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06/04/2006 Pro Ici (Massimo Bordignon, www.disinformazione.it)

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La proposta del presidente del Consiglio di abolire l’Ici sulla prima casa suscita numerosi interrogativi. Per i modi e per i contenuti. Per i primi, uscire con una proposta del genere a quattro giorni dal voto, senza che questa fosse stata prima scritta nel programma e senza uno straccio di analisi seria alle spalle che consenta di valutarne i dettagli, dà una forte impressione di populismo e di estemporaneità. Per i secondi, la proposta suscita perplessità su più fronti.  

Le perplessità  

1) In merito ai rapporti tra governi. Tagliare le imposte degli altri, lasciando poi a questi di cavarsela da soli, è come minimo indice di cattiva educazione. Dà adito al sospetto di una volontà punitiva nei confronti di amministrazioni in larga misura di colore politico diverso, un comportamento a cui questo Governo non è nuovo.

2) In merito ai criteri di finanziamento alternativi. L’ipotesi che i comuni si auto-finanzino con la partecipazione alle politiche di accertamento è risibile. Nessuno sa come questa partecipazione dovrebbe avvenire, con quali strumenti e costi per gli stessi comuni e con quali risultati. È anche risibile che l’Ici venga sostituita con la vendita di immobili da parte dei comuni a riduzione del loro debito (e relativa riduzione in conto interessi); chi voleva farlo lo ha già fatto. Comunque l’ipotesi della Cdl, scritta nel loro programma, è che la vendita degli immobili degli enti territoriali serva a finanziare la riduzione del debito statale, non quello comunale.

3) Dunque, il taglio dell’Ici prima casa potrebbe essere finanziato solo con un aumento dei trasferimenti erariali ai comuni. Ma questo significherebbe sostituire trasferimenti ad un tributo proprio. E questo è un male. Per più ragioni.

4) L’Ici è una buona imposta comunale. Il valore degli immobili dipende in larga misura dalle politiche che lo stesso comune fa (in termini di urbanizzazione, trasporti, collegamenti eccetera); dunque, soddisfa un criterio di beneficio o controprestazione. Chi riceve di più, paga di più. Del resto, e per questa stessa ragione, la tassazione della ricchezza immobiliare è al cuore della tassazione locale nella maggior parte del mondo, in modo esclusivo nei paesi di tradizione anglosassone.

5) L’Ici è un’imposta molto visibile. La scelta dell’aliquota dell’Ici e delle sue varie declinazioni è la principale scelta tributaria che un sindaco prende e ci sono robuste evidenze empiriche che suggeriscono che i sindaci siano puniti o premiati specificamente sulla base del loro comportamento su questo fronte. Dunque, l’Ici soddisfa bene il principio dell’autonomia e della responsabilità fiscale.

6) I comuni hanno già ampi spazi per poter ridurre o differenziare le aliquote Ici, in particolare sulla prima casa. Possono applicare una detrazione in somma fissa (103,29 euro); possono sottoporla a aliquota ridotta; possono arrivare ad abolirla del tutto se il debito d’imposta del contribuente è inferiore alla detrazione. Del resto, questo è esattamente quello che molti comuni già fanno.

7) L’Ici prima casa con il sistema di detrazione fissa svolge un’utile funzione redistributiva. In un paese che ossessivamente tassa solo il reddito, oltretutto fortemente evaso, eluso o eroso da specifiche categorie di contribuenti e di cespiti, l’Ici ha capacità perequativa. La detrazione in somma fissa significa che per una casa di 100 metri quadri in via Monte Napoleone un contribuente milanese paga per la prima casa circa 500 euro l’anno; ne paga meno di 80 alla Bovisa per una casa delle stesse caratteristiche. Con l’eliminazione dell’Ici prima casa questi effetti scomparirebbero.

8) Sostituire l’Ici prima casa con trasferimenti significherebbe eliminare tutti questi vantaggi, privando i comuni di un tributo proprio e mortificando la loro autonomia, alla faccia del federalismo fiscale. Casomai, si potrebbe fare l’argomento opposto: ampliare ulteriormente gli spazi di manovra dei comuni sulla prima o sulle altre case. Chi vuole abolirla lo faccia, e ne paghi i costi di fronte ai propri elettori.

9) Se c’è un problema serio con l’Ici è dovuto alla scarsa affidabilità del catasto, che spesso attribuisce valori fuori mercato alle abitazioni con discriminazioni anche incomprensibili. Ma qui la soluzione è la revisione degli estimi e delle categorie catastali, una revisione in larga misura già fatta ma mai applicata per la negligenza dello stesso Governo.

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