Lui
non ci pensa. “La condanna dell’avvocato Mills è stata
presa con disinteresse da Berlusconi, perché tra la
vittoria elettorale in Sardegna, l'incontro con Napolitano
e le dimissioni di Veltroni, questo processo in fondo è
una cosa marginale”. Niccolò Ghedini ci rassicura, dalle
colonne de La Stampa, sullo stato emotivo del
nostro caro premier che – non stentiamo a crederlo – ha
reagito con plateale altezzosità alla notizia dei 4 anni e
6 mesi di reclusione comminati al suo ex consulente
d’oltremanica dal Tribunale di Milano, per corruzione in
atti giudiziari. Lo scudo Alfano è stato interamente
applicato e quindi ce l’hanno fatta ancora, in uno dei
rarissimi casi in cui i giudici e i magistrati hanno in
mano una prova schiacciante del reato commesso: la
confessione diretta dell’imputato.
I fatti risalgono al 2004, quando David Mills - allora
Consulente Fininvest per la finanza estera inglese -
scrisse una lettera al suo commercialista, Bob Drennan,
spiegando che il dottor Silvio Berlusconi aveva versato
tramite il dottor Carlo Bernasconi, 600.000 dollari sul
suo conto in Svizzera. Il cruccio del povero avvocato
Mills stava nel non saper giustificare al fisco un mutuo
pagato con un versamento ricevuto in cambio di
testimonianze compiacenti nel processo per corruzione alla
Guardia di Finanza del ’97 e in quello per i fondi neri
All Iberian del ’98: “Ho aggirato ostacoli molto
complicati, per dirla con un eufemismo - spiega Mills
nella lettera/confessione a Drennan - tenendo così il
signor B. al di fuori di una grande quantità di problemi,
nei quali sarebbe incappato se avessi detto tutto quel che
sapevo”. Il commercialista londinese non ci pensò due
volte e denunciò Mills al fisco inglese per corruzione ed
evasione fiscale, l’eco arrivò poi alla magistratura
italiana che nel luglio del 2004 convocò il legale inglese
a Milano.
Anche in quella occasione, Mills confermò ai pubblici
ministeri Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo, di aver
ricevuto 600.000 dollari dal gruppo Fininvest per rendere
falsa testimonianza nei processi in cui era coinvolto come
imputato Silvio Berlusconi. Nel corso del processo,
l’avvocato/imputato ha ritrattato la sua posizione,
affermando di non essere “mai stato corrotto da nessuno” e
soprattutto scusandosi con Mr B. per “aver causato tanti
fastidi a delle persone che in nessun modo meritano un
tale guaio”.
La Corte di Milano pare non avergli creduto, e lo scorso
martedì Mills è stato condannato, oltre alla pena
detentiva, ad un risarcimento di 250.000 euro alla
Presidenza del Consiglio per i danni morali derivati dalla
deviazione del legittimo corso della giustizia: oltre al
danno, quindi, la beffa di dover risarcire direttamente il
suo coimputato! Pazienza, vorrà dire che l’avvocato
inglese continuerà a perpetrare oltremanica l’attualissimo
clichè dell’italiano “chiagni e fotti”. Se però - come è
probabile - il nostro ricorrerà in appello, sarà difficile
che sconti anche solo un giorno di galera: data la
proverbiale lentezza del nostro apparato giudiziario, è
difficile che gli appelli si esauriscano entro l’anno
prossimo, termine ultimo per la prescrizione del reato.
Le testate anglofone ci sono andate ovviamente a nozze e,
al contrario delle bruttecopie nostrane, segnalano la
notizia della condanna del collaboratore di Mr. B. in
prima pagina, meravigliandosi - come fa il New York
Times - del fatto che per l’informazione italiana “la
storia del giorno non era quella della corruzione, ma
dell'espansione del potere di Berlusconi in Italia, con la
vittoria in Sardegna e le dimissioni di Walter Veltroni”.
Dal Guardian al Times, dal Financial
Times alla Bbc, sono tutti unanimi nel
giudicare questa storia una peculiarità italiana, dovuta
alla particolarità di un presidente come Berlusconi:
fondamentalmente uno che si fa leggi ad hoc per evitare di
essere processato.
C’è però ancora un barlume di speranza, anzi due. Il primo
sta nella costituzionalità dello “Scudo Alfano”: il
provvedimento è infatti ancora al vaglio della Corte
Costituzionale e, se quest’ultima dovesse pronunciarsi
contro l’immunità delle 4 più alte cariche dello Stato, il
processo Mills dovrebbe ricominciare da zero, coinvolgendo
ovviamente anche il co-imputato Berlusconi.
Il secondo sta in un provvidenziale vizio procedurale: i
famosi 600.000 dollari sarebbero stati accreditati sul
conto svizzero di Mills nel febbraio 2000 e non nel 1998,
come riferisce l’attestazione di versamento; in questo
modo la prescrizione prevista per il 2010 slitterebbe al
2012, dando così modo al Mills di farsi un po’ di
gattabuia e al Berlusconi di farsi finalmente processare,
validità del lodo Alfano permettendo. Per ora resta solo
la sostanziale impunità di un premier “unfit” (come dice
appunto il Financial Times) e la paradossalità di
un caso giudiziario che nemmeno il migliore dei Pulcinella
avrebbe interpretato con sì tanta magistralità.
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