Superata la boa del confronto elettorale, con la vittoria "ai punti"
dell’Unione, è auspicabile che di tassazione si possa finalmente tornare a
ragionare con pacatezza, riflettendo non solo sulle proposte in campo in tema di
riduzione e riequilibrio del carico fiscale ma anche sui costi-opportunità che
ciò comporta.
Incalzata dalla martellante campagna sul fisco del centrodestra (basti ricordare
l’annuncio sull’abolizione dell’Ici sulla prima casa), la coalizione di
centrosinistra ha risposto presentando voci a volte dissonanti e finendo col
promettere che in caso di vittoria la pressione tributaria ed extratributaria
non sarebbero comunque aumentate, semmai diminuite. Il tema della riduzione
delle imposte, già cavalcato dalla Casa delle libertà nel 2001 e quasi sopito
dopo il mancato compimento della riforma fiscale del 2003 (un’Irpef a due sole
aliquote marginali, 23 per cento fino a 100mila euro e 33 per cento oltre i
100mila euro), ha tenuto quindi banco anche nell’ultimo test elettorale.
Meno tasse per tutti?
Ma davvero gli italiani pensano che le tasse siano un male in sé e che quindi
vadano abbassate rispetto al livello attuale? Davvero le famiglie e le imprese
ritengono che una tassazione più bassa sia motivata non solo da ragioni
economiche (più sviluppo), ma anche politiche (più libertà), come ha ripetuto
per anni il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti?
La più recente indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci
delle famiglie italiane, relativa ai redditi del 2004 e pubblicata nel gennaio
del 2006, contiene una sezione sulle opinioni in materia di senso civico e
fiscalità di circa la metà dei capifamiglia del campione, intervistati con
criteri statisticamente rappresentativi. Chiamati a scegliere tra l’opzione di
uno Stato leggero, semplice "guardiano notturno", e una in cui allo Stato
si attribuiscono finalità non solo allocative, ma anche redistributive, a
correzione ancorché parziale delle iniquità prodotte dal mercato, i soggetti
intervistati sembrano propendere in larga misura per la seconda.
Il 39,8 per cento ritiene infatti che "la funzione dello Stato è quella
di fornire a tutti i cittadini il maggior numero di servizi pubblici (scuola,
sanità, pensioni, ecc.), anche se il livello della tassazione che ne deriva è
molto elevato" (corsivo nostro) e il 33,1 per cento si riconosce
nella frase secondo cui "Vi sono spese necessarie per il benessere sociale che
lo Stato deve sostenere, quindi bisogna fare in modo che le tasse e le imposte
coprano queste spese aumentandole ogni qualvolta sia necessario" (corsivo
nostro).
Solo per il 13,5 per cento circa degli intervistati, invece, "Il prelievo
fiscale è troppo alto, dunque se non ci sono soldi a sufficienza, bisogna
diminuire le spese riducendo i servizi", così come per il restante 13,6 per
cento "Lo Stato dovrebbe prelevare il minimo indispensabile di tasse e
imposte per i servizi pubblici veramente essenziali (difesa, giustizia, polizia,
ecc.) e lasciare il resto all’iniziativa privata". In sostanza, posti di fronte
all’alternativa meno tasse (e quindi meno servizi) oppure più tasse (o tasse
elevate) e maggiori servizi, le famiglie italiane scelgono la seconda.
L’analisi dei dati
L’analisi dei dati mostra che la preferenza accordata a una visione anche
redistributiva del ruolo economico Stato è moderatamente crescente all’aumentare
del reddito.
Il 64-65 per cento di individui collocati nei due decili più poveri della
popolazione si riconosce nelle prime due opinioni, mentre il valore
corrispondente per quelli posti nel decile più ricco è del 75 per cento. Valori
di poco inferiori, intorno al 73-74 per cento, si registrano nei decili mediani
della distribuzione. Solo il 36 per cento degli individui del primo decile, il
più povero, vorrebbe al contrario uno Stato "leggero" (ossia opta per la terza o
la quarta affermazione di cui sopra). Percentuali ancora minori si registrano
nei decili successivi al primo. Non trova quindi supporto empirico la credenza
che vede la maggioranza dei cittadini desiderare di avere più risorse per sé,
così da affrontare le molte falle di un sistema di servizi pubblici verso cui
nutrirebbe sentimenti di evidente sfiducia.
Risultati sostanzialmente simili a quelli che emergono dall’analisi per decili
si ricavano se il campione intervistato viene suddiviso in base ad altre
caratteristiche socio-economiche quali la condizione professionale, l’area
geografica di residenza e il titolo di studio. Ad esempio, in base alla
condizione professionale non si registrano marcate differenze rispetto ai
valori medi, relativi a tutta la popolazione intervistata. Il 77 per cento degli
impiegati e dei dirigenti, il 70 per cento degli operai e il 65 per cento dei
lavoratori autonomi (diversi dai liberi professionisti) si riconoscono nella
prima o nella seconda affermazione. Solo il 18 per cento dei dirigenti e dei
lavoratori non dipendenti si identificano nella frase "Lo Stato dovrebbe
prelevare il minimo indispensabile di tasse e imposte per i servizi pubblici
veramente essenziali (difesa, giustizia, polizia, ecc.) e lasciare il resto
all’iniziativa privata".
Più servizi (e quindi più tasse) sono invocati soprattutto dai residenti dell’Italia
centrale e settentrionale (78 per cento), ma anche al Sud e nelle
Isole la percentuale di individui che optano per questa ipotesi sfiora il 67
per cento. La scelta di uno Stato "leggero" è relativamente più gettonata da chi
ha un basso titolo di studio (il 29 per cento di quelli con la scuola
dell’obbligo) rispetto a chi ha conseguito il diploma (27 per cento) e
soprattutto la laurea (20 per cento). Anche in questo caso, tuttavia, la
maggioranza assoluta del campione rigetta l’opzione meno tasse (e meno servizi)
per tutti.
La rilevazione statistica della Banca d’Italia indaga in una parte del
questionario anche l’atteggiamento etico degli intervistati in tema di
progressività dell’imposta.
Quanti si riconoscono nel principio costituzionale secondo cui ciascun soggetto
è tenuto a contribuire al finanziamento della spesa pubblica in funzione
crescente della propria capacità contributiva? Posti di fronte al quesito se si
è d’accordo con l’affermazione secondo la quale "più un cittadino guadagna e più
alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle spese sostenute
dallo Stato", il 68 per cento del campione risponde "Abbastanza/molto",
il 20 per cento "Così così" e solo il 12% "Per niente/poco". Anche in questo
caso l’analisi per decili mostra un trend moderatamente sensibile al reddito
degli intervistati: nel caso specifico un trend crescente all’aumentare del
reddito. Il valore più basso di chi risponde "Abbastanza/molto" è quello del
secondo decile (58 per cento), un valore si noti comunque superiore al 50 per
cento. Quello più alto è appannaggio del nono decile (73 per cento). Tra coloro
che si riconoscono poco o per niente nell’ideale della progressività, le
percentuali più elevate si riscontrano nei due decili più poveri della
distribuzione, pari rispettivamente al 15 e al 18 per cento.
In termini relativi, sembra quindi che alla redistribuzione operata dalla
tassazione progressiva i più refrattari siano i soggetti a basso reddito
(che probabilmente comprendono anche una quota di evasori), non già il ceto
medio o quelli abbienti. Favorevoli in maggioranza alla progressività appaiono
non solo gli impiegati (69 per cento), gli operai (66 per cento) e i dirigenti
(61 per cento), ma anche gli imprenditori e i liberi professionisti (55 per
cento) e gli altri lavoratori autonomi (53 per cento). Contrari il 17-21 per
cento dei lavoratori autonomi, un valore doppio rispetto a quello degli
impiegati e dei pensionati (9 per cento).
Quali indicazioni di sintesi ricavare dai dati? Forse che la maggioranza degli
italiani ritiene le imposte non già un furto, ma il necessario supporto
attraverso il quale l’insieme delle risorse prodotte dalla società viene messo a
disposizione dello Stato per finalità collettive. Lungi dall’essere uno
strumento intrinsecamente vessatorio, la fiscalità non si contrappone alla
libertà di accedere a beni e servizi di natura collettiva o a prestazioni
(sanità, previdenza, assistenza, eccetera) la cui fornitura da parte dello Stato
è giustificabile su un piano di equità ed efficienza, ma anzi la garantisce. Le
tasse non sono un fine in sé. In uno stato che non sia feudale o monarchico,
esse servono a coprire il costo dei servizi pubblici, a ridistribuire da chi ha
di più a chi ha di meno e a promuovere pari, o almeno non troppo distanti,
condizioni di partenza tra i cittadini.
Le pastoie della burocrazia, gli sprechi e più in generale i "fallimenti dello
Stato", fenomeni in cui si imbatte la gestione concreta delle politiche
pubbliche, non dovrebbero essere sufficienti a legittimare lusinghe poco
credibili ("Meno tasse per tutti"), ma essere di stimolo affinché si proceda con
maggior coraggio, anche in termini finanziari, nell’azione di ammodernamento e
potenziamento dei programmi di spesa sociale esistenti.
Tabella 1 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e
funzionamento dei servizi – Individui distinti per decili di reddito
Decili* |
Opinioni
(a) (b) (c) (d) |
1 |
40,55 |
23,13 |
20,46 |
15,86 |
2 |
40,12 |
26,63 |
16,66 |
16,59 |
3 |
41,45 |
35,41 |
10,41 |
12,73 |
4 |
34,19 |
36,31 |
16,85 |
12,65 |
5 |
41,68 |
31,63 |
13,86 |
12,83 |
6 |
40,01 |
34,14 |
14,42 |
11,43 |
7 |
32,82 |
36,79 |
14,31 |
16,09 |
8 |
41,40 |
34,66 |
10,62 |
13,32 |
9 |
46,70 |
35,05 |
7,81 |
10,44 |
10 |
39,94 |
36,34 |
10,09 |
13,63 |
Totale |
39,81 |
33,06 |
13,55 |
13,58 |
(*) Decili di individui ordinati per livelli crescenti di reddito familiare
disponibile equivalente (scala Ocse modificata).
Opinioni:
(a) La funzione dello stato è quella di fornire a tutti i cittadini il
maggior numero di servizi pubblici (scuola, sanità, pensioni, ecc.), anche se
il livello della tassazione che ne deriva è molto elevato
(b) Vi sono spese necessarie per il benessere sociale che lo Stato deve
sostenere, quindi bisogna fare in modo che le tasse e le imposte coprano
queste spese aumentandole ogni qualvolta sia necessario
(c) Il prelievo fiscale è troppo alto dunque se non ci sono soldi a
sufficienza, bisogna diminuire le spese riducendo i servizi
(d) Lo Stato dovrebbe prelevare il minimo indispensabile di tasse ed imposte
per i servizi pubblici veramente essenziali (es.: difesa, giustizia, polizia,
ecc.) e lasciare il resto all’iniziativa privata.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
Tabella 2 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e
funzionamento dei servizi – Individui distinti per condizione professionale
Condizione professionale |
Opinioni
(a) (b) (c) (d) |
Operaio |
38,17 |
31,72 |
14,33 |
15,78 |
Impiegato |
41,77 |
36,98 |
13,40 |
7,85 |
Dirigente/direttivo |
43,67 |
33,43 |
5,30 |
17,60 |
Imprenditore/libero prof. |
39,17 |
34,35 |
8,41 |
18,07 |
Altro lavoratore autonomo |
34,55 |
31,18 |
16,42 |
17,85 |
Pensionato |
41,88 |
32,64 |
13,13 |
12,35 |
Altri non occupati |
33,97 |
31,10 |
17,34 |
17,59 |
Totale |
39,81 |
33,06 |
13,55 |
13,58 |
Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
Tabella 3 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e
funzionamento dei servizi – Individui distinti per area geografica di residenza
Area geografica |
Opinioni
(a) (b) (c) (d) |
Nord |
37,76 |
37,02 |
11,24 |
13,98 |
Centro |
44,21 |
34,11 |
11,67 |
10,02 |
Sud e Isole |
40,03 |
26,60 |
18,13 |
15,24 |
Totale |
39,81 |
33,06 |
13,55 |
13,58 |
Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
Tabella 4 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e
funzionamento dei servizi – Individui distinti per titolo di studio
Titolo di studio |
Opinioni
(a) (b) (c) (d) |
Fino alla scuola dell’obbligo |
39,77 |
31,82 |
14,59 |
13,82 |
Diploma |
38,38 |
35,01 |
12,68 |
13,93 |
Laurea e oltre |
45,11 |
35,18 |
9,12 |
10,58 |
Totale |
39,81 |
33,06 |
13,55 |
13,58 |
Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
Tabella 5 - Opinioni sul sistema fiscale italiano: "Più un cittadino
guadagna e più alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle
spese sostenute dallo Stato". Quanto è d’accordo?
Decili* |
Per niente/ poco |
Così così |
Abbastanza/molto |
1 |
14,64 |
18,83 |
66,54 |
2 |
17,98 |
23,50 |
58,50 |
3 |
10,42 |
19,26 |
70,32 |
4 |
10,40 |
20,41 |
69,20 |
5 |
12,21 |
21,37 |
66,42 |
6 |
12,14 |
22,27 |
65,60 |
7 |
10,56 |
18,42 |
71,03 |
8 |
10,44 |
18,17 |
71,39 |
9 |
10,89 |
15,93 |
73,18 |
10 |
11,12 |
24,45 |
64,44 |
Totale |
12,05 |
20,28 |
67,67 |
(*) Decili di individui ordinati per livelli crescenti di reddito familiare
disponibile equivalente (scala Ocse modificata).
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
Tabella 6 - Opinioni sul sistema fiscale italiano: "Più un cittadino
guadagna e più alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle
spese sostenute dallo Stato". Quanto è d’accordo?
Condizione professionale |
Per niente/ poco |
Così così |
Abbastanza/molto |
Operaio |
14,08 |
19,51 |
66,41 |
Impiegato |
8,89 |
21,42 |
69,68 |
Dirigente/direttivo |
18,59 |
20,51 |
60,91 |
Imprenditore/libero prof. |
21,31 |
23,87 |
54,83 |
Altro lav. autonomo |
17,30 |
30,01 |
52,68 |
Pensionato |
9,52 |
17,42 |
73,05 |
Altri non occupati |
13,61 |
22,81 |
63,58 |
Totale |
12,05 |
20,28 |
67,67 |
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).
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