Ho aspettato la fine della giornata per commentare quanto accaduto al
Senato a seguito della morte di Eluana Englaro.
Esprimo la mia solidarietà al signor Beppino
Englaro, suo padre, perché ieri quel dolore che forse gli anni
avevano mascherato in una quotidiana apparente normalità si è riacceso con
tutta la sua forza come un fuoco mai spento dalla cenere degli anni.
Provo sdegno e vergogna per lo spettacolo che i
politicanti in cerca d’autore hanno offerto a Palazzo Madama con parole
fuori da ogni decenza. Parole indegne che mi offendono come cittadino,
come padre, come politico: “assassini” è una di queste.
Una parola infamante, impronunciabile in un'Aula del Parlamento.
“Assassini” sono coloro che non hanno teso la mano a Beppino
Englaro quando, nel 2004, chiese aiuto senza ricevere nessuna risposta,
secondo quanto dichiarato dallo stesso Englaro, dall’allora Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e dal suo ministro della
Salute.
“Assassini” sono coloro che hanno processato mediaticamente e
politicamente Beppino Englaro per la scelta più sofferta della sua vita.
Lo dico come padre perché non immagino tanto dolore racchiuso nel corpo di
una persona per riuscire a prendere una decisione del genere.
Decisione che rispetto.
Gli “assassini”, senatore Quagliariello e
senatori del Pdl, sono ben altri.
I veri “assassini” sono coloro che non hanno concesso la
scorta a Marco Biagi, il 19 marzo 2002, a Bologna.
“Assassini” sono coloro che cancellano, con una scellerata
propaganda razzista, il comma 5 dell’articolo 35 del
decreto legislativo 25 luglio 1998, secondo il quale "l’accesso alle
strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola non può
comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità", esponendo i
cittadini a rischio di patologie come la tubercolosi.
Berlusconi, Quagliariello, Gasparri e la claque
di governo si guardino allo specchio e si vergognino profondamente, almeno
oggi.
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