Nel celebre romanzo di Montanelli e
nell'omonimo film di Rossellini, un piccolo truffatore detenuto a San
Vittore si finge generale, il generale Della Rovere, e s'immedesima a tal
punto nella parte da riscattarsi con una morte eroica sotto le fucilate dei
nazisti. In fondo è quel che ipotizzavano Lamarck e Darwin per il regno
animale: alla lunga «la funzione crea l'organo». Fa eccezione Roberto
Castelli. Dal 2001 questo ingegnere del suono sposato da un druido è
inopinatamente ministro della Giustizia. Nessuno pretendeva che in cinque
anni imparasse una materia a lui del tutto sconosciuta. Ma al suo posto uno
normale, per quanto duro di comprendonio, avrebbe imparato, orecchiato o
annusato qualcosa, si sarebbe barcamenato con l'aiuto del Bignami e di
qualcuno del ramo, come fanno gli studenti somari ma furbi, per arrivare a
fine mandato senza fare troppi danni. Nel governo di Calderoli, Landolfi,
Buttiglione e Nullardi, dove non sfigurerebbe nemmeno Forrest Gump, c'è
speranza per tutti. Ma non per i somari fessi, e per giunta volonterosi. Che
sono, come diceva Flaiano, la categoria più pericolosa. Perché il somaro
furbo sa di non sapere e s'ingegna per rimediare. Il somaro pigro non
s'ingegna ma nemmeno s'impegna, e fa poco danno. Il somaro fesso e
volonteroso crede di sapere e tenta pure di imporre agli altri la propria
ignoranza, credendola sapienza. Una jattura.
L'altro giorno il cosiddetto Guardasigilli annunciava giulivo alle Camere
penali che «la giustizia va meglio»: poteva raccontarlo ai macellai, ai
ciabattini, ai violinisti, invece è andato a dirlo proprio agli avvocati,
che sanno bene come va la giustizia: infatti l'hanno accolto a pernacchie.
Non contento, l'eventuale ministro vuole sabotare l'estradizione dei 12
spioni della Cia che sequestrarono un imam a Milano e lo fecero torturare in
Egitto, in quanto il pm Spataro ha votato alle primarie dell'Unione, dunque
è «un magistrato militante», ergo è affetto «antiamericanismo». Non lo
sfiora l'idea che votare è un dovere, non un crimine; che, se chi vota a
sinistra è militante, lo è anche chi vota a destra; e che, se Spataro
votando a sinistra è antiamericano, votando a destra sarebbe filoamericano e
dunque altrettanto prevenuto in un processo a carico di americani. Concetti
troppo complessi per un cervello sottovuotospinto.
Ma ogni giorno ha il suo Castelli. Eccolo dunque all'assalto del gip di
Brescia Roberto Spanò che ha scagionato dall'accusa di terrorismo due
algerini arrestati a Napoli dal Ros. Spanò è lo stesso che aveva incriminato
per terrorismo alcuni marocchini assolti dallo stesso reato dalla collega
milanese Clementina Forleo ed era stato per questo molto elogiato dal
governo e dal partito di Castelli, mentre la Forleo veniva iscritta
d'ufficio ad Al Qaeda. Ora il sedicente ministro attacca pure Spanò e
qualunque giudice non condanni su due piedi qualunque islamico gli capiti a
tiro.
Nel caso Forleo, aveva teorizzato un codice penale parallelo per immigrati:
essi vanno giudicati non in base alla legge, ma al «comune sentire del
popolo» (italiano o padano non si sa). Nel caso Napoli, si supera: «La
magistratura è troppo garantista sulle minacce terroristiche: non
s'accontenta delle intenzioni, vuole i fatti compiuti». Nasce così, dalla
bocca del noto giureconsulto celtico, un nuovo modello di giudice. Chiamato
ad «accertare la verità» non più sui reati già commessi, ma prim'ancora che
accadano. Dopo la guerra preventiva, arriva il giudice preventivo. Quello
che non ha bisogno di «fatti compiuti»: lui fa il processo alle intenzioni.
Rastrella le periferie, magari scortato da guardie padane, e appena nota un
marocchino con l'occhio vispo e le mani in tasca -tratti tipici
dell'attentatore- lo spedisce all'ergastolo perché ha la faccia da Al Qaeda.
Se valesse per tutti, non vorremmo essere nei panni di Previti. Già
Montanelli l'avrebbe arrestato solo per la faccia che porta. Ma contro di
lui, a parte la faccia e le intenzioni, ci sono i fatti compiuti: il conto
svizzero comunicante con quelli di alcuni giudici, le condanne in primo e
secondo grado. Eppure lui resta un innocente perseguitato e siede
comodamente a Montecitorio insieme a Castelli. Per ingabbiare un magrebino,
invece, basta l'intenzione. E' la carcerazione preventiva al quadrato: non
solo ti sbattono dentro prima del processo, ma addirittura prima del
delitto.
Marco Travaglio
Fonte: www.unita.it
26.11.05
Visto su: Onemoreblog
Archivio Giustizia
|