Testo:
"Io so che ancora una volta ci stanno prendendo per il culo, soltanto che non lo
fanno con le solite ballette quotidiane.
Questa volta stanno organizzando una grande operazione di disinformatia di
stampo sovietico o sudamericano, come volete.
O italiano: diciamo pure di stampo italiano, italiota.
Lo fanno perché hanno paura degli elettori che forse hanno cominciato a intuire
quale gigantesca porcata debbano nascondere, o quali gigantesche porcate debbano
nascondere con questa legge inciucio contro le intercettazioni.
Per la prima volta, non sono riusciti, Berlusconi e i suoi complici, a
convincere l'opinione pubblica che in Italia ci vogliano meno intercettazioni.
Gli italiani, per motivi ovvi di intelligenza e per interesse alla loro
sicurezza, sanno che è giusto e doveroso rinunciare a un pezzettino della nostra
privacy per mettere qualche telecamera in giro, per acchiappare più delinquenti,
per mettere dei telefoni sotto controllo per acchiappare più delinquenti.
Ma anche per scoprire, eventualmente, se c'è qualche innocente che è finito
ingiustamente in un'inchiesta, grazie alle intercettazioni.
Si riesce immediatamente a scindere la responsabilità dei colpevoli e degli
innocenti, quindi le intercettazione per chi non ha niente da nascondere è una
risorsa.
Invece, per chi ha molto da nascondere, è un pericolo.
Questo non sono riusciti a farlo passare, ancora, nemmeno l'orchestra nera che
ci martella da vent'anni è riuscita a convincerci che dobbiamo accettare, per il
nostro bene, meno intercettazioni per i reati di lorsignori, e dunque anche per
i reati di strada.
Pare che persino gli elettori leghisti – per fortuna, meglio tardi che mai – si
stiano ribellando e stiano premendo sui loro rappresentanti perché non firmino
la porcata che Berlusconi vuole fare.
E ci raccontano, i giornali, che la partita è se entrerà o meno la corruzione
fra i reati per i quali non si potrà più intercettare.
Una porcata da buttare nel cesso
Il problema non è solo la corruzione: nel disegno di legge che è stato
presentato dal Consiglio dei Ministri a luglio, come ci siamo già detti più
volte ma repetita iuvant, si vieta di intercettare per reati come lo stupro – in
questi giorni si parla molto di stupro, Berlusconi promette addirittura un
soldato per ogni bella donna e in futuro magari anche per ogni vecchietta che va
a ritirare la pensione, per ogni vecchietto maschio che ritira la pensione, per
ogni massaia che va a fare la spesa.
Insomma, ci sarà metà della popolazione che fa il soldato e metà che fa il
derubato.
E chi li deruba poi, fra l'altro? Bisognerebbe importare dall'estero i
delinquenti. Siamo alla follia.
Ma per quanto riguarda il divieto di intercettazione, il disegno di legge del
Consiglio dei Ministri le proibisce per lo stupro, il sequestro di persona,
l'associazione a delinquere, l'estorsione, la ricettazione, la truffa, il furto,
il furto in appartamento, la rapina, lo scippo, lo spaccio di droga al
dettaglio, l'omicidio colposo e tutti i reati finanziari.
Il problema è prendere questa porcata gigantesca e buttarla nel cesso, questo
dovrebbe fare un partito serio, ammesso che la Lega riesca ancora ad esserlo
ogni tanto, invece di star lì a ritoccare un reato sì, un reato no.
Questi sono tutti reati per i quali oggi si può intercettare e, infatti, già
abbiamo dei problemi a scoprire dei colpevoli perché ce ne vorrebbero di più di
intercettazioni e di indagini collegate
Invece, causa riduzione continua dei mezzi e dei fondi, ne abbiamo sempre di
meno e abbiamo pochi colpevoli scoperti.
Figuratevi quando non potremo nemmeno intercettarli quanti criminali in libertà
avremo: dovremo barricarci in casa dopo che passa questo legge con i cavalli di
Frisia e i sacchetti di sabbia alle finestre per farci giustizia da soli.
Questo è quello a cui ci vogliono portare.
La balla del Grande Orecchio
Allora, dato che la gente non l'ha ancora bevuta la bufala delle
intercettazioni, stanno esagerando, stanno sfiorando il muro del suono, stanno
superando i limiti della decenza, ammesso che ne abbiano.
Ci stanno, cioè, rifilando un'altra super balla per convincerci che siamo in
preda al Grande Fratello, il Grande Orecchio, lo spione degli spioni, l'uomo
nero che, nascosto in un ufficio a Palermo, intercetta tutto e tutti con gravi
violazioni della privacy.
Mettendo in pericolo la democrazia.
Questo mostro si chiama Gioacchino Genchi, è un vice questore della Polizia in
aspettativa, fin dai tempi di Giovanni Falcone collabora con i magistrati più
impegnati in tutta una serie di indagini che hanno a che fare con l'informatica
e la telefonia, perché ha accumulato un'esperienza unica in Europa, in questa
materia.
Aiuta i magistrati a incrociare le telefonate e i tabulati telefonici nei
processi di omicidio, di rapina, di mafia, di 'ndrangheta, di camorra, di
tangenti, di strage.
Perché è utile e indispensabile una figura come la sua? Perché non basta fare
come tante bestie con la penna in mano fanno sui giornali: prendere le
intercettazioni, far il copia-incolla e spiaccicarle sulla pagina di giornale o
farle sentire in televisione.
Le intercettazioni vanno lette e soprattutto vanno capite.
Al telefono, molte persone cercano anche di parlare un linguaggio convenzionale,
o anche se non cercano di parlarlo finiscono per farlo: si parla molto male al
telefono, si capisce poco, spesso.
Ecco perché è importante capire a che ora avviene quella telefonata, in che
posto, dopo quali altre telefonate e prima di quali altre telefonate avviene
quella chiamata.
Perché se senti dire a uno “ho parlato con Ciccio”, da sola quella telefonata
non ti dice niente.
Allora devi andare a vedere cosa è successo prima, se ci sono dei “Ciccio”.
“Sto andando a parlare con Pippo”. Chi è Pippo? Andiamo a vedere dopo. Andiamo a
vedere dove si trovava Pippo un attimo dopo che questo dicesse “sto andando a
parlare con Pippo”.
Allora abbiamo la prova che il Pippo era veramente lui, che i due si sono
incontrati, perché stavano nella stessa cella territoriale da cui è partita la
chiamata e dove, poi, c'è stato l'incontro.
Dunque, gli incroci fra le telefonate intercettate e i tabulati telefonici
richiedono intelligenza, perché prese così non dicono mai niente, non vogliono
dire niente e nei processi non sono utili e a volte vengono assolti i colpevoli
proprio perché gli investigatori non sono riusciti a far fruttare, a trasformare
in prova evidente ciò che avevano nelle carte, nei tabulati e nelle telefonate.
Ecco perché sono utili questi consulenti tecnici che sanno usare l'informatica e
sanno incrociare i dati e arrivare a delle conclusioni, per cui anche una
telefonata insignificante può diventare la prova regina per incastrare un
assassino.
In questi giorni si parla di Genchi come il consulente di De Magistris. Certo, è
stato consulente anche nelle indagini di De Magistris, ma nessuno racconta
quanti omicidi insoluti ha fatto risolvere Genchi con questo sistema, quanti
assassini che stavano in libertà oggi sono in galera grazie alle consulenze di
Gioacchino Genchi.
Io lo posso dire tranquillamente: lo conosco da anni, lo apprezzo, penso che sia
una persona estremamente perbene.
E' un signore che vive del suo lavoro, che praticamente lavora sempre, giorno e
notte, al servizio nostro, per renderci più sicuri: al servizio della giustizia.
Questo per come lo conosco io è Gioacchino Genchi.
Lo sterminio di massa
Viene linciato per quale motivo? Per due motivi.
Uno è proseguire la guerra a quelli che, a Catanzaro, hanno osato sollevare il
coperchio sul pentolone del letame che ribolliva e a ricominciato a bollire da
quando De Magistris è stato cacciato e da quando i magistrati di Salerno, che
avevano riaperto quel coperchio, sono stati a loro volta cacciati.
Ragion per cui ho iniziato il mio intervento con “Io so”, per proseguire quelli
di Sonia Alfano, di Salvatore Borsellino, Carlo Vulpio, Beppe Grillo per
invitarvi tutti quanti a essere con noi mercoledì mattina in piazza Farnese in
difesa dei magistrati di Salerno e, direi, da oggi anche di Gioacchino Genchi e
quelli come lui.
Bisogna proseguire nello sterminio di massa iniziato con De Magistris,
proseguito con la Forleo, con il capitano Zaccheo che lavorava con De Magistris,
con il consulente Sagona che lavorava con De Magistris, con i colleghi di De
Magistris come il dottor Bruni che hanno voluto fare sul serio nel prosieguo
delle sue indagini e sono stati ostacolati dai loro capi.
Nello sterminio di Carlo Vulpio che non si occupa più di questo caso perché ci
capiva troppo, nello sterminio di Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani e il loro
procuratore Apicella che sono stati fucilati alla schiena da un plotone di
esecuzione plurimo, che sparava tutto nella stessa direzione, formato dal CSM,
dal suo capo – il Capo dello Stato – dall'Associazione Magistrati che adesso sta
tentando dei penosi ripensamenti, delle penose lacrime di coccodrillo e da tutta
la classe politica.
Voglio in qualche modo – sono disperati, ormai – dimostrare che a Catanzaro De
Magistris e suoi hanno fatto qualcosa che non andava, perché sono tre anni che
stanno cercando un pelino nell'uovo per dimostrare che c'era qualche
irregolarità non in quelle enormi ruberie di fondi pubblici che si stavano
scoprendo, ma nelle indagini e nelle persone di chi stava indagando.
Questa è la prima ragione per cui Genchi è nel mirino.
La seconda e fondamentale ragione per cui è nel mirino in questo momento l'ha
detta Berlusconi, che ormai non se ne accorge neanche più ma confessa!
Questo è il suo giornale, il suo house organ, il suo bollettino parrochiale:
“Intervista a Berlusconi – un'esclusiva, intervista a padrone – intercettazioni,
vi dico quel che farò” “Una legge che taglia tutto, Bossi è già d'accordo, gli
altri verranno convinti dallo scandalo Genchi. Non ho paura per me ma per la
privacy degli italiani”.
Lo fa per noi, naturalmente.
Gli altri verranno convinti dallo scandalo Genchi: naturalmente non c'è nessuno
scandalo Genchi, l'unico scandalo sono le porcate che ha scoperto Genchi per
conto del PM De Magistris.
L'ennesima operazione di disinformatia
Lo scopo di questa guerra a Genchi, in questo momento, è cercare di ribaltare
l'opinione pubblica con l'ennesima operazione di disinformatia.
Ricordate quando il Cavaliere, nell'ottobre del 1996, si presentò con un oggetto
enorme e lo mostrò alle telecamere per tutto il mondo e disse “questa è una
microspia”.
Poveretto, era una specie di frigobar portatile per le dimensioni ma lui la
chiamava microspia.
I giornali, alcuni spiritosamente, la ribattezzarono “il cimicione”.
Lui si era inventato di essere spiato dalle procure deviate che gli avevano
nascosto dietro il radiatore del suo studio a Palazzo Grazioli una cimice
perfettamente funzionante, e quindi sgomento annunciò al mondo che in Italia la
magistratura era arrivata a un tale livello di eversione da intercettare
illegalmente e incostituzionalmente il capo dell'opposizione.
Tutto il Parlamento abboccò, D'Alema in lacrime corse a dargli solidarietà.
Erano già d'accordo per fare la bicamerale e, mentre D'Alema veniva eletto anche
coi voti di Forza Italia in bicamerale, la procura di Roma scoprì che quella
cimice intanto non funzionava, era un ferrovecchio dell'ante guerra, e
soprattutto a piazzarla non era stata nessuna procura deviata ma il migliore
amico del capo della sicurezza di Berlusconi, mandato a bonificargli l'alloggio.
Dato che nell'alloggio non aveva trovato niente aveva pensato di nascondere
questa ciofeca dietro il radiatore per aumentare il proprio compenso e farsi
bello davanti al padrone di casa.
Noi abbiamo vissuto per una settimana in un clima da colpo di Stato a causa di
una delle tante bufale orchestrate dal Cavaliere e dai suoi sodali.
Bufala che quando è stata poi smontata nessuno l'ha scritto, e infatti era
servita per solidificare l'inciucio destra-sinistra con D'Alema presidente della
bicamerale, proprio per tagliare le unghie ai magistrati che non avevano fatto
niente.
Come non avevano fatto niente neanche questa volta, di illegale.
Certo, ci sono stati episodi, scandali veri in questi anni di intercettazioni
illegali.
Sono quelle di cui i politici non parlano mai.
Si è scoperto di spionaggi illegali, ancora peggio.
Si è scoperto che il Sismi del generale Pollari e del suo fedelissimo Pio Pompa
- quello che teneva a stipendio il giornalista Renato Farina, detto Betulla, che
adesso sta in Parlamento non a caso nel Popolo della Libertà provvisoria, dopo
aver patteggiato una pena per favoreggiamento nel sequestro di persona di Abu
Omar – spiava illegalmente magistrati, giornalisti, imprenditori.
Sono tutti a giudizio a Roma questi signori, naturalmente, ma nessuno ne parla.
Si è scoperto che la security della Telecom, un'azienda privata, aveva messo in
piedi un archivio di informazioni e dossier completamente illegali.
Sono a giudizio anche il capo e i suoi collaboratori, Tavaroli & c.
Tronchetti Provera, che è molto perspicace, non aveva capito niente di quello
che succedeva nell'ufficio accanto e ha avuto molti elogi dal suo giornale, il
Corriere della Sera, per il fatto di non aver capito una mazza di quello che
succedeva da parte di un signore a cui lui dava una sessantina di milioni di
euro all'anno di budget.
Per fare che cosa non l'aveva capito, ma un manager non è mica li per capire
cosa succede nella sua azienda, è pagato per non sapere.
Questi sono gli scandali di cui frettolosamente ci siamo spogliati perché i
politici sono ricattabili o ricattati da queste persone e quindi le coprono e le
proteggono.
Di Genchi non c'è niente di scandaloso, nel senso che Genchi fa esattamente
quello che gli chiedono i magistrati secondo quello che è previsto dalla legge.
Voi leggete sui giornali: “Berlusconi, è in arrivo uno scandalo enorme”, “I
segreti che inquietano il Palazzo”, “Anche De Gennaro nell'archivio segreto
Genchi”, “Rutelli: ci sono cose rilevanti”, “Archivio Genchi: fatti rilevanti
per la democrazia” - questo dice Rutelli - “Rutelli: intercettazioni, libertà in
pericolo”, “Mastella: denunciai l'archivio Genchi ma nessuno mi ascoltò”.
In realtà stavano ascoltando lui, perché parlava con una serie in indagati del
processo Why Not, esattamente come Rutelli che era amico di Saladino.
“L'orecchio che ascoltava tutto il potere”, “In migliaia sotto controllo, presto
un grande scandalo”.
E avanti di questo passo.
Disinformazione organizzata allo stato puro
Questo è disinformazione organizzata allo stato puro.
Genchi non ha mai fatto un'intercettazione, ma nemmeno per scherzo. Genchi non
intercetta.
Genchi riceve dalle procure della Repubblica che l'hanno nominato consulente le
intercettazioni e i tabulati telefonici per fare quel lavoro di incrocio e di
mosaico, per ricostruire la storia, il contesto di ogni telefonata e tabulato.
Che differenza c'è tra l'intercettazione e il tabulato? L'intercettazione
registra quello che le due persone al telefono, o in una stanza, si dicono –
telefonica o ambientale.
Il tabulato è, come tutti sanno, l'elenco delle telefonate fatte e ricevute da
un numero di telefono, da un utenza telefonica.
Il tabulato del mio telefono riporta tutte le telefonate che io ho fatto in
partenza, cioè i numeri che ho chiamato io, e tutti i numeri che hanno chiamato
me.
Aggiunge alcune informazioni: l'ora esatta, la durata esatta della telefonata,
il luogo nel quale io mi trovavo mentre parlavo e l'altra persona si trovava, e
naturalmente il numero di telefono dell'altra persona quando non è criptato.
Questo è il tabulato.
Dimostra un rapporto più o meno intenso fra due persone: se si chiamano alle
quattro del mattino sono persone che hanno un rapporto piuttosto confidenziale;
se si chiamano quaranta volte al giorno hanno un rapporto confidenziale.
Se c'è una telefonata in tutto potrebbe persino essere una telefonata muta, alla
quale l'altro non risponde e non saprà mai di avere ricevuto questa telefonata.
E' evidente che ci vuole intelligenza investigativa per capire la differenza e
capire che tipo di rapporti denotano questi tabulati e telefonate.
Genchi non ha mai intercettato nessuno: riceve telefonate già fatte e disposte
da un GIP su richiesta di un Pubblico Ministero e riceve i tabulati che formano
il corollario.
E studia, incrocia e riferisce al magistrato, viene sentito in udienza, viene
contro interrogato dagli avvocati dell'imputato il quale ha tutti gli strumenti
per dire “hai sbagliato, perché quella telefonata l'hai interpretata male, quel
contatto non c'è stato”.
C'è il contraddittorio nel processo, questo avviene, questo fa Genchi.
Dice: “centinaia di migliaia di intercettazioni”. Assolutamente no.
Nelle indagini di Catanzaro, Poseidone e Why Not”, c'erano decine e decine di
indagati e quindi decine e decine di intercettati, ciascuno dei quali usava
diversi telefoni e schede.
In più, abbiamo i numeri degli indagati, diverse decine, e poi i numeri delle
persone che venivano chiamate o chiamavano questi indagati e che risultano dai
tabulati.
Quindi abbiamo evidentemente diverse centinaia di numeri.
I numeri trattati da Genchi nelle indagini di Catanzaro sono circa 730-780. Voi
leggete che ci sono dei parlamentari, eppure non si può intercettare o prendere
il tabulato di un parlamentare.
E' ovvio, ma prima devi saperlo che quel numero è di un parlamentare.
Se l'indagato Saladino chiama o riceve una chiamata da Mastella o Rutelli, che
sono parlamentari e non possono essere intercettati, se è intercettato il numero
di Saladino si sente la voce di Mastella o Rutelli.
Se si prende il tabulato di Saladino, certo che ci saranno anche i numeri che
usano Mastella e Rutelli: e tu come fai a saperlo? Non si capisce mica dal
prefisso se il numero è di Rutelli o è mio, se è di un parlamentare o no, di un
agente segreto o no.
Quando chiedi di chi è il numero che compare nel tabulato ti dicono: “guarda che
appartiene alla Camera dei Deputati”, e non basta ancora per stabilire che è di
un parlamentare.
Potrebbe essere un impiegato, un cancelliere, un usciere.
Quando scopri di chi è, è chiaro che se scopri che è di un parlamentare prima di
utilizzare quell'informazione devi chiedere il permesso al Parlamento perché in
Italia è previsto questo.
Ma come fai a saperlo prima? Quando lo acquisisci è un elenco di numeri tutti
uguali per te.
E' dopo, quando scopri di chi sono, che eventualmente ti fermi nell'utilizzarli
e chiedi al Parlamento l'autorizzazione a utilizzarli.
Esattamente come la questione De Gennaro, l'ex capo dei servizi segreti e oggi
capo del coordinamento dei servizi: non è vero niente, ma può anche darsi che
non se ne sia neanche accorto che ci sia tra i numeri di telefono di questi
incroci un numero usato dai servizi.
Chi lo può escludere? L'importante è che De Gennaro non era indagato e non è
stato sospettato di niente, se poi risulta una sua telefonata con qualcuno,
c'erano un sacco di persone, agenti di polizia, magistrati, che stavano sotto
intercettazione: potrebbe risultare chiunque.
Vuol dire che Genchi spiava De Gennaro? Assolutamente no! Ma questo per fortuna
De Gennaro, visto che di queste cose se ne intende, lo sa meglio di noi.
Dice: se ci sono agenti segreti e quelli parlano al telefono di segreti di
Stato, intercettandoli si violano dei segreti di Stato. Pericolo! Aiuto! Il
nemico ci ascolta!
Bene, questa è un'altra bufala clamorosa che è già venuta fuori quando la
procura di Milano ha intercettato alcuni agenti del Sismi capeggiato dal
generale Pollari, col fido Pio Pompa al fianco, nell'inchiesta sul sequestro di
Abu Omar e ha acquisito dei tabulati.
Anche lì i soliti politici che proteggono Pollari, Rutelli, Berlusconi, sono
insorti dicendo che – Cossiga! - non si possono intercettare agenti segreti
perché se parlano di segreti di Stato al telefono questo esce fuori e la
sicurezza nazionale è in pericolo.
Per legge, i militari e gli agenti segreti hanno il divieto di trattare
argomenti classificati al telefono. Classificati vuol dire riservati in varie
gradazioni, quindi a maggior ragione è vietato parlare al telefono con
chicchessia di segreti di Stato, da parte dei titolari di quei segreti.
E' impossibile che qualcuno intercettando un agente segreto o un militare violi
il segreto di Stato, perché già sa che per legge l'agente segreto al telefono
non parla di segreti di Stato.
Se parla di segreti di Stato, chi lo viola il segreto? L'agente segreto che ne
parla, non il magistrato che lo intercetta!
Quindi, se tutti seguono la legge, non c'è mai un segreto di Stato che venga
fuori da un'intercettazione, tanto meno da un tabulato da cui risulta un numero
ma non il contenuto della telefonata.
Voi vi rendete conto della enormità della bugia con una piccola aggiunta: Genchi
ha decine di migliaia di utenze sotto controllo? Vi ho già detto che non è vero.
Genchi può avere trattato, nella sua carriera che dura da trent'anni, centinaia
di migliaia di utenze telefoniche: sono trent'anni che riceve intercettazioni,
tabulati e li incrocia.
Indagati, non indagati, collaterali e affini, come diceva Totò.
Può darsi che in questo momento, dato che ha molti incarichi per molte procure
d'Italia - casi di omicidi, rapina, mafia, camorra, 'ndrangheta, tangenti,
evasioni fiscali, stragi, associazioni per delinquere, droga, delitti vari – può
darsi che abbia in complesso migliaia di informazioni.
E' chiaro che se sta lavorando a qualche indagine a carico di qualcuno che ha
rapporti con Berlusconi, ci sarà il numero di Berlusconi.
Esattamente come indagando su Saladino c'era nel tabulato il numero di Rutelli,
di Mastella etc.
Li ha ascoltati lui? No, li hanno ascoltati i magistrati poi gli hanno passato
le informazioni perché lui le elaborasse.
Voi capite come da una questione innocua, anzi positiva – tutti dovremmo essere
grati a Genchi per quello che fa – ci stanno montando ad arte un clamoroso caso
di disinformatia non solo per impedire a lui di continuare a fare questo lavoro,
utile per la collettività, cioè acchiappare i delinquenti.
Ma stanno anche cercando di usare questo caso per smembrare, devastare quel poco
di controllo
di legalità che ancora ci garantisce che ogni tanto venga acchiappato qualche
delinquente.
Ci vediamo mercoledì a Roma in piazza Farnese. Mi raccomando: passate parola!"
Archivio Informazione Marco Travaglio
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