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26/03/2006 26/03/2006 Afghanistan: Il ricatto delle regole d'ingaggio (Elena G. Polidori, http://www.altrenotizie.org) (Elena G. Polidori, http://www.altrenotizie.org)

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Nel giorno in cui un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio di mezzi militari italiani nella provincia di Farah, nell'Afghanistan occidentale (segnale inequivocabile che il clima, nella regione, sta cambiando in peggio), al Senato il dibattito politico alla vigilia del voto sul rifinanziamento di tutte le missioni militari all’estero, prima tra tutte proprio quella in Afghanistan, sta facendo emergere divisioni e contrapposizioni che non promettono nulla di buono a prescindere dall’esito finale del voto.

Il quadro è infatti frammentato, fatto salvo che a nessuno, in questo momento, preme davvero una bocciatura del governo sul fronte caldo della politica estera. E la sopravvivenza di Prodi, in questo caso, è solo un problema secondario.Un “no” al rifinanziamento delle missioni provocherebbe infatti un immediato ritiro di tutte le truppe italiane sui fronti caldi, con conseguenze pesanti a livello di alleanze ed equilibri internazionali.

C’è quindi da credere che il decreto passerà: nessuna forza politica, neppure i rappresentanti più iracondi della sinistra massimalista o quelli più ottusi della destra, vogliono vedersi piovere addosso la responsabilità politica di “isolare” l’Italia dal contesto di alleanze internazionali in cui si è collocata dal dopoguerra ad oggi. Ma è il “come” e il “cosa”, alla fine, uscirà fuori in questo decreto da Palazzo Madama a rappresentare il vero problema politico che il nostro paese si troverà ad affrontare nei prossimi mesi, quando il piatto forte sarà la legge elettorale, il cantiere del Pd e le elezioni politiche a distanza sempre più ravvicinata.

E’ questo il problema politico per eccellenza che si muove sottotraccia alle dichiarazioni di scena dei rappresentanti politici di maggioranza e opposizione. Ciò che è chiaro è che la mutata situazione afgana ha convinto Casini (ma anche Marini, Mastella e lo stesso Fassino) a riflettere sull’opportunità di rivedere le attuali regole d’ingaggio delle nostre truppe. L'Udc, prendendo le distanze dagli altri alleati della Cdl, ha infatti fatto il primo passo, confermando l’intenzione di esprimere il proprio voto favorevole, ma chiedendo nel contempo un rafforzamento degli equipaggiamenti dei soldati in Afghanistan per consentire loro di potersi meglio difendere in caso di attacchi o situazioni di pericolo.

Una richiesta che, si sarebbe detto, sarebbe stata destinata a non trovare sponda nell'Unione, dove la sinistra radicale preme per il mantenimento dell'attuale organico del contingente e per una caratterizzazione sempre più pacifista della missione. Invece no. A sorpresa, ieri il segretario Ds Fassino ha detto il contrario, ovvero che forse qualche ritocco è possibile. Parole ardite, che non tengono conto in alcun modo del fatto che le regole sono state stabilite su mandato Onu e in virtù di accordi presi in ambito Nato. Ma è, in verità, un balletto di veti e controveti che ha fatto emergere ancora altro, prima di tutto la fragilità del governo, e non certo guardando solo al suo fronte più radicale. E’ il ragionamento, questo, che trova consensi nell’attuale dibattito politico interno; ormai, nei conciliaboli parlamentari, si prescinde addirittura dai numeri, nonostante il premier faccia dipendere proprio da questi ultimi il sicuro assenso del ramo nobile del Parlamento al rifinanziamento della missione: “Non sono preoccupato per il voto di martedì – ha ribadito ieri Prodi - ci sono stati 560 voti alla Camera e da allora non è cambiato un singolo punto del provvedimento, come si può giustificare quindi una soluzione diversa al Senato?”. Non è questo il genere di lungimiranza che ci si sarebbe aspettati dal premier in questa delicata fase politica.

Martedì prossimo, lo scenario che si potrebbe presentare al Senato non dovrebbe mettere in forse la sopravvivenza del governo. Distinguo del momento a parte, a votare a favore della missione ci saranno i Verdi e il Pdci, Follini e De Gregorio, i senatori a vita al gran completo e forse anche l’Udc di Casini, ormai entrato nell’ottica del completo affrancamento dal resto della Cdl e dal ricatti di Berlusconi che passano anche dal possibile “sì” del ministro Gentiloni a rimettere per sempre nel cassetto la nuova legge sulle tv. Ma il problema politico resta. Perchè Rifondazione, obblighi di scuderia a parte, non accetterà mai una richiesta di revisione in prospettiva delle regole d’ingaggio in un’ottica contraria ad una missione di pace e al progressivo ritiro delle truppe dalla regione. Il favore di Fassino a questa eventualità ha reso di fatto molto più aspro il dibattito a sinistra; le conseguenze di questa scelta le si vivranno tutte durante il voto delle mozioni nel prossimo congresso Ds di aprile. Ammesso che il congresso li veda ancora al governo.

Elena G. Polidori
altrenotizie.org 26 marzo 2007

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