25/01/2009 La misteriosa arte della didascalia. Emina Gegic
di Luca Leone - © Infinito edizioni 2009 – Si consente
l’uso libero di questo materiale citando chiaramente la fonte
Emina Gegic, autrice per Infinito edizioni dell’ottimo
manuale in due lingue (italiano e bosniaco) dal titolo “Dida.
La didascalia nel testo drammatico / Didaskalija u dramskom tekstu”,
ha presentato recentemente il suo lavoro a Brcko e a Sarajevo, in Bosnia
Erzegovina, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica. Le
abbiamo posto alcune domande sul suo libro, che può fregiarsi di una doppia
prefazione scritta da uno dei più grandi drammaturghi bosniaci, Darko Lukic,
e da uno dei più famosi specialisti del settore italiani, Maurizio Schmidt.
D. Emina, la prima cosa che un lettore non
preparato nella materia si chiede, leggendo un libro come “Dida”, è: qual è
l’utilità di un simile lavoro?
R. Credo che un lettore non preparato
nella materia, difficilmente potrebbe decidere di leggere questo libro e
tanto meno, una volta letto, di scoprire la sua utilità. A discapito delle
mie tasche, Dida mira ad un target abbastanza ristretto poiché è
scritto principalmente per gli appassionati della scrittura teatrale,
cinematografica e televisiva, con lo scopo di perfezionare la loro tecnica.
D. Il tuo è un libro solo per “tecnici” o è
consigliabile anche al pubblico più ampio, ad esempio quello che frequenta i
teatri come spettatore o addirittura il cinema?
R. Oltre ai drammaturghi, sceneggiatori
e autori televisivi, credo che Dida potrebbe facilmente suscitare
l’interesse di tutti i componenti delle troupe artistiche, come
registi, attori, scenografi, coreografi, costumisti ecc. perché, alla fine
della storia, noi scrittori scriviamo le didascalie proprio per loro. Dunque
Dida mira a tutti quelli che fanno teatro, o cinema.
E gli spettatori?
R. Temo che Dida non entri
nelle sfere di loro interesse. Ecco un esempio per spiegarmi al meglio.
Quando siamo influenzati, andiamo in farmacia per prendere le medicine che
ci occorrono per farci stare meglio ma, se non siamo del settore
farmaceutico, difficilmente compriamo libri che parlano delle ultime
ricerche sul settore. Insomma, è un libro tecnico.
D. Puoi mostrarci, attraverso un esempio
pratico, l’utilità della didascalia?
R. Immaginiamo di stare comodamente
seduti nella platea di un teatro. Stiamo ammirando una scena dello
spettacolo teatrale intitolato “L’ultimo okiya”. Guardiamo la scena dove
cinque geisha, vestite con i loro costumi tradizionali, si stanno esibendo
per un uomo d’affari occidentale che, tra l’altro, suscita il nostro
interesse poiché indossa guanti e stivali del tutto particolar,. ignifughi.
Una delle cinque geisha suona per lui lo Shamisen, strumento musicale a tre
corde; l’altra, la più bassa di tutte, canta meravigliosamente un’aria
tradizionale, mentre le tre restanti ballano con i loro ventagli.
All’improvviso, notiamo che il pavimento sotto i
piedi delle geisha comincia a cambiare colore e forma. A tal seguito, le
geisha si deconcentrano, si guardano tra loro, perdono un po’ della loro
bellezza nel movimento e nella coordinazione, ma non smettono affatto di
esibirsi. Passano i minuti e la pavimentazione si scalda a tal punto da
diventare rossa, molliccia e bollente. Apprendiamo che i piedi delle geisha
si stanno ustionando e che l’uomo d’affari ride, contento della sua impresa.
Le geisha, in preda al panico, cercano di fuggire dalla sala, ma trovano
chiuse tutte le porte. Quando la temperatura diventa insopportabile, l’uomo
d’affari, senza mai smettere di ridere, schiaccia un bottone e apre una
porticina incorporata nella pavimentazione. Fugge chiudendo a chiave la
porta dietro di sé. Le geisha cercando di riaprirla, ma nulla da fare.
Restano chiuse nella sala incandescente, senza via d’uscita. Urla. Il volume
della musica aumenta sempre di più mentre cala il buio sul palcoscenico.
Ecco, questa è, più o meno, la descrizione di quel che
abbiamo visto. Dobbiamo però pensare che, prima di una messa in scena, un
drammaturgo ha dovuto scrivere, strutturare tutto ciò che andava
rappresentato sul palco. È dovuto cioè ricorrere all’uso della didascalia
poiché il testo non prevede né monologhi né dialoghi. Noi ora abbiamo
descritto la scena dal punto di vista di uno spettatore, in maniera postuma,
senza seguire le regole della scrittura didascalica. Il mio libro spiega
come effettivamente si scrive la didascalia in un testo drammatico e come
non bisogna scriverla.
D. Perché, allora, se la didascalia, come hai
appena dimostrato, ha una funzione fondamentale nel testo teatrale, e non
solo in quello, fino a oggi è stata relegata in un ruolo di secondo piano?
R. È un argomento che ho analizzato
approfonditamente nel mio libro. In sintesi, la colpa è di noi drammaturghi
che non abbiamo trovato mai il tempo e il desiderio di trasmettere la nostra
sapienza sulla scrittura didascalica alle nuove generazioni teatrali. C’è da
dire, inoltre, che la didascalia nel nostro passato era molto ridotta poiché
i testi teatrali erano scritti principalmente con l’uso del dialogo e del
monologo. Al giorno d’oggi, invece, siamo testimoni di una società
multimediale, visiva, interattiva, dove conta di più quel che fai e vedi di
ciò che dici e senti, e siccome la didascalia indica l’azione e descrive le
immagini, ora, in un testo drammatico, la didascalia è diventata veramente
necessaria.
Nella cinematografia invece, cioè nella sceneggiatura,
la didascalia è sempre stata il testo basilare. Una delle definizioni di
sceneggiatura recita che è “la storia scritta con le immagini”. E dunque, se
scritta con le immagini, vuol dire che la sceneggiatura si scrive
principalmente con l’uso della didascalia.
D. Perché e come ti sei avvicinata al teatro e,
soprattutto, vedi nel teatro il tuo futuro? Con quali difficoltà oggettive?
R. Credo che la miglior cosa che ci
possa capitare nella vita è trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Io
sono nata in teatro. I miei ricordi più lontani vanno al palcoscenico dove
mi portava mio padre, regista e autore teatrale e televisivo. Ho passato lì
tanto tempo a osservare i suoi spettacoli e quelli dei suoi colleghi, a
imparare, finché, un giorno, dopo 17 anni, è arrivato anche il mio momento
giusto. In quel periodo avvertii un’estrema necessità di mandare messaggi,
di testimoniare, di esprimermi attraverso il teatro. C’era la guerra nel mio
Paese d’origine e io feci il mio primo spettacolo che parlava della vita dei
diciassettenni nella Sarajevo assediata. Ora, a dire il vero, mi auguro che
il mio futuro non sia solo in teatro ma anche nel cinema e in televisione.
Le difficoltà oggettive sono identiche a quelle che affronta chiunque altro:
c’è la crisi economica.
D. Secondo te, oggi, che cosa deve avere un
giovane per avvicinarsi e riuscire a vivere nel mondo del teatro?
R. Non voglio essere monotematica, ma
oltre a talento e voglia di imparare, credo proprio che devono avere dei
genitori benestanti.
D. La più bella rappresentazione teatrale cui
hai assistito in vita tua?
R. Non conservo nella mente un’unica
rappresentazione teatrale, ma tante diverse scene che ho visto e che
appartenevano ai vari spettacoli. Una specie di The Best Of. A ogni
modo, durante la scrittura del libro ho cercato di non farmi influenzare
troppo da registi, scrittori e poeti che mi intrigano intellettualmente.
Ecco perché ho citato drammaturghi riconosciuti da tutti quanti come dei
gran maestri.
D. La più bella alla quale, un giorno, speri di
poter assistere?
R. Sono superstiziosa. Posso non
rispondere?
Comunicato stampa -
Iran, bene la candidatura di Khatami alle presidenziali,
nel commento di Antonello Sacchetti
Riceviamo e volentieri
pubblichiamo la seguente nota di Antonello Sacchetti (I ragazzi di
Teheran e Misteri Persiani, Infinito edizioni) sulla
candidatura di Khatami.
La decisione (non ancora
ufficiale) di Mohammad Khatami di candidarsi alle elezioni presidenziali del
giugno prossimo è sicuramente un bene. L’ex presidente riformista (in carica per
due mandati dal 1997 al 2005) può ancora rappresentare un punto di riferimento
per i tanti che si oppongono alla deriva populistica iniziata nel 2005 con
l’elezione di Ahmadinejad.
La scelta di correre alle
presidenziali arriva dopo mesi di incertezza. In questo momento, sembra che la
guida suprema Khamenei – il vero capo di Stato e policy maker in Iran –
sia propenso a sostenere ancora Ahmadinejad, dopo un periodo di scarsa intesa
tra i due.
Non credo che Khatami abbia
grandi possibilità di vittoria, continua Sacchetti. Molti iraniani sono ancora
profondamente delusi dai suoi otto anni al potere. Promise riforme che non
arrivarono mai, bloccate dal veto della Guida Suprema e degli altri organi di
governo in mano ai conservatori. Ma è importante che nel confronto elettorale ci
sia una figura come quella di Khatami, da sempre promotore del dialogo con
l’Occidente. Può essere un termine di confronto anche per Obama, anche se sarei
molto cauto sulla possibilità che si apra una nuova stagione nei rapporti tra
Washington e Teheran. Come scriveva il dissidente Ganji qualche giorno fa, il
nuovo presidente Usa deve rivolgersi alla Guida suprema Khamenei, non ad
Ahmadinejad o al suo eventuale successore. È però vero che il presidente
continua ad avere – almeno a livello internazionale – maggiore visibilità.
In Iran si continuano a
fronteggiare due generazioni e due blocchi di potere: il clero, formato in larga
parte da settantenni, e l’ala politico-militare, costituita da pasdaran e basij,
cinquantenni. I primi sembrano al momento avere un atteggiamento più pragmatico
dei secondi, soprattutto in politica internazionale.
Dobbiamo comunque tenere
presente che nella campagna elettorale iraniana i candidati si confronteranno
soprattutto sulla politica economica. L’inflazione a due cifre e l’altissima
disoccupazione (si parla del 20 per cento), richiedono risposte concrete e
rapide. Dalla soluzione di queste incognite dipende molto del futuro dell’Iran.
La casa editrice Infinito edizioni
nell’ambito della manifestazione Diritti e Rovesci
vi invita a seguire la presentazione del libro
Mamadou va a morire
La strage dei clandestini nel Mediterraneo
di Gabriele Del Grande
introduzione di Fulvio Vassallo Paleologo
martedì 27 gennaio, ore 21,00
presso la Sala Biasin
Sassuolo (MO)
Interverrà:
Susanna Bonettini
(Vicesindaco, Assessore Politiche
Sociali e Pari Opportunità)
Sarà presente l’Autore
Un viaggio
affascinante sulle rotte dell’immigrazione, attraverso le storie
di chi ce l’ha fatta e di chi è perito per un sogno chiamato Europa
Il primo
reportage
in Italia
che racconta le vittime dell’immigrazione clandestina, l’invasione che non c’è e
i nuovi gendarmi di un cimitero chiamato Mediterraneo giunge alla
seconda edizione.
Dal 1988 oltre 12.000
giovani sono morti tentando di espugnare la
fortezza Europa.
Vittime dei naufragi, del Sahara, degli incidenti di tir carichi di uomini,
delle nevi sui valichi, dei campi minati e degli spari della polizia. Mamadou
va a morire è il racconto coraggioso di un giovane giornalista che ha
seguito le rotte dei suoi coetanei lungo tutto il Mediterraneo, dalla Turchia al
Maghreb e fino al Senegal, nello sforzo di custodire i nomi e la memoria di
una generazione vittima di una mappa.
Il suo è anche un grido d’allarme su una tragedia negata, che chiama in causa
l’Europa, i governi africani e le società civili delle due sponde del
Mare di
Mezzo.
Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi
alla normalità delle tragedie dell’immigrazione descritte in questo libro,
sarebbe come lasciare morire ancora una volta le persone vittime
dell’immigrazione irregolare. Ancora peggio sarebbe ritenere, come pure qualcuno
sembra fare, che queste tragiche storie possano avere un effetto pedagogico sui
“candidati” all’emigrazione clandestina
(dall’introduzione di Fulvio Vassallo Paleologo).
Il libro è tradotto in Germania e Spagna
L’autore:
Gabriele Del Grande è nato a
Lucca nel 1982. Laureato a Bologna in Studi Orientali, dal 2005 vive a Roma e
lavora per l’agenzia stampa Redattore Sociale. Nel 2006 fonda Fortress
Europe (http://fortresseurope.blogspot.com), l’osservatorio mediatico
sulle vittime dell’immigrazione clandestina. Un anno dopo segue le rotte dei
migranti in Turchia, Grecia, Tunisia, Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania,
Mali e Senegal. Mamadou va a morire, la sua opera prima, è il racconto di
quel viaggio. Suoi i reportage Roma senza fissa dimora (2005) e
Biglietti di viaggio dalla Palestina (2004).
Per contattarlo: gabriele_delgrande@yahoo.it
La casa editrice Infinito edizioni presenta
Il prefisso di Dio - Storie e labirinti di Once, Buenos Aires
di Francesca Bellino - prefazione di Luis Bacalov
introduzione di Ivana Costa
giovedì 29 gennaio, ore 18,00 - presso la libreria Feltrinelli, viale Libia 186, ROMA
Interverrà Claudio Maioli (musicista e traduttore)
Sarà presente l’autrice
Seguirà la presentazione del cd di Gabriele Coen Golem - jewish experience
Un viaggio nel quartiere ebraico di Buenos Aires
alla ricerca dell'Undicesimo Comandamento
Rincorsa dal numero 11,
l'autrice si perde in infiniti labirinti di storia antica e contemporanea
e si lascia guidare dai personaggi che incontra sulla sua strada.
Immigrazioni
vecchie e nuove, tradizioni e mistica ebraica, credenze popolari e miracoli,
tango porteňo e tango yiddish, la memoria e i fatti dell'attentato
all'Ambasciata di Israele e all'Amia e della morte dei 194 ragazzi nella
discoteca Cromañon, gli psicoanalisti del dopo crisi del 2001 e la
convivenza tra culture diverse sono alcuni dei temi trattati in questo
diario-reportage che cerca di stimolare il lettore in una personale ricerca di
un nuovo Comandamento per le attuali società plurali.
“Un viaggio in compagnia de
‘Il Prefisso di Dio’ apre le porte meglio di qualunque guida turistica non solo
a el Once e a Buenos Aires, perché Francesca Bellino racconta questi luoghi e
storie con la partecipazione vitale e affettuosa di una scrittrice attenta e
desiderosa di spaziare oltre e oltre e oltre ancora”
(Luis Bacalov).
“Once è un quartiere affascinante, pieno di
energia vitale, creatività e ricerche. Un quartiere che non si arrende. Di
queste battaglie passate, presenti e future tratta questo bel libro”
(Ivana Costa, Clarín).
Il libro ha il patrocinio
di Asal, Icei e ProgettoSur.
L’Autrice
Francesca Bellino è nata a
Salerno e vive a Roma. Giornalista, reporter di viaggio e autrice televisiva,
collabora con numerose testate quotidiane e periodiche, tra cui Il Mattino,
Il Foglio, Il Venerdì, Viaggi e D de La
Repubblica, il supplemento culturale del Clarin, Ñ. È autrice
dei saggi È ancora vivo! Lucio Battisti risorge attraverso i mezzi di
comunicazione (Sottotraccia, 2000) e Non sarà un’avventura. Lucio
Battisti e il jazz italiano (Elleu, 2004).
www.francescabellino.it
Comunicato stampa - La casa editrice Infinito edizioni
In collaborazione con Caritas diocesana, commissione Giustizia e Pace, Comune di Viareggio - Assessorato alla Cultura, Biblioteca Comunale e Comunità Parrocchiale di San Paolino
Vi invitano alle seguenti presentazioni del libro
Mamadou va a morire -
La strage dei clandestini nel Mediterraneo
center>di Gabriele Del Grande
introduzione di Fulvio Vassallo Paleologo
che si terranno:
-
venerdì 30
gennaio, Viareggio, presso la Sala Apt, piazza Mazzini, ore 17,30;
-
venerdì 30
gennaio, Pietrasanta (Lu), presso il Cenacolo Culturale Kansar,
via del Teatro 62, ore 21,30.
Sarà presente l’Autore
Un viaggio
affascinante sulle rotte dell’immigrazione, attraverso le storie
di chi ce l’ha fatta e di chi è perito per un sogno chiamato Europa
Il primo
reportage
in Italia
che racconta le vittime dell’immigrazione clandestina, l’invasione che non c’è e
i nuovi gendarmi di un cimitero chiamato Mediterraneo giunge alla
seconda edizione.
Dal 1988 oltre 12.000
giovani sono morti tentando di espugnare la
fortezza Europa.
Vittime dei naufragi, del Sahara, degli incidenti di tir carichi di uomini,
delle nevi sui valichi, dei campi minati e degli spari della polizia. Mamadou
va a morire è il racconto coraggioso di un giovane giornalista che ha
seguito le rotte dei suoi coetanei lungo tutto il Mediterraneo, dalla Turchia al
Maghreb e fino al Senegal, nello sforzo di custodire i nomi e la memoria di
una generazione vittima di una mappa.
Il suo è anche un grido d’allarme su una tragedia negata, che chiama in causa
l’Europa, i governi africani e le società civili delle due sponde del
Mare di
Mezzo.
Dimenticare, rimuovere, rassegnarsi
alla normalità delle tragedie dell’immigrazione descritte in questo libro,
sarebbe come lasciare morire ancora una volta le persone vittime
dell’immigrazione irregolare. Ancora peggio sarebbe ritenere, come pure qualcuno
sembra fare, che queste tragiche storie possano avere un effetto pedagogico sui
“candidati” all’emigrazione clandestina
(dall’introduzione di Fulvio Vassallo Paleologo).
Il libro è tradotto in Germania e Spagna
L’autore:
Gabriele Del Grande è nato a
Lucca nel 1982. Laureato a Bologna in Studi Orientali, dal 2005 vive a Roma e
lavora per l’agenzia stampa Redattore Sociale. Nel 2006 fonda Fortress
Europe (http://fortresseurope.blogspot.com), l’osservatorio mediatico
sulle vittime dell’immigrazione clandestina. Un anno dopo segue le rotte dei
migranti in Turchia, Grecia, Tunisia, Marocco, Sahara Occidentale, Mauritania,
Mali e Senegal. Mamadou va a morire, la sua opera prima, è il racconto di
quel viaggio. Suoi i reportage Roma senza fissa dimora (2005) e
Biglietti di viaggio dalla Palestina (2004).
Per contattarlo: gabriele_delgrande@yahoo.it
La casa editrice
Infinito edizioni
presenta il nuovo libro
Lettera aperta agli uomini
di Elisabetta Galli -
prefazione di Raffaele Masto -
venerdì 30 gennaio, ore 18,00 -
presso la libreria Archivi del 900 -
via Montevideo, 9 Milano -
Interverrà: Rosanna
Santonocito (il Sole 24 ore)
Sarà presente l’Autrice
L’universo
maschile e quello femminile? Scontro e incontro
Una donna parla agli
uomini di tre generazioni per superare – con un testo carico di ironia e
passione – decenni di incomprensioni stratificate tra i due sessi.
Il libro è
un
salvagente a un genere maschile ormai culturalmente e moralmente al capolinea.
“Il libro di Elisabetta? Un atto
liberatorio non solo per noi, ma anche per i nostri figli!”
(dalla prefazione di Raffaele Masto)
L’autrice
Elisabetta
Galli è insegnante. Ha pubblicato La solitudine e le foglie (Nuovi
Autori, 1997), e Argentina (White Star, 2002). Il volume è sostenuto da
Radio OKmusik e dal
Comitato intercomunale della Pace del magentino
La casa editrice Infinito edizioni presenta il nuovo libro
Fare l’amore a Roma - Passeggiate nella storia sociale della Città Eterna
di Barbara Fabiani prefazione di Corrado Ruggeri
Roma così
non ve l’hanno mai fatta conoscere
Tra obelischi e campanili,
capolavori della pittura e dell’architettura, i principali itinerari turistici
della Città Eterna si popolano di zitelle, prostitute,
fidanzati, chierici mondani, artisti, popolani,
madri, padri e bambini di strada ma anche di personaggi
famosi raccontati nelle loro vicende più intime e personali.
Le storie che si snodano
nella città sede dei Cesari e dei Papa Re sono ricostruite facendo ricorso
alla più accurata tradizione di studi sociali. Ne risulta un’opera del tutto
originale, che integra le ricerche storiche sulla società romana con
il piacere sornione di girovagare per Roma.
Cresce così intorno al visitatore “il corpo” della città e delle persone che
vi hanno vissuto.
Questo non è un libro di
curiosità ma di vita vera, vissuta, di anime e corpi che pulsano. Come la
Città Eterna che li ospita.
“Fare l’amore a Roma è il
racconto delle emozioni di una città che è stata centro del mondo e dei sogni
di chi la guardava da lontano e poi provava a viverla, da suddito o da
cristiano, da schiavo o da uomo libero. Un luogo straordinario che ha
conosciuto fasti e guasti e ha influito sugli animi, modificandoli,
forgiandoli, dando a chi viveva nelle sue strade caratteristiche uniche e
tipiche, sulle quali si fonda il privilegio dell’esser romano”
(dalla prefazione di Corrado Ruggeri)
L’autrice
Barbara Fabiani è nata nel
1968 a Roma. Laureata in sociologia e giornalista professionista, vive e
lavora nella capitale. È fondatrice e presidente dell’Associazione Vita
Romana.
Per
informazioni: Infinito edizioni: 06 93162414
Maria
Cecilia Castagna: 320/3524918
http://www.infinitoedizioni.it
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