
Vi consiglio di non leggere il libro: "Morti Bianche".
E’ un libro pericoloso. Le testimonianze dei famigliari delle vittime sul
lavoro, assassinati sul lavoro, sono così sconvolgenti che dopo non sarete più
gli stessi. Dopo, se il vostro padre, figlio, fratello. Se la vostra madre,
figlia, sorella si recheranno al lavoro conterete le ore che vi
separano dal loro ritorno. Forse, vi verrà spontaneo chiedergli di
accompagnarli, per proteggerli.
Quando una persona muore, la parola più usata è fatalità. Quando una persona
muore, l’aggettivo più usato è tragico. Tragica fatalità. 1300
tragiche fatalità ogni anno, cinquantamila invalidi ogni anno. Migliaia di
famiglie sul lastrico, vedove con figli piccoli da educare, sfamare, amare
trattate come delle questuanti. Liquidate con qualche migliaio di euro.
Non siamo nel Medio Evo, siamo nel Nuovo Evo Italiano. In un
punto del tempo e dello spazio dove se un rumeno stupra una donna il Paese si
indigna, ma se muoiono cinque operai al massimo, e comunque per poche ore, il
Paese si rattrista. Una lacrima scende dal Palco delle Autorità. Il nostro Evo
Moderno non nasce dal nulla, ha un’origine chiara, solare: il lucro.
La morte di un uomo è un rischio di impresa. Quanto costa mettere in sicurezza
un impianto, la formazione per i propri dipendenti, le attrezzature per la loro
incolumità? Molto di più, enormemente di più, dell’eventuale risarcimento per la
morte di una persona. Le aziende lo sanno, lo mettono in conto. Può succedere.
In quel caso, sfortunato, si paga il minimo necessario. Gli studi legali della
società contro l’avvocato della vedova o della madre. Dovrebbe essere lo Stato a
tutelare legalmente le famiglie dei caduti. Se la morte di un dipendente
costasse alle aziende più degli investimenti in sicurezza, non morirebbe
quasi nessuno. E’ l’economia della morte. Se vale poco, si può
rischiare. E’ il prezzo della vita, che vale meno della produzione. Il trionfo
dell’autoregolazione del mercato. La mancanza di regole. La classifica del
sangue. Un militare ferito in Afghanistan merita la prima pagina del giornale.
Tre morti sul lavoro un riquadro in quindicesima pagina.
La legge Maroni (fatta quando lui era ministro del Lavoro),detta 30, detta Biagi
ha una grande responsabilità nelle morti bianche. Un precario è
un candidato naturale a morire sul lavoro. I motivi sono due. Il primo è che non
può lamentarsi per le condizioni in cui si trova, sarebbe subito licenziato. Un
sopravvissuto al rogo della Thyssen Krupp ha dichiarato che gli estintori erano
vuoti, i turni massacranti, ma non si poteva dire se si voleva conservare il
proprio lavoro. Chi ha una famiglia pensa ai figli, china la testa
e spera che non tocchi a lui. Il secondo motivo è che un precario non ha tempo
per essere istruito, formato. E’ assunto per pochi mesi o anche per qualche
settimana. Non è economico investire su qualcuno che è di passaggio.Molte morti
bianche avvengono nei primi giorni di lavoro, tra i precari, tra gli
extracomunitari assunti in sub-sub-appalto al cui vertice della catena ci sono
le amministrazioni pubbliche.
“Morti Bianche” è il seguito di “Schiavi
Moderni”, un libro che descriveva lo sfruttamento totale delle persone,
ma le lasciava in vita. “Schiavi Moderni” era, a suo modo, un
libro ottimista. La sera, con pochi euro, senza pensione, senza un’idea del
futuro, si tornava comunque a casa con le proprie gambe. Forse anche “Morti
Bianche” è un libro ottimista. Il proprietario della
Umbria Olii, dove sono morte quattro persone sul lavoro in
un’esplosione, ha citato le loro famiglie per 35 milioni di euro per i danni
causati allo stabilimento. E’ la nuova via del capitalismo italiano, assistito
dallo Stato e supportato dai sindacati. I dipendenti li sfrutti, li uccidi e
chiedi il risarcimento. Del lavoratore, come del maiale, non si butta via
niente.
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