Salvatore Borsellino a piazza Farnese
Ieri in Piazza Farnese nessuno ha offeso Napolitano.
Lo dimostrano i video disponibili in Rete. Se è necessario possono testimoniarlo
le migliaia di persone presenti. E' vero invece che è stato rimosso uno
striscione con la scritta: "Napolitano dorme.L'Italia insorge" dalla
Polizia. La prossima volta scriveremo che: "Napolitano è sveglio ed è anche
un bell'uomo".
Ieri in Piazza Farnese hanno parlato i familiari delle vittime di mafia,
non era una manifestazione politica, io sono stato invitato e ho aderito, così
come hanno fatto Travaglio, Vulpio, Di Pietro e altri. Ieri in Piazza Farnese le
parole importanti sono state quelle di Salvatore Borselllino,
di Sonia Alfano e le loro accuse con nomi e cognomi a persone
che occupano alte cariche dello Stato. Nessuna delle loro parole è stata
riportata dall'informazione. Schifani ha espresso la sua
solidarietà a Napolitano per un'offesa che non gli è mai stata rivolta. Il
Senato, ridotto a un gruppo di penose comparse, ha applaudito in piedi. Nessuna
parola in Senato per i caduti di mafia, per i fatti gravissimi denunciati dai
loro familiari.
I nostri dipendenti fanno quasi tenerezza quando non fanno anche schifo. Uno
schifo misto a tenerezza. Gli stiamo togliendo il giocattolo e fanno i capricci.
Il discorso di Salvatore Borsellino in piazza Farnese sarà ricordato come
l'orazione funebre della seconda Repubblica.
Loro non molleranno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Testo:
"Grazie a tutti.
Ringrazio soprattutto quei tanti ragazzi, quelle tante persone che ho incontrato
oggi qui e che vengono da tutte le parti d'Italia. Sono quei ragazzi che
incontro quando vado in giro per l'Italia a gridare la mia rabbia e a cercare di
suscitare nella gente quella indignazione che ritengo che tutti dovrebbero avere
nel vedere il baratro nel quale stanno facendo precipitare il nostro Paese.
Vedete, ieri Sonia Alfano mi ha telefonato e mi ha detto: “dobbiamo proiettare
un video nel quale si vedranno delle immagini crude, delle immagini della strage
di Paolo”.
Mi ha chiesto se poteva farlo, se sarei stato in qualche maniera colpito,
sconvolto. Quelle immagini non mi sconvolgono affatto, vorrei che venissero
proiettate ogni giorno in televisione, perché la gente si rendesse conto di
quello che è stato fatto. Si rendesse conto di qual è il sangue sul quale si
fonda questa disgraziata Seconda Repubblica, che capisse che è fondata sul
sangue di quei morti. Vedere quelle immagini non mi sconvolge. Una cosa mi
sconvolge: vedere le immagini di quelle stragi dopo aver visto quelle due
persone che prima parlavano di Dell'Utri, delle bombe che metteva Mangano, e
ridevano.
Ridevano, ghignavano rispetto a quelle cose: questo mi sconvolge.
Come Arancia Meccanica
Vorrei che quelle due persone venissero messe in una cella come mettevano
quegli assassini di Arancia Meccanica, aprirgli gli occhi e costringerli a
vedere, vedere, vedere, vedere in continuazione quelle stragi. Ecco quello che
vorrei.
Io ho visto oggi quelle stragi e mi sono ricordato di una cosa che mi ha detto
Gioacchino Genchi, che è arrivato sul luogo della strage due ore dopo il fatto.
Io ci misi cinque ore a sapere che mio fratello era morto perché la televisione
dava notizie contraddittorie: forse è stato ferito un giudice, forse sono stati
feriti uomini della scorta. Fu mia mamma che, cinque ore dopo, mi telefonò
dall'ospedale e mi disse: “tuo fratello è morto”.
C'era qualcuno, però, che si chiamava Contrada che lo seppe ottanta secondi dopo
che mio fratello era stato ucciso e io vorrei, io chiedo, io grido: voglio che
queste cose vadano a finire nelle aule di giustizia!
Che ci siano processi per queste complicità che ci sono state all'interno dello
Stato!
L'avete sentito di cosa parlavano Berlusconi e Dell'Utri: ecco perché vogliono
impedire le intercettazioni, perché quelle cose non possiamo, non dobbiamo
sentirle.
Non dobbiamo sentirle se no ci rendiamo conto di quella che è la classe politica
che ci governa, ci rendiamo conto di chi oggi ha occupato le istituzioni.Il più
grande vilipendio alle istituzioni è che queste persone indegne di occupare quei
posti occupino le istituzioni. Questo è il vilipendio alle Istituzioni e allo
Stato.
E' il fatto che una persona che è stata chiamata “Alfa”, in un processo che non
è potuto andare avanti perché è stato bloccato, come tutti gli altri processi
che riguardano i mandanti occulti e esterni, possa occupare un posto così alto
all'interno delle nostre Istituzioni.
Genchi arrivò in quella piazza due ore dopo la strage, mi ha raccontato che
aveva conosciuto Emanuela Loi un mese prima perché faceva da piantone alla
Barbera.
Era una ragazza che non era stata addestrata per fare il piantone, per fare la
scorta a un giudice in alto pericolo di vita come Paolo Borsellino. Eppure quel
giorno era lì a difendere con il suo corpo, e nient'altro che con quello, Paolo
Borsellino. Questi sono gli eroi, non quelli di cui parlano Berlusconi e Dell'Utri,
dicendo che Vittorio Mangano è un eroe.
Eroi in fila per andare a morire
Gli eroi sono questi ragazzi che il giorno dopo la morte di Falcone, ce
n'erano cento tra poliziotti e Carabinieri, si misero in fila dietro la porta di
Paolo per chiedergli di far parte della sua scorta.
Se erano messi in fila per andare a morire, perché Paolo sapeva che sarebbe
morto. Quei ragazzi, mettendosi in fila dietro la porta di Paolo, sapevano che
sarebbero morti anche loro.
Gioacchino Genchi mi raccontò che due ore dopo la strage, arrivando in via
D'Amelio vide i pezzi di Emanuela Loi che ancora si staccavano dall'intonaco del
numero 19 di via D'Amelio.La riconobbe perché c'erano dei capelli biondi insieme
a quei pezzi.
I pezzi di quella ragazza vennero messi in una bara, vennero riconosciuti perché
era l'unica donna che faceva parte della scorta, vennero mandati a Cagliari.Sapete
cosa venne fatto? Quello che chiamiamo Stato ha mandato ai genitori di Emanuela
Loi la fattura del trasporto di una bara quasi vuota da Palermo a Cagliari.
Questo è il nostro Stato. Questo è lo Stato che ha contribuito ad ammazzare
Paolo Borsellino e io vi racconto queste cose non per farvi commuovere, non per
farvi piangere. Non è il tempo di piangere.
E' il tempo di reagire, di lottare, è il tempo di resistenza! Il tempo di
opporsi a questo governo che sta togliendo il futuro ai nostri ragazzi, che ci
sta consegnando un Paese senza futuro. E la colpa è nostra che abbiamo permesso
che tutto questo succedesse.
Quando Cossiga dice - dopo la manifestazione degli universitari che hanno capito
che in Italia si sta cercando di distruggere l'istruzione perché l'istruzione
può portare alla resistenza, anche durante il fascismo le scuole erano centri di
resistenza e i ragazzi l'hanno capito - e Cossiga cosa ha detto? Ha detto che
bisogna mettere infiltrati in mezzo a quei ragazzi perché rompano vetrine,
perché vengano distrutte macchine perché le ambulanze sovrastino le altre
sirene. Si augura addirittura che venga uccisa qualche donna, qualche bambino
perché si possano manganellare quei ragazzi.
Dobbiamo essere noi a metterci davanti a loro, siamo noi che ci meritiamo quelle
manganellate per avere permesso che il nostro Paese diventasse quello che è
diventato. Un Paese che non è degno di stare nel mondo civile, siamo peggio
della Colombia.
Genchi è arrivato in via D'Amelio due ore dopo la strage, ripeto, si è guardato
intorno e ha visto un castello. Ha capito che non poteva essere che da quel
posto fu azionato il telecomando che ha provocato la strage.
Genchi allora è andato in quel castello, ha cercato di identificare le persone
che c'erano dentro, mediante le sue tecniche. Ha capito che da quel castello
partirono delle telefonate che raggiungevano cellulari di mafiosi. Perché Genchi
ha quelle capacità, le sue conoscenze tecniche sono enormi, egli è in grado,
dagli incroci dei tabulati telefonici e non dalle intercettazioni, di riuscire a
inchiodare i responsabili di quella strage.
Ecco perché si sta cercando di uccidere Genchi, ecco perché così come hanno
ucciso i magistrati si cerca di uccidere anche Genchi. Questo è il vero motivo:
per togliere un'altra arma a quello che è la parte sana di Stato che è rimasta.
Cercano di uccidere Genchi, hanno ucciso dei magistrati. Io ieri ho sentito un
magistrato – uno di questi uccisi senza bisogno di tritolo – che mi ha detto:
“avrei preferito essere ucciso col tritolo piuttosto che così, giorno per
giorno, come stanno facendo”. I magistrati oggi, chi ancora cerca di combattere
la criminalità organizzata, non viene più ucciso con il tritolo, viene ucciso in
maniera tale che la gente non se ne accorga neanche, non reagisca.
Quel fresco profumo di libertà
Le stragi del 1992 portarono a quella reazione dell'opinione pubblica, a
quello che mi ero illuso di riconoscere come quel fresco profumo di libertà di
cui parlava Paolo. Quel profumo di libertà che si oppone al puzzo del
compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e fin della complicità.
Quel puzzo che oggi ci sta sommergendo. Il puzzo dal quale oggi non possiamo
stare lontani perché sta permeando tutto il nostro Stato, tutta la nostra vita
politica, tutte le nostre istituzioni.
Io, dopo la morte di Paolo, arrivai a dire che se Dio aveva voluto che Paolo
morisse perché il nostro Paese potesse cambiare allora avrei ringraziato Dio di
averlo fatto morire. Questo era il sogno di Paolo, Paolo sarebbe stato felice di
sapere che era morto per questo.Oggi, guardate il baratro nel quale siamo
precipitati: io ringrazio Dio che Paolo sia morto, che non venga ucciso come
stanno uccidendo De Magistris, Apicella, Clementina Forleo. Io ringrazio Iddio
che Paolo non venga ucciso in questa maniera. Che messaggi ci arrivano dalla
magistratura? Il presidente dell'Anm dice: “abbiamo dimostrato che la
magistratura possiede gli anticorpi per reagire”. E' una vergogna che un
magistrato possa dire queste parole! La magistratura ha dimostrato, semmai, di
avere al suo interno quelle cellule cancerogene che la stanno distruggendo, e
così come hanno vissuto e pervaso tutte le istituzioni, la classe politica. La
magistratura, nei suoi organi superiori, ha dimostrato di essere corrotta al suo
interno.
Ormai il cancro sta entrando in metastasi anche negli organi di governo della
magistratura.
Mancino mente
Non è difficile, se pensiamo che a vice presidente del Csm, quello che
dovrebbe essere l'organo di autogoverno della magistratura, c'è una persona
indegna, indegna!, come Mancino! Una persona che mente! Mente spudoratamente
dicendo di non avere incontrato Paolo Borsellino il primo luglio del 1992,
quando sicuramente a Paolo Borsellino venne prospettata quella ignobile,
scellerata trattativa tra lo Stato e la criminalità organizzata per cui Paolo
Borsellino è stato ucciso. Perché Paolo non può aver fatto che mettersi di
traverso rispetto a questa trattativa, questo venire a patti con la criminalità
che combatteva, con chi poco più di un mese prima aveva ucciso quello che era
veramente suo fratello, Giovanni Falcone. Paolo non può che essere rimasto così
sdegnato da opporsi a questa trattativa e a quel punto andava eliminato, e in
fretta.
Tant'è vero che il telecomando della strage di via D'Amelio fu premuto. Queste
cose non sono potute arrivare al dibattimento perché tutti i processi sono stati
bloccati.
Genchi ha dimostrato che quel telecomando era nel castello Utveggio, dove c'era
un centro del Sisde, i servizi segreti italiani, è da lì che è arrivato il
comando che ha provocato la strage.
Ecco perché Genchi deve essere ucciso anche lui. Hanno ucciso Paolo Borsellino,
hanno ucciso Giovanni Falcone e adesso uccidono anche Genchi, De Magistris,
tutti i giudici che cercano di arrivare alla verità.
Così qualunque giudice che arriva a toccare i fili scoperti muore, non si può
arrivare a quel punto perché oggi gli equilibri che reggono questa seconda
repubblica sono basati sui ricatti incrociati che si fondando sull'agenda rossa.
Un'agenda rossa sottratta dalla macchina ancora in fiamme di Paolo Borsellino,
in cui queste trattative, queste rivelazioni che in quei giorni gli stavano
facendo pentiti come Gaspare Mutolo, come Leonardo Messina erano sicuramente
annotate. Quell'agenda doveva sparire, è questo uno dei motivi della strage.
Quell'agenda doveva sparire, su quell'agenda io credo che si basano buona parte
dei ricatti incrociati su cui si fonda questa seconda repubblica.
E allora Mancino non può venirmi a dire che non ricorda di aver incontrato Paolo
Borsellino! Non può soprattutto adoperare quel linguaggio indegno che adopera.
Dice: “Io non posso ricordare se fra gli altri giudici c'era anche Paolo
Borsellino, che non conoscevo fisicamente”. Ma Mancino non hai visto chi era
quel giudice vestito con la sua toga che trasportava la bara di Falcone? Non
l'hai visto? Non ti interessavano quelle immagini? Eri ministro dell'interno e
non ti interessava che cosa stava succedendo in Italia in quei giorni?
Non ti interessava, a fronte di quell'agenda che ho mostrato e nella quale c'è
scritto: “ore 19.30 Mancino” scritto di pugno autografo da Paolo? Lui ha
mostrato un calendarietto in cui non c'era scritto niente, l'ha mostrato
semplicemente e c'erano tre frasi con gli incontri della settimana.
E' questo quello che fanno i nostri ministri, oltre che cercare di accordarsi
con la criminalità organizzata. E' per questo che è stato ucciso mio fratello:
perché mio fratello si è messo di traverso rispetto a questa trattativa, per
questo doveva essere ucciso. Io chiedo, e non smetterò di chiederlo finché avrò
vita, che sia fatta giustizia, che vengano cacciati dalle istituzioni quelle
persone che sono complici di quello che è successo. Non che venga data
l'impunità a chi dovrebbe essere sottoposto a processi e invece non può essere
neanche indagato, intercettato, non si può fare nulla.
Dobbiamo subire, stanno adottando la tecnica della frana, per cui ci hanno
infilato in un'acqua che a poco a poco si riscalda e la gente non si accorge il
punto a cui arriviamo.
Attenzione! Attenti! Stiamo precipitando nel baratro e da questo baratro
dobbiamo uscire perché lo dobbiamo ai nostri morti. Lo dobbiamo a Giovanni
Falcone, a Paolo Borsellino, a Emanuela Loi, a questi che veramente sono eroi.
Dobbiamo riappropriarci del nostro Paese, questo Paese è nostro, lo Stato siamo
noi! Non queste persone che indegnamente occupano le istituzioni.
Vi lascio con tre parole che un altro dei giudici che hanno tentato di uccidere
ha detto, ed è quello che dobbiamo fare, l'unica cosa che ci resta da fare prima
di cadere in un regime dal quale non ci potremo più districare: resistenza!
Resistenza! Resistenza!
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