Nei prossimi giorni il governo presenterà il suo disegno di legge
sulle intercettazioni telefoniche. L'obiettivo iniziale, dichiarato
pubblicamente da Silvio Berlusconi durante la campagna
elettorale, era quello di consentire gli ascolti solo nelle inchieste di
mafia e terrorismo. Spiegare alle vittime di
stupri o rapine che nel loro caso la polizia indagherà senza poter
intercettare nessuno, era però difficile. E così ora il cavaliere e il suo
fido Guardasigilli, Angelino Alfano, stanno tentando di
trovare una mediazione tra il
vecchio disegno di
legge Mastella (votato da tutta la Camera con
solo nove astenuti) e il loro progetto. Come finirà è facile prevederlo:
verrà proposta (e approvata) una norma che impedirà la pubblicazione, grazie
a multe milionarie e il carcere per i trasgressori, non
solo delle intercettazioni non coperte da segreto, ma anche di molti altri
atti giudiziari. Non per niente già il disegno di legge Mastella impediva di
utilizzare carte tratte da indagini poi archiviate.
La cosa non è grave per i giornalisti. Chi si occupa di cronaca giudiziaria
o di giornalismo d'inchiesta vivrà benissimo scrivendo d'altro: magari di
piante o di fiori (io vorrei seguire la pallacanestro). È grave
invece per gli elettori.
Da una parte verrà di fatto impedito il potere di controllo
dell'opinione pubblica sull'attività della magistratura. Se gli
atti sulla base dei quali sono state arrestate delle persone non possono
essere consultati chi mai potrà fondatamente esercitare il proprio diritto
di critica sulle scelte di un giudice? Dall'altra i cittadini non potranno
più venire a conoscenza di tutta un serie di comportamenti tenuti
dagli eletti che magari non hanno rilevanza penale, ma che
certamente sono rilevanti dal punto di vista politico.
L'esempio più chiaro è quello di Mirello Crisafulli, il
parlamentare del Pd protagonista di un'indagine (poi archiviata), nata da
un'intercettazione ambientale (con relativo filmato) di un colloquio
tra lui e un capomafia. Con le nuove norme di quei fatti non potrà
più parlare nessuno.
La tecnica insomma sarà un po' quella utilizzata in Campania dai
funzionari dell'alto commissariato rifiuti. Lì, come hanno
dimostrato proprio le intercettazioni telefoniche contenute nell'ordinanza
di custodia cautelare spiccata contro di loro, si piazzava nelle discariche spazzatura
non trattata e pericolosa sotto un velo di monnezza resa inerte e
profumata con vari additivi chimici. Così i cittadini non si accorgevano di
nulla e potevano pensare che i tecnici stessero davvero lavorando per
risolvere il problema. C'è voluto un po', ma adesso i risultati di questo
modus operandi sono sotto gli occhi (e il naso) di tutti. Nascondere
lo sporco sotto il tappeto, non è mai stata una buona idea. E lo è
ancor meno se ciò che si vuol far sparire sono le notizie.
Segnalazioni
L'ordinanza del Tribunale di Napoli relativa
all'indagine sul Commissariato dei Rifiuti
Tra le ipotesi di reato: truffa allo Stato e traffico illecito di rifiuti.
(fonte: espresso.repubblica.it)
24/05/2008 Ora d'aria (Marco Travaglio, L'Unità, 24 maggio 200, http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it)
Come alla nascita di ogni regime, anche
stavolta si riscontra tutt'intorno ai nuovi padroni del vapore uno
spaventoso affollamento di cortigiani, sicofanti, voltagabbana, ma
soprattutto di reduci antemarcia. Il reduce antemarcia è
una figura tipicamente italiota, che a ogni cambio di governo resetta il
proprio passato e s'inventa a tavolino una nuova biografia a
immagine e somiglianza del nuovo potere. "Sire, io l'ho sempre
pensata come lei, da prima che lei nascesse...".
Quando da una parte c'era la sinistra e dall'altra il centro o la destra,
era più semplice, anche perché nell'albero genealogico di ciascuno c'è
sempre un nonno o uno zio che ha fatto la Resistenza (o
dice di averla fatta) e un altro che ha fatto la marcia su Roma
(o dice di averla fatta). Basta estrarre il nonno giusto al momento
giusto, e il gioco è fatto. Ora che non si capisce bene dove finisca
la maggioranza e dove cominci l'opposizione, per il reduce
antemarcia il gioco si complica. Bisogna dimostrare di essere sempre stati
sia di destra sia di sinistra, o almeno favorevoli al dialogo e all'inciucio.
Impresa titanica, almeno per chi non è editorialista del Corriere o del
Riformatorio. E per chi non si chiama Pierluigi Celli.
Questo eroe dei nostri tempi, che solo per motivi anagrafici non ha ispirato
un film di Alberto Sordi, è attualmente direttore generale della Luiss, ma
fino al 2001 lo fu della Rai perché - lo disse lui stesso -
"mi chiamò D'Alema". Ma ovviamente non dispiaceva neppure a
Berlusconi, che quando si tratta di Rai, essendo il padrone della
concorrenza, ha sempre avuto voce in capitolo. Infatti Celli regalò Rai1 al
superberlusconiano Agostino Saccà. Poi, nel febbraio 2001,
alla vigilia dell'annunciatissima vittoria elettorale del Cavaliere, si
trovò una nicchia sicura a Telefonica, la compagnia spagnola che controllava
la Endemol, a sua volta guidata in Italia da Marco Bassetti, marito di
Stefania Craxi, fornitrice di format alla stessa Rai. Con quella mossa
elegantissima, Celli lasciò la Rai in pasto agli epuratori.
Oggi, con una biografia così, non gli servirebbe alcun riposizionamento. Ma
lui vuole esagerare e l'altroieri racconta al Giornale berlusconiano
una storia di pura fantasia, fabbricata a tavolino ex post: "Mi
sono dimesso da direttore generale proprio alla vigilia degli interventi di
Marco Travaglio a Satyricon e di Michele Santoro,
perché ero contrario. Sono convinto che una tv pubblica non deve essere di
parte, ma deve mantenere il suo equilibrio. Il loro è stato, come dire, un
errore di grammatica. Non si fa".
Ecco: lui era contrario in cuor suo, ha sofferto in silenzio per tutti
questi anni, e solo ora ha deciso di uscire allo scoperto. In tempi
non sospetti, direbbe qualche buontempone. Purtroppo, la sua
versione dei fatti ha un problema di consecutio temporum.
Occhio alle date. Celli annuncia le dimissioni dalla Rai l'8 febbraio 2001.
Il Satyricon di Daniele Luttazzi che ospita il sottoscritto
per presentare "L'odore dei soldi" sulle origini e i misteri delle fortune
di Berlusconi (scritto con Elio Veltri) è del 14 marzo: 5 settimane dopo. Le
puntate di "Raggio verde" di Santoro sul caso
Berlusconi-Dell'Utri sono quella del 16 marzo e quelle successive. Come
poteva Celli essere contrario agli "errori di grammatica" di Luttazzi,
Travaglio e Santoro un mese e mezzo prima che venissero commessi? Si dirà:
erano già nell'aria ai primi di febbraio. Impossibile.
"L'odore dei soldi" esce in libreria a metà febbraio, una settimana dopo le
dimissioni di Celli. E viene presentato alla stampa nella saletta di
Montecitorio a fine febbraio. Luttazzi legge una cronaca del Manifesto e
decide di procurarsi il libro. Lo legge e mi invita a presentarlo a
Satyricon per il 14 marzo. E Santoro? Si era per caso già occupato del caso
Berlusconi, in quella campagna elettorale, prima del Satyricon sull'Odore
dei soldi? Nossignori. Tant'è che ancora il 10 gennaio 2001 Celli si
complimentava con la squadra di Santoro per il documentario
"Sciuscià" sui ricconi in Costa Smeralda ("Riteniamo di dover esprimere un
riconoscimento pubblico, a nome dell'azienda tutta, al gruppo di sciuscià
per la straordinaria qualità del reportage realizzato e per la
professionalità dimostrata"). Il 26 gennaio, due settimane prima delle
dimissioni di Celli, Raggio verde si occupava della mucca pazza. Il 2
febbraio, sei giorni prima delle dimissioni di Celli, il tema era
l'abusivismo nella valle dei templi di Agrigento. Ora, può darsi che noi non
conosciamo la grammatica. Celli però non conosce neppure il
calendario. Ma è ancora giovane, si farà.
Segnalazioni
Celli sbarella, il Giornale gongola
di Daniele Luttazzi (da
www.danieleluttazzi.it)
Identificateli!
Piero Ricca intervista Jole Santelli -
il video
Se il buongiorno si vede dal mattino
Da quaranta dì hanno vinto
ed han subito dipinto
un futuro entusiasmante
con governo dialogante,
disponibile al confronto
con un premier ombra pronto
a incontrare quello là
per veder che se po’ fa’...
http://www.unita.it
http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it
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