte, ma non molto frequentemente, in un unico obiettivo. Negli intervalli può rimanere inoperoso, starsene seduto sui soldi o su qualche investimento a basso reddito. Buffett non si preoccupa della variabilità che questo approccio produce nei risultati operativi della Berkshire, ma può anche darsi che lui non abbia affatto pianificato i prossimi investimenti dell’eccedenza di liquidità della Berkshire. Si limita a riconoscere l’equazione prezzo/valore nelle attività industriali che lui pensa di capire che facciano al caso.
La caratteristica del calderone di Buffett è che, a parte un dividendo del 10% corrisposto agli azionisti nel 1969 (mi dice che probabilmente era andato in bagno durante il consiglio di amministrazione), finora non ha mai pagato agli azionisti un centesimo degli utili generati dalla Berkshire, vuoi sotto forma di dividendi o di riacquisto di azioni. Per contro, ha gradatamente reinvestito nell’impresa il 100% del capitale della società.»

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