Quelli appena vissuti sono stai mesi davvero anomali. Sicuramente, non è un
mondo normale quello in cui gli esiti delle maggiori vicende bancarie del
paese sono stati quotidianamente influenzati e talvolta direttamente determinati
dalle scelte delle corti di giustizia, inquirenti o giudicanti. È una situazione
patologica. Il ritorno alla normalità richiederà comportamenti responsabili da
parte di tutti i protagonisti. Ma, al di là delle condotte, non bisogna mai
dimenticare che se le patologie sono figlie di regole sbagliate, è
irresponsabile non cambiarle.
Attività economiche e magistratura
Per mesi le cronache hanno continuato a riportare novità su
indagini in corso riguardanti le cosiddette Opa "bancario-giudiziarie", a cui
sono stati legati i destini di almeno tre banche medio grandi (Popolare
Italiana, Banca Antonveneta, Bnl) e di un conglomerato finanziario (Unipol). Per
non parlare della vicenda Parmalat, i cui riflessi giudiziari ancora oggi
influenzano la piena capacità di prendere decisioni della terza banca italiana,
Capitalia.
Ogni notizia ha prodotto scenari, congetture, conseguenze economiche. Il ruolo
della magistratura è stato (ed è tuttora) penetrante e continuo. Si è assistito
a passaggi importanti della vita aziendale di alcune banche (definizione dei
consigli di amministrazione, ipotesi di aggregazioni) decise di concerto, o
sentiti, gli organi giudiziali. La gravità delle ipotesi di reato lo richiedeva.
Ma quale è un rapporto normale tra scelte economiche e attività delle
corti? In un’economia di mercato moderna e sana l’intervento della magistratura
penale deve essere connotato da due caratteristiche: eccezionalità e rapidità.
Se le regole sono ben scritte e presidiate con efficacia, gli operatori si
comportamento mediamente in modo corretto. I comportamenti illegali non possono
essere esclusi, ma divengono appunto una patologia del sistema. E la loro
frequenza dipenderà dall’azione delle corti: più è equa e rapida, più cresce la
probabilità che operatori disonesti vengano individuati e colpiti. Cosicché la
forza deterrente di una giustizia "eccezionale" e "rapida" innesta un circolo
virtuoso. La dinamica efficacia della giustizia – efficienza dei mercati è
particolarmente vitale per uno sviluppo dell’industria bancaria e finanziaria,
dove tempo e fiducia sono asset essenziali.
In Italia purtroppo, la giustizia penale non è né "eccezionale" né "rapida".
Alcuni dati possono essere più eloquenti di qualunque commento. Prendiamo i
reati contro la proprietà, fenomeno di illegalità economica che spazia dalle
truffe in senso stretto fino alle rapine e alle estorsioni. Negli ultimi dieci
anni, mentre la popolazione è cresciuta in media dello 0,17 per cento, i reati
contro la proprietà sono cresciuti a un ritmo del 19 per cento annuo. Nel
periodo 1999–2002, hanno rappresentato il 73 per cento del totale dei crimini
commessi nel nostro paese. Il 93 per cento di tali reati, calcolato sul numero
delle denunce, è risultato impunito.
I dati mostrano dunque un fenomeno in crescita, con un tasso di impunità
preoccupante. Accade perché le corti non funzionano? Al contrario: le corti in
Italia funzionano forse troppo, ma male. I procedimenti pendenti sono oggi circa
9 milioni, di cui due terzi nel settore della giustizia penale. La durata media
di un procedimento giudiziario è di quattro anni e mezzo; più che doppia di
quella registrata negli anni Settanta. Non meraviglia che i reati prescritti
siano in crescita: erano 113mila nel 1999, sono divenuti 151mila nel 2002.
La colpa di questa situazione non è certo dei magistrati, o delle procure, viste
le condizioni difficili, non di rado professionalmente avvilenti, in cui spesso
operano. La colpa, bipartisan, è di chi nella giustizia non ha investito,
nel senso economico del termine: non si sono disegnate regole, né allocate
risorse, in modo da incentivare la produzione di una giustizia efficace.
Invece, quando la giustizia penale diviene "abbondante" e "lenta" ha effetti
devastanti: può incoraggiare l’illegalità. Lo scorso dicembre, a Siena, alla
Società italiana di diritto ed economia, è stato presentato uno studio che
dimostra l’esistenza di una preoccupante relazione diretta tra durata dei
processi penali e propensione a commettere crimini contro la proprietà. (1)
Il fatto che gli iter penali siano lunghi, e comunque incerti, incentiva la
parte peggiore della popolazione a commettere reati, oppure a iniziare o
proseguire azioni penali con meri intenti opportunistici (dilatori,
intimidatori, strategici, opportunistici, eccetera). L’aleatorietà dell’azione
giudiziaria finisce per essere essa stessa catalizzatore di nuove fattispecie,
che a loro volta contribuiscono ad aggravare il carico delle corti.
Un’offerta di giustizia inefficace "produce" una domanda alta, anomala,
indesiderabile, in una spirale stavolta viziosa. Sotto questo aspetto anche
normative che riducano le prescrizioni dei reati, a parità di altre condizioni,
possono produrre effetti perversi. Pensare alla legge cosiddetta ex Cirielli
viene naturale; e non solo per gli effetti su processi squisitamente finanziari,
come quello legato alle passate vicende della banca Bipop di Brescia.
I tribunali specializzati
Dunque, è interesse di tutti i cittadini avere una giustizia
penale eccezionale e rapida. Ma non bisogna mai dimenticare un terzo aggettivo,
che non è affatto tautologico: occorre una giustizia giusta, che cioè
renda minima la probabilità di errore. In altri termini, esiste sempre la
necessità di intrecciare in modo virtuoso efficienza ed equità delle decisioni
delle corti. E l’istituzione di tribunali specializzati in economia e finanza
può avere un effetto positivo sia sui contenuti che sui tempi delle decisioni.
Può essere particolarmente benefico in un paese a basso grado (generale) di
cultura economica e finanziaria. Vede favorevoli ampi settori della stessa
magistratura. (2) In caso contrario, prepariamoci ancora a seguire
l’intreccio tra competenze delle autorità di settore e delle diverse corti di
giustizia, sempre più probabili, alla luce della neonata normativa sulle
manipolazioni di mercato. Non vogliamo proporre la corte unica finanziaria, come
accade in Inghilterra per i ricorsi sulle decisioni della vigilanza; ma pochi
tribunali specialistici sarebbero opportuni. Le vicende finanziarie sono meno
rilevanti e complesse di quelle legate ai brevetti e ai diritti d’autore? Per la
banca e la finanza si ritiene che più incertezza, nei tempi e nei modi, sia
preferibile?
In questi giorni cresce l’attenzione sulle priorità che il nuovo Governo
indicherà per avviare il rilancio della nostra economia: il tema delle
istituzioni della giustizia potrà essere un’interessante cartina al tornasole.
(1) L’autrice è Lucia Dalla Pellegrina. I dati
indicati prima sono tratti dal suo studio.
(2) Citiamo, per tutti, il passato procuratore antimafia Piero Luigi
Vigna.
Archivio Giustizia
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