La detassazione degli straordinari modifica in modo significativo la
fisionomia del più importante tributo italiano. Perciò, non bisogna solo
capire se gli obiettivi siano giusti, ma anche se lo strumento individuato
sia il più corretto. L'agevolazione fiscale persegue finalità che si
prestano a non poche obiezioni, dà risultati iniqui, contrasta con principi
cardine del sistema d'imposizione personale del reddito, risponde solo
parzialmente a un possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte
esigua dei soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.
Gli interventi sull’Irpef, preannunciati per il prossimo Consiglio dei
ministri, modificano in modo significativo la fisionomia del più
importante tributo del nostro ordinamento, mettendone a repentaglio il
disegno e rischiando di rendere l’Irpef un’imposta incomprensibile.
Per valutarli, quindi, non è solo importante capire se gli obiettivi
perseguiti siano giusti, ma anche se lo strumento individuato,
l’agevolazione fiscale, sia quello più corretto.
Prima di tutto va chiarito che le detassazioni proposte non sono
finalizzate a sostenere i salari in via
generalizzata. Per questo fine lo strumento fiscale più adeguato
sarebbe l’aumento della detrazione per lavoro dipendente, che avrebbe
il pregio di riguardare anche i collaboratori a progetto, spesso i più
giovani, i quali sono esclusi dalle misure in discussione.
Si propone invece di detassare le componenti variabili
della retribuzione, quelle cioè che si percepiscono solo a condizione
di lavorare più ore (straordinari) o di riuscire a ottenere che
l’impresa condivida con il lavoratore un risultato aziendale positivo
(premi di risultato). COMPONENTI VARIABILI E ALIQUOTA MARGINALE
EFFETTIVA
Si dice che si interviene sulle parti variabili del salario perché,
essendo l’imposta progressiva, le componenti aggiuntive sono tassate
ad aliquote marginali più elevate. In particolare nei dibattiti
televisivi si sente dire che in molti casi su queste quote retributive
si paga il 38 per cento invece del 32 per cento.Èproprio vero?
La misura sarà presumibilmente rivolta ai lavoratori dipendenti con
reddito complessivo non superiore ai 35mila euro,
che, secondo gli ultimi dati a disposizione relativi al 2005 (e senza
contare eventuali esclusioni del pubblico impiego) sono circa 17,7
milioni.
Va subito chiarito che 3,8 milioni di questi non sono interessati
dalla agevolazione perché sono già esenti da tassazione, avendo un
reddito inferiore agli 8mila euro. (1) La platea dei
lavoratori potenzialmente interessati alla manovra si riduce quindi a
13,9 milioni di soggetti. Di questi, circa 12,2 milioni hanno un
reddito al di sotto dei 27.500 euro. Per tutti questi, ogni
euro in più guadagnato è sempre tassato allo stesso modo: il
30,34 per cento. Non vi è quindi nessuna necessità di intervenire
sulla tassazione del reddito marginale (straordinari e premio di
risultato) per compensare un brusco innalzamento del prelievo che
gravi specificamente su queste componenti. Un brusco innalzamento si
verifica solo per quei soggetti che, eventualmente anche perché
aggiungono al proprio salario normale parti variabili, superano la
soglia dei 28mila euro, e arrivano, quindi, a un’aliquota
marginale effettiva decisamente più alta (superiore al 40
per cento). Si tratta di circa 1,7 milioni di
lavoratori.
Ma se il problema è questo non sarebbe meglio intervenire, secondo le
linee tracciate anche nel libro bianco sull’Irpef, sulla scala delle
aliquote, rendendo più morbido il passaggio fra il secondo e il terzo
scaglione dell’Irpef per tutti, e non solo per chi fa gli
straordinari?
ALCUNE REGOLE DELLA TASSAZIONE SUI REDDITI
Se il provvedimento verrà adottato la nostra Irpef violerà
tre importanti regole della tassazione dei redditi.
1) Due soggetti che hanno lo stesso reddito dovrebbero essere
tassati nello stesso modo.
E invece avverrà che se due soggetti hanno lo stesso reddito di lavoro
dipendente, quello per il quale una componente deriva da straordinari
o premi sarà tassato meno dell’altro.
2) La tassazione non dovrebbe alterare la scala dei redditi. Se prima
dell’imposta Aldo ha un reddito più alto di Giovanni, l’imposta può
ridurre la distanza fra i due, ma non dovrebbe fare sì che dopo
l’imposta Giovanni sia più ricco di Aldo. Ed è invece proprio quello
che potrà avvenire con il nuovo sistema di tassazione, se Giovanni fa
straordinari o gli viene riconosciuto un premio di risultato.
3) Se due redditi hanno uguale natura (per esempio, sono entrambi
redditi di lavoro dipendente, come il salario normale e il reddito da
straordinari) bisognerebbe tassarli secondo le stesse regole, se no si
incentivano comportamenti elusivi, e cioè comportamenti con cui si
trasforma fittiziamente l’uno nell’altro, senza
cambiare il risultato economico pre-imposta, ma al solo scopo di
ridurre l’imposta da pagare.
PERCHÉ DETASSARE GLI STRAORDINARI?
Non solo lo strumento utilizzato, ma anche gli obiettivi
perseguiti sollevano alcune perplessità.
Per spiegare perché si vuole riconoscere un trattamento di favore per
gli straordinari bisognerebbe spiegare, prima di tutto, perché sia un
bene, per la collettività che rinuncia a parte del gettito, che i
lavoratori facciano degli straordinari.
Gli straordinari contribuiscono a dare maggiore flessibilità
all’impresa per rispondere a picchi temporanei di domanda.Ègiusto
allora che non siano fiscalmente penalizzati e la penalizzazione
contributiva, che esisteva fino a pochi mesi fa, è stata rimossa dalla
legge attutiva del protocollo sul welfare. Ma perché agevolarli? Una
motivazione potrebbe essere che se i lavoratori già occupati lavorano
più ore si avrà un aumento del Pil che farà stare tutti meglio. Èuna
visione molto riduttiva del benessere sociale, che
dimentica, ad esempio, come a esso concorra anche il tempo dedicato
agli investimenti nella propria crescita culturale (capitale umano) e
alla partecipazione all’educazione dei figli e alla vita sociale
(capitale sociale) a cui gli straordinari sottraggono tempo ed
energia. Ma anche a prescindere da queste considerazioni, ci sono
tanti altri esempi in cui un lavoratore lavora di più,
e non si prevede di detassarlo: passa dal part time al lavoro a tempo
pieno (come avviene per molte donne dopo la maternità); viene assunto
per la prima volta (un giovane) o dopo un periodo di inattività (un
disoccupato); lavora di più perché ha un contratto con orario
flessibile che non qualifica come straordinario l’erogazione
aggiuntiva di ore di lavoro in periodi di alta produzione. Per tutti
questi lavoratori che incrementano le ore lavorate, in via temporanea
o permanente, nessun premio è previsto. La logica del provvedimento
sfugge.
PERCHÉ DETASSARE I PREMI DI RISULTATO?
Nel caso del premio di risultato, l’obiettivo non è quello di
incentivare il maggior prodotto che richiede maggior lavoro, ma il
maggior valore aggiunto che si ottiene lavorando lo
stesso numero di ore (produttività). Un maggior valore aggiunto non è
però necessariamente il risultato di uno sforzo volontario e
meritevole del singolo lavoratore (che andrebbe comunque premiato non
in sede fiscale ma in sede di contrattazione decentrata), dipende
generalmente da processi innovativi, anche nella
stessa organizzazione del lavoro, che non sono sotto il suo controllo.
Potrebbe dipendere da una minore esposizione dell’impresa agli aumenti
dei costi delle materie prime importate, o dall’andamento favorevole
della domanda mondiale in un particolare settore. Ègiusto che i
lavoratori siano fatti parte di questi migliori risultati aziendali,
qualunque ne sia la causa, ma perché premiarli fiscalmente, rispetto a
lavoratori che operano in aziende più esposte alla concorrenza estera,
o più dipendenti dai prezzi all’importazione? Perché penalizzare i
lavoratori che hanno minore forza contrattuale per ottenere
riconoscimenti legati ai risultati?
Se poi si pensa ai premi di produzione individuali, non decisi
contrattualmente, perché dare al datore di lavoro la possibilità di
“comporre” i salari dei propri dipendenti in modo tale da minimizzare
il carico fiscale per alcuni e non per altri?
In conclusione, l’agevolazione proposta non solo persegue obiettivi
che si prestano a non poche obiezioni, ma dà anche risultati
iniqui, contrasta con alcuni principi cardine del sistema
d'imposizione personale del reddito, risponde solo parzialmente a un
possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte esigua dei
soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.
(1) In realtà la stima è molto conservativa,
perché per i lavoratori con carichi di famiglia la soglia di esenzione
cresce rapidamente ed è ad esempio di quasi 13mila euro nel caso di un
lavoratore con due figli a carico.
20/05/2008 Grandi intese o grandi elusioni fiscali? Si profila all'orizzonte un grande accordo sulla detassazione dello straordinario e delle componenti variabili del salario. Sarebbero d'accordo tutti: dalla maggioranza all'opposizione, da Confindustria al sindacato. Nelle migliori intenzioni dovrebbe servire a rafforzare il decentramento della contrattazione salariale e un più forte legame dei salari con la produttività. Ma vi sono grandi rischi di elusione fiscale. Non a caso il Governo sta predisponendo tanti paletti, complicando ulteriormente il sistema fiscale...
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