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29/12/2006 Pdl per incompatibilita' incarichi dal governo ai magistrati (Red, http://www.osservatoriosullalegalita.org)

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Progetto di legge "Norme in materia di incompatibilita'  degli incarichi presso gli uffici e le strutture di diretta collaborazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e per gli avvocati e i procuratori dello Stato". Presentato il 15 dicembre 2006, primo firmatario on. La Russa.

Art. 1.
1. Non possono ricoprire incarichi negli uffici e nelle strutture di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri, dei Vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato. Tale divieto non si applica nei casi di collocamento in posizione di fuori ruolo che puo' essere disposto nei seguenti limiti numerici: magistrati amministrativi: cinque unita'; magistrati contabili: tre unita'; magistrati ordinari: cinque unita'; avvocati e procuratori dello Stato: tre unita'.
2. Le disposizioni della presente legge prevalgono su ogni altra norma anche di natura speciale e si applicano anche agli incarichi gia'  conferiti alla data della sua entrata in vigore.

RELAZIONE: Onorevoli Colleghi! - L'ordinamento giuridico italiano si caratterizza per essere afflitto da una grave emergenza politico-istituzionale che occorre affrontare e risolvere senza indugi. Tale emergenza e' rappresentata dal potere di conferimento di incarichi al quale ogni Governo ricorre in occasione delle nomine, nell'ambito degli uffici e delle strutture di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri, a segretario generale, a capo di gabinetto, a capo dell'ufficio legislativo, a consigliere giuridico e a capo dipartimento. Accade, infatti, in modo troppo frequente, che, a ricoprire tali incarichi, vengano chiamati, per ragioni non condivisibili sotto il profilo politico-istituzionale, magistrati ordinari, magistrati amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato.

E' una prassi, questa, sempre piu' in voga negli ultimi anni ed alimentata da una perdurante ed irresponsabile sottovalutazione della professionalita'  della classe dirigente di ruolo dello Stato, la quale, nel frattempo, ha subìto un significativo ricambio generazionale. Si tratta di una constatazione che induce, in primo luogo, a riflettere sulla posizione in cui vengono a trovarsi soprattutto quei magistrati amministrativi e contabili che, senza essere stati collocati in posizione di fuori ruolo da parte degli uffici di presidenza delle rispettive magistrature, versano, di conseguenza, in una oggettiva ed inaccettabile posizione di conflitto di interesse, dal momento che e' evidente la commistione in capo ai medesimi del ruolo di giudice e di consigliere del Governo e dell'amministrazione.

Da molto tempo, peraltro, si discute, non solo in dottrina, sia sulla necessita'  di modificare la Costituzione nella parte in cui, ad esempio, cumula nel Consiglio di Stato le funzioni di alta consulenza giuridico-amministrativa nei confronti del Governo con quelle giurisdizionali - al riguardo, deve essere ben chiaro che il Costituente, nell'attribuire entrambe le funzioni al Consiglio di Stato, non ha mai inteso consentire ai singoli magistrati amministrativi di svolgere funzioni di diretta collaborazione con l'autorita'  politica -, sia sulla esigenza di introdurre una nuova normativa volta a sancire, in modo inequivocabile, la totale incompatibilita'  tra l'esercizio di ogni funzione magistratuale e l'esercizio delle funzioni derivanti dall'assunzione di incarichi negli uffici di diretta collaborazione del Governo.

La garanzia dell'imparzialita'  dei magistrati in genere richiede, infatti, che questi non siano «prevenuti» e che ogni loro convincimento sull'oggetto della causa si formi all'interno del processo e nel contraddittorio delle parti e, pertanto, il persistente collegamento strutturale della magistratura con il Governo si configura come una grave lesione delle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini a favore della loro esigenza di ottenere una piena e rapida tutela giurisdizionale nei confronti dell'amministrazione. Non puo', quindi, piu' tollerarsi che chi partecipa, in veste di consulente del Governo, alla redazione di atti normativi e provvedimentali del Governo stesso si pronunci, successivamente, nelle aule di giustizia, in merito alla loro legittimita'. Tale pericolo deve essere scongiurato non tanto attraverso la risoluzione delle situazioni personali di ogni singolo magistrato, quanto, piuttosto, attraverso la realizzazione di un'assoluta indifferenza istituzionale del giudice rispetto alle parti in causa, cosi' da spezzare quella solidarieta'  di «corpo» fra gli appartenenti alla medesima istituzione che rende inevitabili i perversi condizionamenti.

Cio' che maggiormente nuoce alla immagine di imparzialita'  dei magistrati e' l'utilizzazione, per certi versi «politica», del potere di conferimento di incarichi extragiudiziari da parte del Governo, il che non puo' non richiamare alla memoria le parole che un illustre giurista, Aldo Sandulli, pronuncio' molti anni or sono. Questi, infatti, rilevando come il conferimento di tali incarichi potesse minare l'indipendenza e l'imparzialita'  dei magistrati ebbe ad osservare che «generalmente questo pericolo e' bilanciato dalla probita'  dei magistrati. Ma la moglie di Cesare non deve essere neppure sospettata. E una coerente e puntuale applicazione dei principi costituzionali esigerebbe che i giudici dell'amministrazione non venissero mai in alcun modo utilizzati come ausiliari del potere o della pubblica amministrazione».

E' per questi fondati motivi, dunque, che il Gruppo parlamentare di Alleanza nazionale chiede, nell'interesse supremo dei cittadini, per i quali e' essenziale che il giudice, oltre ad esserlo, appaia imparziale, una rapida approvazione della presente proposta di legge finalizzata a limitare al minimo l'impiego di siffatti servitori dello Stato negli uffici e nelle strutture di diretta collaborazione dell'autorita'  politica.

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