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16/04/2006 Cosa pensano gli Italiani delle Tasse (Sara Colombini, Stefano Toso, www.lavoce.info)

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Superata la boa del confronto elettorale, con la vittoria "ai punti" dell’Unione, è auspicabile che di tassazione si possa finalmente tornare a ragionare con pacatezza, riflettendo non solo sulle proposte in campo in tema di riduzione e riequilibrio del carico fiscale ma anche sui costi-opportunità che ciò comporta.
Incalzata dalla martellante campagna sul fisco del centrodestra (basti ricordare l’annuncio sull’abolizione dell’Ici sulla prima casa), la coalizione di centrosinistra ha risposto presentando voci a volte dissonanti e finendo col promettere che in caso di vittoria la pressione tributaria ed extratributaria non sarebbero comunque aumentate, semmai diminuite. Il tema della riduzione delle imposte, già cavalcato dalla Casa delle libertà nel 2001 e quasi sopito dopo il mancato compimento della riforma fiscale del 2003 (un’Irpef a due sole aliquote marginali, 23 per cento fino a 100mila euro e 33 per cento oltre i 100mila euro), ha tenuto quindi banco anche nell’ultimo test elettorale.

Meno tasse per tutti?

Ma davvero gli italiani pensano che le tasse siano un male in sé e che quindi vadano abbassate rispetto al livello attuale? Davvero le famiglie e le imprese ritengono che una tassazione più bassa sia motivata non solo da ragioni economiche (più sviluppo), ma anche politiche (più libertà), come ha ripetuto per anni il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti?
La più recente indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, relativa ai redditi del 2004 e pubblicata nel gennaio del 2006, contiene una sezione sulle opinioni in materia di senso civico e fiscalità di circa la metà dei capifamiglia del campione, intervistati con criteri statisticamente rappresentativi. Chiamati a scegliere tra l’opzione di uno Stato leggero, semplice "guardiano notturno", e una in cui allo Stato si attribuiscono finalità non solo allocative, ma anche redistributive, a correzione ancorché parziale delle iniquità prodotte dal mercato, i soggetti intervistati sembrano propendere in larga misura per la seconda.
Il 39,8 per cento ritiene infatti che "la funzione dello Stato è quella di fornire a tutti i cittadini il maggior numero di servizi pubblici (scuola, sanità, pensioni, ecc.), anche se il livello della tassazione che ne deriva è molto elevato" (corsivo nostro) e il 33,1 per cento si riconosce nella frase secondo cui "Vi sono spese necessarie per il benessere sociale che lo Stato deve sostenere, quindi bisogna fare in modo che le tasse e le imposte coprano queste spese aumentandole ogni qualvolta sia necessario" (corsivo nostro).
Solo per il 13,5 per cento circa degli intervistati, invece, "Il prelievo fiscale è troppo alto, dunque se non ci sono soldi a sufficienza, bisogna diminuire le spese riducendo i servizi", così come per il restante 13,6 per cento "Lo Stato dovrebbe prelevare il minimo indispensabile di tasse e imposte per i servizi pubblici veramente essenziali (difesa, giustizia, polizia, ecc.) e lasciare il resto all’iniziativa privata". In sostanza, posti di fronte all’alternativa meno tasse (e quindi meno servizi) oppure più tasse (o tasse elevate) e maggiori servizi, le famiglie italiane scelgono la seconda.

L’analisi dei dati

L’analisi dei dati mostra che la preferenza accordata a una visione anche redistributiva del ruolo economico Stato è moderatamente crescente all’aumentare del reddito.
Il 64-65 per cento di individui collocati nei due decili più poveri della popolazione si riconosce nelle prime due opinioni, mentre il valore corrispondente per quelli posti nel decile più ricco è del 75 per cento. Valori di poco inferiori, intorno al 73-74 per cento, si registrano nei decili mediani della distribuzione. Solo il 36 per cento degli individui del primo decile, il più povero, vorrebbe al contrario uno Stato "leggero" (ossia opta per la terza o la quarta affermazione di cui sopra). Percentuali ancora minori si registrano nei decili successivi al primo. Non trova quindi supporto empirico la credenza che vede la maggioranza dei cittadini desiderare di avere più risorse per sé, così da affrontare le molte falle di un sistema di servizi pubblici verso cui nutrirebbe sentimenti di evidente sfiducia.
Risultati sostanzialmente simili a quelli che emergono dall’analisi per decili si ricavano se il campione intervistato viene suddiviso in base ad altre caratteristiche socio-economiche quali la condizione professionale, l’area geografica di residenza e il titolo di studio. Ad esempio, in base alla condizione professionale non si registrano marcate differenze rispetto ai valori medi, relativi a tutta la popolazione intervistata. Il 77 per cento degli impiegati e dei dirigenti, il 70 per cento degli operai e il 65 per cento dei lavoratori autonomi (diversi dai liberi professionisti) si riconoscono nella prima o nella seconda affermazione. Solo il 18 per cento dei dirigenti e dei lavoratori non dipendenti si identificano nella frase "Lo Stato dovrebbe prelevare il minimo indispensabile di tasse e imposte per i servizi pubblici veramente essenziali (difesa, giustizia, polizia, ecc.) e lasciare il resto all’iniziativa privata".
Più servizi (e quindi più tasse) sono invocati soprattutto dai residenti dell’Italia centrale e settentrionale (78 per cento), ma anche al Sud e nelle Isole la percentuale di individui che optano per questa ipotesi sfiora il 67 per cento. La scelta di uno Stato "leggero" è relativamente più gettonata da chi ha un basso titolo di studio (il 29 per cento di quelli con la scuola dell’obbligo) rispetto a chi ha conseguito il diploma (27 per cento) e soprattutto la laurea (20 per cento). Anche in questo caso, tuttavia, la maggioranza assoluta del campione rigetta l’opzione meno tasse (e meno servizi) per tutti.
La rilevazione statistica della Banca d’Italia indaga in una parte del questionario anche l’atteggiamento etico degli intervistati in tema di progressività dell’imposta.
Quanti si riconoscono nel principio costituzionale secondo cui ciascun soggetto è tenuto a contribuire al finanziamento della spesa pubblica in funzione crescente della propria capacità contributiva? Posti di fronte al quesito se si è d’accordo con l’affermazione secondo la quale "più un cittadino guadagna e più alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle spese sostenute dallo Stato", il 68 per cento del campione risponde "Abbastanza/molto", il 20 per cento "Così così" e solo il 12% "Per niente/poco". Anche in questo caso l’analisi per decili mostra un trend moderatamente sensibile al reddito degli intervistati: nel caso specifico un trend crescente all’aumentare del reddito. Il valore più basso di chi risponde "Abbastanza/molto" è quello del secondo decile (58 per cento), un valore si noti comunque superiore al 50 per cento. Quello più alto è appannaggio del nono decile (73 per cento). Tra coloro che si riconoscono poco o per niente nell’ideale della progressività, le percentuali più elevate si riscontrano nei due decili più poveri della distribuzione, pari rispettivamente al 15 e al 18 per cento.
In termini relativi, sembra quindi che alla redistribuzione operata dalla tassazione progressiva i più refrattari siano i soggetti a basso reddito (che probabilmente comprendono anche una quota di evasori), non già il ceto medio o quelli abbienti. Favorevoli in maggioranza alla progressività appaiono non solo gli impiegati (69 per cento), gli operai (66 per cento) e i dirigenti (61 per cento), ma anche gli imprenditori e i liberi professionisti (55 per cento) e gli altri lavoratori autonomi (53 per cento). Contrari il 17-21 per cento dei lavoratori autonomi, un valore doppio rispetto a quello degli impiegati e dei pensionati (9 per cento).
Quali indicazioni di sintesi ricavare dai dati? Forse che la maggioranza degli italiani ritiene le imposte non già un furto, ma il necessario supporto attraverso il quale l’insieme delle risorse prodotte dalla società viene messo a disposizione dello Stato per finalità collettive. Lungi dall’essere uno strumento intrinsecamente vessatorio, la fiscalità non si contrappone alla libertà di accedere a beni e servizi di natura collettiva o a prestazioni (sanità, previdenza, assistenza, eccetera) la cui fornitura da parte dello Stato è giustificabile su un piano di equità ed efficienza, ma anzi la garantisce. Le tasse non sono un fine in sé. In uno stato che non sia feudale o monarchico, esse servono a coprire il costo dei servizi pubblici, a ridistribuire da chi ha di più a chi ha di meno e a promuovere pari, o almeno non troppo distanti, condizioni di partenza tra i cittadini.
Le pastoie della burocrazia, gli sprechi e più in generale i "fallimenti dello Stato", fenomeni in cui si imbatte la gestione concreta delle politiche pubbliche, non dovrebbero essere sufficienti a legittimare lusinghe poco credibili ("Meno tasse per tutti"), ma essere di stimolo affinché si proceda con maggior coraggio, anche in termini finanziari, nell’azione di ammodernamento e potenziamento dei programmi di spesa sociale esistenti.

Tabella 1 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e funzionamento dei servizi – Individui distinti per decili di reddito

Decili*

Opinioni

(a) (b) (c) (d)

1

40,55

23,13

20,46

15,86

2

40,12

26,63

16,66

16,59

3

41,45

35,41

10,41

12,73

4

34,19

36,31

16,85

12,65

5

41,68

31,63

13,86

12,83

6

40,01

34,14

14,42

11,43

7

32,82

36,79

14,31

16,09

8

41,40

34,66

10,62

13,32

9

46,70

35,05

7,81

10,44

10

39,94

36,34

10,09

13,63

Totale

39,81

33,06

13,55

13,58

(*) Decili di individui ordinati per livelli crescenti di reddito familiare disponibile equivalente (scala Ocse modificata).

Opinioni:

(a) La funzione dello stato è quella di fornire a tutti i cittadini il maggior numero di servizi pubblici (scuola, sanità, pensioni, ecc.), anche se il livello della tassazione che ne deriva è molto elevato
(b) Vi sono spese necessarie per il benessere sociale che lo Stato deve sostenere, quindi bisogna fare in modo che le tasse e le imposte coprano queste spese aumentandole ogni qualvolta sia necessario
(c) Il prelievo fiscale è troppo alto dunque se non ci sono soldi a sufficienza, bisogna diminuire le spese riducendo i servizi
(d) Lo Stato dovrebbe prelevare il minimo indispensabile di tasse ed imposte per i servizi pubblici veramente essenziali (es.: difesa, giustizia, polizia, ecc.) e lasciare il resto all’iniziativa privata.
 

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

Tabella 2 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e funzionamento dei servizi – Individui distinti per condizione professionale

Condizione professionale

Opinioni

(a) (b) (c) (d)

Operaio

38,17

31,72

14,33

15,78

Impiegato

41,77

36,98

13,40

7,85

Dirigente/direttivo

43,67

33,43

5,30

17,60

Imprenditore/libero prof.

39,17

34,35

8,41

18,07

Altro lavoratore autonomo

34,55

31,18

16,42

17,85

Pensionato

41,88

32,64

13,13

12,35

Altri non occupati

33,97

31,10

17,34

17,59

Totale

39,81

33,06

13,55

13,58

Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

Tabella 3 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e funzionamento dei servizi – Individui distinti per area geografica di residenza

Area geografica

Opinioni

(a) (b) (c) (d)

Nord

37,76

37,02

11,24

13,98

Centro

44,21

34,11

11,67

10,02

Sud e Isole

40,03

26,60

18,13

15,24

Totale

39,81

33,06

13,55

13,58

Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

Tabella 4 - Opinioni su ruolo dello Stato, livello della tassazione e funzionamento dei servizi – Individui distinti per titolo di studio

Titolo di studio

Opinioni

(a) (b) (c) (d)

Fino alla scuola dell’obbligo

39,77

31,82

14,59

13,82

Diploma

38,38

35,01

12,68

13,93

Laurea e oltre

45,11

35,18

9,12

10,58

Totale

39,81

33,06

13,55

13,58

Opinioni (a), (b), (c) e (d): cfr. legenda Tab. 1.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

Tabella 5 - Opinioni sul sistema fiscale italiano: "Più un cittadino guadagna e più alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle spese sostenute dallo Stato". Quanto è d’accordo?

Decili*

Per niente/ poco

Così così

Abbastanza/molto

1

14,64

18,83

66,54

2

17,98

23,50

58,50

3

10,42

19,26

70,32

4

10,40

20,41

69,20

5

12,21

21,37

66,42

6

12,14

22,27

65,60

7

10,56

18,42

71,03

8

10,44

18,17

71,39

9

10,89

15,93

73,18

10

11,12

24,45

64,44

Totale

12,05

20,28

67,67

(*) Decili di individui ordinati per livelli crescenti di reddito familiare disponibile equivalente (scala Ocse modificata).
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

Tabella 6 - Opinioni sul sistema fiscale italiano: "Più un cittadino guadagna e più alto (in percentuale) dovrebbe essere il suo contributo alle spese sostenute dallo Stato". Quanto è d’accordo?

Condizione professionale

Per niente/ poco

Così così

Abbastanza/molto

Operaio

14,08

19,51

66,41

Impiegato

8,89

21,42

69,68

Dirigente/direttivo

18,59

20,51

60,91

Imprenditore/libero prof.

21,31

23,87

54,83

Altro lav. autonomo

17,30

30,01

52,68

Pensionato

9,52

17,42

73,05

Altri non occupati

13,61

22,81

63,58

Totale

12,05

20,28

67,67

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia (2006).

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