Forza Italia e Alleanza Nazionale devono dire chiaramente se
al Senato voteranno o meno il decreto di rifinanziamento delle missioni,
Afghanistan compreso. E' la posizione espressa stamattina dal segretario dell'Udc
Lorenzo Cesa, dopo che ieri il leader di Fi Silvio Berlusconi ha fatto sapere
che sta "riflettendo" sul voto di martedì, come il leader di An Gianfranco Fini.
Cesa, a Berlino per il vertice dei leader dei Popolari
europei che precede il summit Ue per il cinquantesimo dei Trattati di Roma, ha
chiesto "chiarezza a Fini e Berlusconi" e ha invitato a finirla con "tatticismi"
e "balletti mediatici". "I moderati devono sapere con chiarezza quello che fa
ognuno di noi all'opposizione", ha spiegato il segretario dell'Udc, che ha
garantito il suo voto favorevole al decreto.
Berlusconi non ha voluto fare commenti in proposito . Parlando coi giornalisti a
Berlino si è limitato a dire: "Stiamo riflettendo". "La chiarezza auspicata
dall'onorevole Cesa riguarda in particolar modo l'Udc", ha ribattuto invece Fini
in una nota. "I 'moderati italiani' hanno diritto di sapere perché qualcuno
sembra non comprendere che, per salvaguardare la credibilità internazionale
dell'Italia, mantenere gli impegni e tutelate i nostri soldati, è indispensabile
liberarsi dal governo Prodi".
All'avvicinarsi della scadenza di martedì lo scontro in Senato sull'Afghanistan
è sempre più teso. Soprattutto dopo la vicenda di Daniele Mastrogiacomo,
l'inviato di Repubblica rapito il 5 marzo nel sud del Paese assieme a due
collaboratori afghani - uno poi ucciso, mentre dell'altro non si hanno notizie -
e rilasciato lunedì in cambio della liberazione di cinque talebani, uno scambio
criticato dagli Stati Uniti e da altri alleati.
Ieri il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha voluto sottolineare che non ci
sono "fratture" tra Washington e Roma. Ma le polemiche sono ancora accese: anche
stamattina Berlusconi ha sottolineato che la gestione del sequestro ha
contribuito a una "perdita di credibilità" dell'Italia a livello internazionale.
E preoccupa il "nulla di scontato" messo sul tavolo ieri dal leader
dell'opposizione sulla scia della vicenda. Al Senato, infatti, il centrosinistra
può contare su una maggioranza risicata. Proprio a Palazzo Madama, e proprio
sulla politica estera, il governo Prodi è caduto il mese scorso.
Il leader dell'Udeur Clemente Mastella, intanto, non esclude che si possa votare
l'ordine del giorno presentato dall'Udc, che chiede armamenti adeguati per i
militari impegnati in Afghanistan e di dare loro la possibilità di difendersi,
di fronte al deteriorarsi della situazione nel Paese. "Se l'Udc vota il decreto
non sarebbe una forzatura politica votare con loro su nuove regole di ingaggio e
sulla possibilità di attrezzare meglio i nostri militari", ha detto Mastella a
Berlino.
In realtà le regole d'ingaggio sono uguali per tutti i Paesi impegnati nella
missione Isaf della Nato. Tuttavia l'Italia impone delle limitazioni ai suoi
soldati, che sono 1.900 tra Kabul e la zona occidentale dell'Afghanistan, di cui
hanno il comando e all'interno della quale gestiscono il Prt di Herat. Nei
giorni scorsi il governo ha fatto sapere di essere disposto a soddisfare
richieste di armamenti e mezzi che dovessero arrivare dai militari.
Herat non è lontana da Farah, un centro a ridosso della provincia meridionale di
Helmand dove è in corso da due settimane una massiccia offensiva delle truppe
Nato e afghane contro i talebani, che proprio qui hanno rapito Mastrogiacomo.Un
parà italiano delle forze speciali è rimasto ferito martedì a Farah da colpi
d'arma da fuoco sparati contro la sua pattuglia.
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