Buongiorno a tutti. Molti sul blog di Beppe e sul mio, voglioscendere.it, mi
hanno chiesto di parlare della mia condanna per diffamazione nei confronti di
Cesare Previti, in primo grado. Non intendo farlo perché non intendo usare
questo spazio per ragioni mie.
Penso che per difendersi dai processi bisogna andare nei processi e se una
sentenza non la si condivide la si deve appellare. La sentenza non c'è nemmeno
ancora, non è stata depositata, lo sarà fra sessanta giorni.
Ci sarà modo di leggerla e di capire che cosa abbia trovato di diffamatorio
questa giudice in un mio articolo disponibile sul mio blog perché chi vuole si
faccia un'idea.
Volevo invece partire da questo caso, o non caso a seconda, perché una
persona che frequenta il blog voglioscendere.it mi ha mandato una mail
riportandomi il messaggio che ha spedito al direttore del TG1, Gianni Riotta, in
cui esprimeva stupore per il fatto che il TG1, che non da manco le notizie delle
condanne a ministri, agli imprenditori, ai parlamentari, avesse trovato il tempo
per dare la notizia della condanna a me che sono un privato giornalista.
Oltretutto non solo era una condanna per diffamazione, non per aver rubato, ma
era anche una condanna in primo grado e il TG1 ovviamente non l'ha detto per
cui, per esempio, alcuni miei parenti si sono spaventati pensando che dovessi
immediatamente andare in carcere per otto mesi.
a, a Riotta: "Almeno Travaglio il coraggio di parlare e scrivere di Previti &
c. ce l'ha e non è servo di nessuno. Inoltre, piccolo particolare, la condanna è
in primo grado anche se questo il TG1 l'ha dimenticato.
Il TG1, telegiornale del servizio pubblico, e non partitico, ha dimostrato una
volta di più il suo vero volto al servizio dei soliti noti.
Loro non molleranno mai, noi neppure.
Distinti Saluti, Andrea D'Ambra."
Questa è la risposta che gli da Riotta:
"Caro D'Ambra, abbiamo dato una notizia come sempre facciamo. Capisco che per
lei è una brutta notizia ma, se le stesse a cuore il mio pensiero, sappia che io
sono contrario a qualsiasi condanna per diffamazione, sempre.
Preferiva non dessimo la notizia? Si chiama censura ed è qualcosa che in Italia
è frequente. GR."
[continua]
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