Un nuovo approccio al
servizio pubblico televisivo sembra sempre più necessario nel nostro
paese: deve garantire ai cittadini l’accesso a contenuti di interesse
pubblico di qualità, la sostenibilità economica dei servizi e un sistema
di regolamentazione improntato alla trasparenza e all’indipendenza degli
organi di governo da quelli di controllo. Nel delinearlo può essere
utile una analisi dell’esperienza britannica.
La televisione degli inglesi
Nel Regno Unito, il Communication Act del 2004 definisce i
contenuti del servizio pubblico televisivo e ne regola le modalità di
prestazione all’interno del quadro competitivo del settore. Al contempo,
assegna all’Office of Communications, l’autorità garante del
settore, il compito di condurre regolari analisi sullo stato del
mercato, con la facoltà di effettuare interventi ex-ante qualora
individuasse problemi legati alla concorrenza, nonché di segnalare
eventuali necessità di cambiamenti strutturali, da effettuarsi con
strumento legislativo e in ottemperanza al quadro normativo europeo.
Nel 2004 è così iniziato, nel Regno Unito, il primo riesame organico
della televisione pubblica Nello stesso tempo, si è aperto un processo
di revisione della definizione stessa di servizio pubblico televisivo,
nonché della struttura, organizzazione e funzionamento della Bbc,
approdato nel marzo 2006 nella pubblicazione del libro bianco "A
public service for all: the Bbc in the digital age".
Il ruolo del servizio pubblico televisivo
Perno di una riforma del servizio pubblico televisivo in Italia dove
essere la centralità delle esigenze dei cittadini/utenti nella
realizzazione dei loro diritti personali di libertà e di crescita
culturale. Il processo di riforma deve essere trasparente e inclusivo,
per consentire a tutti di partecipare alla formazione degli obiettivi
del servizio pubblico.
La Tv pubblica deve avere un mandato chiaro, che i cittadini
riconoscano come loro, centrato sull’informazione, sulla promozione
della cultura e della diversità del paese e su un intrattenimento di
alta qualità; deve potenziare e ampliare il suo ruolo guida
nell’erogazione del servizio pubblico. La sua organizzazione e il modo
in cui opera sul mercato devono discendere dal suo mandato e consentirle
di operare con autonomia editoriale ed efficienza economica.
I concessionari di una licenza pubblica televisiva, dal canto
loro, devono contribuire al servizio pubblico, pur mantenendo la loro
vocazione commerciale.
Nel Regno Unito, ad esempio, Itv, il secondo gruppo televisivo,
ha in capo alla propria licenza obblighi di servizio pubblico,
per i quali riceve uno sconto sull’ammontare dovuto allo Stato per l’uso
delle frequenze.
Nel caso italiano, vincoli di servizio pubblico potrebbero riguardare la
pluralità e l’obiettività dell’informazione, la salvaguardia dei
contenuti artistici attraverso una regolamentazione delle interruzioni
pubblicitarie e garanzie di innovazione e promozione del settore
audiovisivo italiano, ad esempio attraverso limiti all’utilizzo di
formati e contenuti importati dall’estero. Il ruolo di controllare il
rispetto dei vincoli dovrebbe essere affidato all’autorità garante del
settore, così come avviene nel Regno Unito.
Il mondo digitale
L’avvento del digitale deve essere un’opportunità per consentire ai
cittadini di accedere a una gamma più ampia di contenuti e permettere
l’ingresso di nuovi attori nel mercato.
Una reale pluralità, però, può realizzarsi solo all’interno di un
quadro di riferimento che garantisca una concorrenza equa, a guardia
della quale dovrebbe essere preposta l’Autorità di garanzia competente,
dotata di adeguati strumenti di intervento.
Nel Regno Unito, per esempio, la riforma ha previsto la creazione di un
nuovo soggetto editoriale, con il compito di promuovere l’accesso
a contenuti di interesse pubblico sui nuovi media, come la banda larga.
Un bando di gara aprirà la sua gestione a diversi soggetti, come le Tv
private, gli editori di carta stampata e i fornitori di servizi
internet.
Tutto ciò rappresenta una forte innovazione nel panorama europeo.
Adottata in Italia, una simile opzione andrebbe ad aumentare la
pluralità dei soggetti operanti nel settore audiovisivo, garantendo la
continuità futura del servizio pubblico televisivo sui nuovi media
digitali.
La governance
Quanto alla governance, occorre introdurre un nuovo modello,
improntato a una chiara separazione dei ruoli di legislazione,
controllo e conduzione della Tv pubblica.
Una strada percorribile è la creazione di una fondazione i cui
membri siano nominati da istituzioni super partes, quali il
Presidente della Repubblica, per un periodo di tempo che consenta lo
sganciamento dal ciclo elettorale. La fondazione diviene depositaria del
legame tra il cittadino e il servizio pubblico; provvede alla nomina del
consiglio di amministrazione della Rai e ne controlla l’operato rispetto
ai vincoli di servizio pubblico.
Il finanziamento della Tv pubblica andrebbe poi interamente
ripensato. Oggi, la forte dipendenza dalla pubblicità determina
uno sbilanciamento degli investimenti verso produzioni che realizzano il
massimo valore commerciale degli spazi pubblicitari, e quindi
appiattisce la Tv pubblica su obiettivi di tipo commerciale, a scapito
di quelli di interesse pubblico.
La Bbc, invece, è interamente finanziata con il canone televisivo
pagato dagli utenti e non può ricorrere alla pubblicità, se non per
promuovere i propri programmi. È un modello che garantisce la massima
autonomia decisionale rispetto a obiettivi commerciali e che si riflette
nell’alta qualità e diversità dei contenuti erogati. In Italia, una
riforma in tale senso della Rai avrebbe effetti positivi su tutto il
settore, non ultimi i cittadini che pagano il canone televisivo.
La vigilanza sulla concorrenza
Dopo la riforma del 2004, l’Office of Communications ha
assunto poteri che prima erano appannaggio delle autorità garanti della
concorrenza, l’Office of Fair Trading e la Competition
Commission. Anche in Italia si dovrebbe adottare una soluzione
simile, potenziando il ruolo dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni. Ne deriverebbe una migliore coordinazione degli
interventi ex-ante ed ex-post, una maggiore rapidità di
intervento laddove si manifestassero problemi legati alla concorrenza,
nonché la creazione di un centro di eccellenza per le politiche nel
settore audiovisivo.
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