Il ministro Lunardi ha proposto all’inizio
dell’estate una novità
rilevantissima per il sistema dei trasporti italiano: mettere pedaggi su circa
4.500 chilometri di strade statali con caratteristiche già
ora paragonabili a quelle autostradali, o che saranno rese tali in futuro.
La proposta è stata recepita dalla Legge Finanziaria 2005 ed è rilevante
perchè la rete autostradale a pedaggio supera oggi di poco i 6mila chilometri:
si tratta dunque quasi di un raddoppio, in buona parte riferito al
Mezzogiorno, dove attualmente non si paga in generale alcun pedaggio. Le
motivazioni sembrano riconducibili a considerazioni di equità
distributiva "orizzontale":
tutti quelli che godono dei benefici di un’infrastruttura
con caratteristiche autostradali debbono pagarne i costi (o almeno
contribuirvi).
Strade, tariffe e traffico
In termini teorici, si tratta di estendere un sistema di
tariffazione ai costi medi di produzione (contrapposta a quella canonica ai
costi marginali, che per i monopoli naturali come le strade e le autostrade
spingerebbe le tariffe verso valori molto bassi o nulli). Il problema è
ulteriormente complicato in presenza di esternalità:
nel caso delle strade, inquinamento e congestione (anche se quest’ultima
è un’esternalità
un po’ particolare). Vediamo le cose in modo
minimamente analitico: la tariffazione ai costi medi per infrastrutture
nuove è palesemente inefficiente. Una strada nuova
nella maggior parte dei casi viene costruita per alleviare la congestione su di
un percorso esistente. Ma viene dimensionata da subito per un traffico che è
previsto crescere nel corso della (lunga) vita economica dell’investimento.
Al momento dell’apertura, dunque, sarà
(correttamente) sovradimensionata. Se la tariffa è
elevata, cioè tale da coprire davvero i costi di
costruzione, avremmo la situazione di una strada vecchia gratuita e una nuova
costosa. Il traffico, soprattutto merci, sarà
indotto dalla tariffa a rimanere sulla strada vecchia gratuita (e ora meno
congestionata), rendendo ancora più sottoutilizzato
il percorso nuovo (è quello che è
avvenuto sull’autostrada adriatica, e che rischia
di avvenire in Toscana e per le linee ferroviarie di alta velocità).
Avremo cioè un bene sottoutilizzato che non riesce
neppure a finanziarsi. Vediamo ora le esternalità,
attenendoci per semplicità alle indicazioni fornite
dalla Commissione
europea su questo tema. Per l’inquinamento, le
tasse sui carburanti, molto elevate già ora, sono
lo strumento più diretto ed efficiente per
internalizzarne i costi sociali. Per la congestione, le tariffe devono essere
tanto più alte quanto più
traffico c’è rispetto alle dimensioni della
strada: quindi è in generale molto inefficiente
mettere tariffe di congestione su strade nuove o appena ampliate: di nuovo, ne
peggiorerebbe il fisiologico sottoutilizzo iniziale. Da qui il modello tedesco
(rallentato per ora per difficoltà tecniche) di far pagare i veicoli con un
sistema satellitare su tutta la rete, in funzione della congestione. Ma i
soldi per gli investimenti lo Stato non ce li ha. Allora,che fare? Per
prima cosa occorre fare tutti e soli gli investimenti utili: molti di quelli
della Legge obiettivo non lo sono; inoltre la rete delle grandi strade e delle
autostrade è nel complesso molto meno congestionata
di quanto si voglia far credere. (1) In secondo luogo, occorre
eventualmente mettere tariffe "le meno
distorsive possibili" cioè
essenzialmente sulle strade congestionate, se possibile accelerando l’introduzione
di un metodo "alla tedesca",
o una più semplice targa elettronica (oggi non
costa quasi nulla). In terzo luogo, occorre passare da concessioni "per
grandi assi", come sono ora, a concessioni "per
bacino di traffico". (2) Ma qui non è
possibile dilungarsi.
La via dell’Anas
Vediamo invece un altro aspetto essenziale della proposta,
nettamente più preoccupante di quelli precedenti.
La nuova rete a pedaggio dovrebbe essere gestita, con importanti interventi di
potenziamento, dall’Anas, recentemente trasformata
in Spa (tutta pubblica, e posseduta come sempre dal ministero dell’Economia).
Finora, tutte le autostrade a pedaggio sono state date in concessione.
Emergerebbe dunque una grandissima impresa pubblica sostanzialmente con
compiti nuovi, che si contrapporrebbe da posizioni di forza alla (privata) "Autostrade
per l’Italia Spa"
che detiene meno di 4mila chilometri di autostrade a pedaggio. Ottimo, il grado
di monopolio del settore si ridurrebbe. C’è però
un grave problema di conflitto di interessi: Anas è
oggi il soggetto concedente per le autostrade, e di fatto il loro controllore.
Ma perché poi questa nuova impresa deve essere
necessariamente pubblica? Non è questo un governo
favorevole all’iniziativa privata? Non è
meglio allora mettere in gara il nuovo sistema, facendo così
prevalere l’operatore (o gli operatori) più
efficienti, e ponendo vincoli all’estensione della
dominanza di Autostrade, se necessario? Nel settore delle concessioni, si sa, i rischi
di "cattura"
sono altissimi, mancando un’autorità
indipendente di regolazione, pur prevista dall’ancora
vigente Piano dei trasporti. Un nuovo grande soggetto pubblico in questo
contesto rischia di configurare molto più una realtà
spartitoria a danno degli utenti che non un contesto realmente concorrenziale.
(1) Vedi la relazione su questo tema alla Commissione
spesa pubblica
(2) Tavola Rotonda Ocse-Cemt n. 129,
di prossima pubblicazione
Archivio Informazione
|