
Riporto un brano tratto da "Il guastafeste", la mia
autobiografia pubblicata da "Ponte alle Grazie" e scritta dal mio intervistatore
Gianni Barbacetto, dal titolo "Io e Silvio" (pag. 121).
Gianni Barbacetto: I suoi sostenitori apprezzano la sua
combattività nei confronti di Silvio Berlusconi, con cui lei non ha mai avuto un
rapporto dialogante, a differenza di altri leader del centrosinistra. I suoi
detrattori, al contrario, le rimproverano di avere per Berlusconi una vera e
propria ossessione, che diventa a loro dire il tratto caratteristico della sua
politica. Dica la verità, lei è ossessionato da Berlusconi?
Antonio Di Pietro: Il destino ha voluto che io mi sia trovato a
fare politica proprio nel periodo in cui la scena è stata occupata da Silvio
Berlusconi, per cinque volte candidato alla presidenza del Consiglio, per tre
volte vincitore delle elezioni. Non è dunque colpa mia se di lui dobbiamo
parlare, se a lui dobbiamo opporci. Impossibile non misurarsi con questa
presenza ingombrante nella situazione italiana. Io con Berlusconi ho dovuto
avere a che fare per motivi di lavoro, quando ero magistrato, poi per motivi
personali, quando sono stato imputato, infine, oggi, per motivi politici. L’ho
conosciuto bene, ho avuto modo di rendermi conto di chi è davvero. Conosco ormai
bene la sua vita, la sua storia personale, la sua storia imprenditoriale, la sua
storia giudiziaria, la sua storia politica. Sono convinto che sia un’anomalia
italiana. Come si fa a non occuparsene, come si fa a non denunciarla? Non sono
io ad avere la mania di Berlusconi, è Berlusconi che da quindici anni è dentro
le istituzioni italiane in modo anomalo, essendo in pieno e radicale conflitto
di interesse. In nessun altro Paese civile al mondo, sarebbe permesso a un
imprenditore, concessionario del sistema televisivo, e con gravi problemi di
giustizia, di fare pure il presidente del Consiglio. In Israele e perfino in
Colombia, i leader politici di quei Paesi, Olmert e Uribe, sono stati messi in
discussione quando la magistratura si è dovuta occupare di loro. Da noi, invece,
a fare scandalo non è chi va sotto indagine, ma chi, come me, pone un problema
morale e istituzionale. Olmert, primo ministro d’Israele, dopo essere stato
indagato si è dimesso, dichiarando di « essere fiero di vivere in un Paese dove
il primo ministro può essere messo sotto processo ». Da noi Berlusconi dice
invece che i giudici sono suoi avversari politici e li tratta come tali.
Peraltro, pure truccando le carte. Infatti, in tutti questi anni, ogni volta che
ha dovuto giocare una partita giudiziaria, è sempre ricorso a qualche legge ad
personam che gli permettesse di rivoltare il tavolo al momento opportuno. Da
ultimo, si è pure fatto fare una legge apposita – il lodo Alfano – per diventare
praticamente intoccabile. Addirittura voleva scegliere come giudice
costituzionale Gaetano Pecorella, che era stato il suo avvocato nelle aule di
giustizia e il suo costruttore di leggi ad personam in Parlamento. E Berlusconi
si è pure permesso di minacciare la Consulta, nel caso dichiari incostituzionale
il lodo Alfano. Di fronte a tale scempio di legalità e democrazia, non credo
proprio che si possa restare zitti e fermi a guardare. Altro che ossessione.
Gianni Barbacetto: Quando ha avuto a che fare per la
prima volta con Silvio Berlusconi?
Antonio Di Pietro: Quando facevo il magistrato. Di lui,
all’inizio degli anni Novanta, sapevo solo che era uno che si occupava di
televisione. Avevo cominciato a sentire parlare di Berlusconi quando l’allora
presidente del Consiglio Bettino Craxi lo aveva favorito, permettendogli di
raggiungere una posizione monopolista nel settore delle TV commerciali.
Gianni Barbacetto: Quelle TV la sostennero, quando lei
diede avvio all’inchiesta Mani pulite…
Antonio Di Pietro: Sì, e la più schierata con me fu – ironia
del destino – proprio Retequattro. Il direttore del TG4, Emilio Fede, fece
installare davanti al Palazzo di giustizia milanese una postazione fissa con un
giovane cronista, Paolo Brosio, che divenne famoso proprio per i suoi
collegamenti durante Mani pulite e per i rimbrotti in diretta che subiva
quotidianamente da Fede.
Gianni Barbacetto: TV, sorrisi e canzoni, giornale di
Berlusconi, le dedicò perfino una copertina…
Antonio Di Pietro: È vero. Berlusconi e i suoi media all’inizio
hanno sostenuto Mani pulite. L’hanno fatto fino a quando erano gli altri a
rimanere coinvolti nella rete delle indagini. Col senno di poi ho capito perché
può averlo fatto: più imprenditori cadevano nella rete giudiziaria, più
opportunità imprenditoriali si aprivano per lui. Poi, quando l’inchiesta ha
cominciato a lambire anche le sue aziende e i suoi interessi, ha cambiato
registro. Berlusconi si dev’essere accorto che l’inchiesta andava avanti e che
rischiava di arrivare fino a lui. Lui l’ha capito prima di me, evidentemente,
perché sapeva prima di me chi c’era dietro, per esempio, al conto All Iberian da
cui erano transitati fondi che servirono per pagare grosse somme di denaro a
Craxi. C’era lui!
Gianni Barbacetto: Una supermazzetta da ventuno miliardi
di lire, la più grande tangente mai scoperta pagata a un singolo uomo politico.
I soldi arrivavano dal conto estero di una società che si chiamava All Iberian.
Voi del pool Mani pulite avete pensato, sulle prime, che appartenesse al
costruttore Salvatore Ligresti.
Antonio Di Pietro: Invece le rogatorie internazionali ci hanno
fatto scoprire che All Iberian era una società nata dal gruppo Fininvest di
Silvio Berlusconi. Ecco quando nasce il conflitto ancor oggi in corso: quando
Berlusconi capisce che, indagando sulle tangenti pagate a Craxi, stiamo per
arrivare a All Iberian. Nello stesso periodo, erano aperte altre indagini, che
avevano coinvolto suo fratello Paolo Berlusconi: indagini sul fondo pensioni
della Cariplo, sulle discariche, sulle tangenti pagate alla Guardia di finanza
per alleggerire i controlli fiscali. Quest’ultima inchiesta, che aveva coinvolto
decine e decine di imprenditori, arriverà anche a Silvio. Tra le tante aziende
che avevano subìto verifiche fiscali « ammorbidite » da tangenti, ce n’erano
quattro – Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù – che appartengono a
Berlusconi. Le indagini sulle verifiche della Guardia di finanza arrivano fino
ai suoi collaboratori più stretti, Salvatore Sciascia, Massimo Maria Berruti. A
questo punto, Berlusconi si rende conto che il cerchio si sta stringendo attorno
a lui, e Mani pulite diventa, da grande indagine per pulire l’Italia, un
obiettivo da colpire. E Di Pietro, da eroe da mettere sulla copertina di TV,
sorrisi e canzoni, diventa un nemico da delegittimare.
http://www.antoniodipietro.it
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